da "AURORA" n° 1 (Dicembre 1992)

LETTERE

Caro Costa,
mi è capitato, per caso, tra le mani il n° 4 di "Aurora". Purtroppo non ci conosciamo personalmente. «Purtroppo» sta, naturalmente, ad esprimere rammarico. Ma al rammarico si aggiunge e si associa subito un senso di vivissima sorpresa: la coincidenza delle nostre posizioni -visione generale, valori, identificazione del nemico, analisi ed interpretazione di situazioni e nodi politici di ieri e di oggi- è totale. Lo è persino nelle vedute strategiche di lotta al nemico mondialista (solo un dettaglio tattico, di cui potremo parlare più avanti in questa lettera ed in altra circostanza, richiede un breve confronto di opinioni).
Io sono Sergio Gozzoli, della redazione dell'Uomo Libero. 
La sorpresa nasce dal fatto che in decenni di militanza politica (nel MSI dalla fondazione fino al '60, nella battaglia culturale con contributi a vari gruppi e riviste, nell'Uomo Libero dal '81, nell'Istituto Storico della RSI dalla sua nascita) io non abbia mai avuto modo di incontrarmi con voi, né di conoscervi. Neppure di nome. 
È certo una sfortunatissima congiura di mancate occasioni, ma forse anche una colpevole disattenzione o incuria da parte di ambedue le parti. Pur nella piena e totale autonomia di indirizzo editoriale, di legami di gruppo, di area o geografici, ritengo inconcepibile non far di tutto per incontrarci, conoscerci, collaborare. Soprattutto mi colpisce la qualità culturale e intellettuale della vostra pubblicazione che fa ipotizzare la nascita in Italia (e, perché no, presto anche in Europa) di un polo culturale che si avvalga di tutte le intelligenze più forti nella opposizione radicale al Sistema (all'occidente americano e sionista, alle demoplutocrazie o liberalcapitalismo, alla democrazia reale -che si identifica con la partitocrazia e il parlamentarismo-, all'economia selvaggia del profitto deificato, all'individualismo assolutizzato), in nome anche della sua evidente, clamorosa, tragica bancarotta su scala planetaria. Opposizione che non si colloca certamente a «destra». 
Fateci conoscere quanto avete scritto, anche in passato. Altrettanto faremo noi. Ed incontriamoci personalmente. Presto. A Roma può nascere un Circolo culturale (non intellettuale!: l'intellettualismo è la malattia senile dell'intelligenza!) che, con due o tre incontri all'anno, può lanciare manifesti, stendere programmi, intentare processi morali e storici ai vincitori del '45 e, oggi, agli orfani di fatto: i mondialisti. 
"L'Uomo Libero" ha da tempo incontri con diversi gruppi, i più disparati: l'unica condizione che noi poniamo è che siano giovani. Se giovanissimi, meglio ancora. Meglio di tutto se vergini di «cultura». 
Quanto al dettaglio di parziale dissenso, esso riguarda «... la improduttività (e pericolosità) dell'argomento revisionista ...», quantomeno, dice lei nel suo pezzo, se affrontato da portavoce acritici. D'accordo sulla debolezza di una posizione acritica (che significa impreparata ed incompetente). Ma l'argomento in se era da sollevare. E dal momento che è ormai stato sollevato (soprattutto a seguito delle scomposte reazioni da parte ebraica) e che la mischia si è accesa, non è più questione di opinabile opportunità: c'è solo da garantire alla critica, nei confronti di un Olocausto che è uno dei pilastri psicologici del Sistema, la maggior serenità e, allo stesso tempo, la maggiore forza possibile. 
Comunque non è affatto male che chi ha potuto finora agire al coperto, sia costretto ora a scendere direttamente e personalmente nell'agone.
Con vivissima stima e cameratesco apprezzamento.

Sergio Gozzoli


 

Caro Luigi,
a proposito di "Rovine, Uomini e dintorni", permettimi di dire che tu hai ragione ed io non ho torto. Non vuole essere la mia una formula ... dorotea: tu hai piena ragione laddove affermi che le enunciazioni di principio, per non risultare politicamente sterili, hanno bisogno di essere calate nella realtà; ma non ho torto io se insisto sulla necessità di ricercare sintesi operative fra le energie ancora disponibili e spendibili.
Il mio, certo, è un discorso -pur da te teoricamente condiviso- che non è suffragato da tutta una serie di elementi concreti in tuo possesso. Elementi negativi che ti fanno ritenere non vi siano le condizioni per un approccio unitario ai problemi (e che problemi, caro Luigi!) da affrontare, dal momento che «non esistono volontà vere, non esistono obiettivi comuni».
Nel prenderne atto con rammarico, permettimi egualmente di precisare meglio il mio pensiero. Con l'espressione «sintesi operativa» non ho inteso affatto propugnare una sorta di ... melting pot dell'antagonismo: credo di conoscere, conoscere abbastanza bene le attuali differenze -e magari diffidenze o gelosie- che vivacizzano la nostra piccola parte di universo! Volevo più semplicemente osservare ed auspicare che, fronte della quasi onnipotenza del Nemico, la ragione e la passione suggeriscono di oltrepassare le differenze-diffidenze per intraprendere una comune azione di disturbo; ciascuno nel proprio ruolo e ciascuno custode della propria individualità ed appartenenza.
Possibile, per far un esempio, che non possano trovarsi forme di intesa per manifestare con altri -e penso, almeno in questo caso, a provenienze da lunga distanza- la comune volontà di uscita dalla NATO?!
Ovvio che una simile proposta sarebbe valida solo «per chi ci sta». Né potrebbe venir rivolta a quanti -per usare una tua espressione, cruda ed efficace- si aggirassero ai margini delle discariche culturali altrui, alla ricerca di un qualche riconoscimento: di una patente scaduta di democraticità o di un logoro diploma di antirazzismo! Con costoro, ne convengo, nessun accordo può intervenire o interessare.
Mancanza di interesse che estendiamo ai missini, i quali ora si affidano ad una ex-soubrette per avere l'interpretazione autentica dell'ideologia fascista, delle leggi razziali del '38, della marcia su Roma, delle cause del 2° conflitto mondiale! (E qui, caro Costa, si passa dal nero al rosa fumetto. Verrebbe quasi da riderci su. O forse dovremmo davvero averne la forza -di ridere, intendo- così come volentieri facciamo sulla boccaccesca vicenda Massano-Boetti Villanis che, in più, offre al pubblico un chiaro esempio della tensione, non propriamente morale, che vige ai vertici del MSI-DN).
Ti confermo dunque di non nutrire più alcuna illusione -né penso tu lo dubitassi- in una catarsi di vertici e quadri missini: l'ultima chance per alcuni di loro per riavere la mia stima e, forse, la mia amicizia l'hanno persa il 7 luglio '91 (anche se, posso capirlo, tale perdita fu l'ultima loro preoccupazione), allorquando non sentirono l'esigenza ed il dovere di dimettersi.
E neppure -sarai d'accordo con me- si può ragionevolmente puntare sulla cosiddetta base, in genere composta da brava gente, semplice e modesta, onesta e fedele- e perciò incapace di informarsi, di impegnarsi, di uscire dagli schemi del nostalgismo e/o della protesta qualunquistica. Qualcosa di positivo potrà, semmai, venir fuori dalle file del FdG e da altri gruppi giovanili, quando sul loro entusiasmo calerà la normalizzazione voluta dalla solita nomenclatura del MSI e capiranno allora che, in attesa di trasformarli in galoppini elettorali, li hanno fatti sfilare -da domestici- in guanti bianchi! ...
Altro motivo di speranze, che penso condividerai, lo ripongo nell'ormai prossima uscita del settimanale di Veneziani che, io credo, saprà essere, per intelligenza tattica e capacità divulgativa, un utile referente per più ampi spazi di idee ...
Mi sto dilungando troppo ... se posso allora permettimi di concludere interpretando -in sintesi- il tuo intendimento: allo stato delle cose è inutile, oltre che defatigante, prodursi in ulteriori tentativi d'intesa, soprattutto con chi mostra ormai di volersene andare per strade impercorribili.
Meglio dunque iniziare ad operare autonomamente, con una propria identità e lungo il cammino -da iniziarsi da soli- procedere per successive aggregazioni. Con l'ambizione quindi di costituire una valanga generata dalla partenza di un piccolo, ma compatto, insieme di elementi.
Se è così -in tutta franchezza- il percorso della valanga lo vedo tutto in salita, ma -si sa- la fede (o, niccianamente, la volontà di potenza) muove le montagne ...
Ma, se così è, io ti seguo ...

Alberto Ostidich

 


 

Alla lettera dì Gozzoli abbiamo risposto sottolineando la nostra disponibilità ad un incontro.

 

La lettera del camerata Ostidich che condivide appieno la nostra «megalomania» (!) (essendo uno dei cardini di questo periodico) non abbisogna di risposte. Speriamo solo di non deluderlo, come uomini si intende. Per il resto la strada (condividiamo) è in salita. Bisogna divenire in fretta scalatori provetti.

L. C.

 

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