da "AURORA" n° 3 (Febbraio 1993)

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La colonna infame
(1ª parte)

Alberto Ostidich

Correva l’anno del Signore 1630 allorquando a Gian Giacomo Mora "barbiero alla Vedra de'  Cittadini" in quel di Milano, venne richiesto di dar conto della propria funesta attività di untore. E, non avendo colui risposto agli inquirenti come si conveniva, ben si pensò di aiutarlo con qualche tratto di corda e con l'accompagnamento di un bel po’ di invocazioni al Salvatore Nostro, alla Vergine Santissima e ai vari Santi d’occasione. Toccato da siffatta Grazia di Dio, il nostro Mora confessò: confessò tutto quanto ci si aspettava. Ma il bello (o il brutto, dipende dai punti di vista) fu che il reo venne di nuovo messo ai tormenti -ad opera del braccio secolare stavolta- così da accertarne la sincerità dei proponimenti e «che non avesse niuno gravato ingiustamente». Tanta e tale era, a quei tempi, l’ansia di verità congiunta alla pietà cristiana che, come ci fa sapere il Manzoni, albergava nei cuori degli Inquisitori, laici ed ecclesiastici.
362 anni, 9 mesi e ½ (giorno più o giorno meno, calcolando gli anni bisestili) sono trascorsi da quel fausto (o infausto, dipende) 27 giugno 1630. Ansia e pietà trovano difficoltà di alloggio, in quel di Milano: al Padreterno non crede quasi più nessuno; la verginità e la Borsa valori sono in deciso ribasso; per non parlare dei poveri santi, i quali ormai vengono interpellati meno dei proverbiali fanti. La Santa Inquisizione, poi, sembra scomparsa da Milano e hinterland; quanto agli untori, se ne sono perse addirittura le tracce. Una malinconia che non vi dico, in questo gelido nostro 11 gennaio 1993!
Ma, a risollevare le umane sorti, intervengono due bravi personaggi -laico l’uno, clericale l’altro- accomunati dalla passione per la Verità, le Virtù e i Valori: Giuliano Amato e Rosa Russo Jervolino, i loro nomi e cognomi.
Costoro dunque, giustamente in ansia per la scomparsa degli untori, decidono un giorno che non era più il caso di starsene con le mani in mano, in attesa di chissà che, per rinsaldare la pubblica morale e rinnovellare la pubblica esecrazione. E, vestiti i panni di moderni inquisitori sopra ogni decenza, si mettono prontamente all’opera, pur senza disporre (come sicuramente essi avrebbero preferito) degli antichi strumenti di persuasione dei loro seicenteschi padri spirituali.
I nuovi untori su cui ammaestrare la collera popolare sono -è presto detto- i razzisti, i revisionisti, i naziskin, i fondamentalisti, gli antisraeliani: tutti assieme, dannatamente. Avranno pure da sgolarsi, questi estremi e malefici perturbatori della fine millennio, nel dire di non essere antisemiti, ma semmai antisionisti (un tratto di corda), etnopluralisti e non multirazziali (secondo tratto), di confessarsi filo-palestinesi (corda, perdio!) o dichiarare il portamento di capelli così scandalosamente corti per sataniche ragioni di machismo (corda, corda)!! Gli anatemi si abbattono sui profanatori di verità, i crucifige s’innalzano sugli eretici e il pubblico già si predispone allo spettacolo.
Primo a fare le spese dell’inaugurazione della nuova era oscurantista, è il malcapitato (ma non del tutto innocente - NB) Manzoni Alessandro, le cui postume opere -nulla s’ha da escludere- vedranno la luce dei roghi.
Ecco dunque che all’alba del 12 gennaio ’93 è tutto un clamore di grida giornalistiche. «Meno Manzoni, più antirazzismo» titolava una; «Più scrittori ebrei è meno razzismo» faceva eco un’altra; «Lezioni di civiltà in classe» riportava più sobriamente un’altra ancora.
Cosa mai era successo?
Le grida a stampa riferivano di un aulico "Messaggio alla scuola italiana" lanciato dalla strana coppia, «per favorire la conoscenza dei diversi patrimoni culturali in Italia». Ebbene, il prof. Moricca che, per sua stessa ammissione ("Aurora" -anno 4°, n° 6) poco si occupa di quotidianità, non ci troverebbe teoreticamente nulla di male, anzi. Ma se quel 12/1/93, putacaso, egli si fosse calato dall’alto degli studi filosofici su una qualsiasi gazzetta men che sportiva, avrebbe di certo appreso che la sullodata iniziativa «per favorire la ecc...» si intrinsecava (in soldoni, è il caso di dire) in due videocassette ad uso scolastico -realizzate, pensate un po’, da CGIL, CISL, e UIL- sulla storia degli Ebrei. Punto. In collaborazione (strettamente gratuità, si presume) con la benemerita Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia. E qui invece, mi par certo, il nostro dotto amico potrebbe avere qualcosa da logicamente eccepire. L’esercizio della penna non gli fa certo difetto, per cui gliene lascerei l’uso (ove lo ritenessero, Lui e Luigi).
Torniamo alla conferenza stampa nella quale i due personaggi di governo hanno esternato i loro nobili propositi. Dai fedeli e mansueti resoconti dei gazzettieri colà precettati, apprendiamo come il prode Giuliano, sfidando tutte le minacce della pericolosissima Falange telefonicamente Armata, voglia e voglia fortissimamente. 

1) meno lezioni sugli antichi progenitori dei khomeynisti iraniani e più attenzione all’Olocausto;

2) meno spazio a quell’autore minore, tale Sandro Manzoni e più al Divino Primo Levi.

Insomma, per estirpare la malapianta del razzismo d’ogni risma e colore, Amato intende delegare alla scuola d’ogni ordine e grado l’ambito ruolo d’argine culturale alle violenze antisemite e xenofobe. Protagonisti, quindi, saranno maestri e professori uniti nella lotta: dalle elementari ai licei, dai laboratori alle officine, dalle medie ai ginnasi. «Ciascun insegnante -si accalora l’Amato, sotto lo sguardo complice e compiaciuto della signora Rosa- dia il suo contributo. Nessuno dovrà più dire: ho il mio programma da seguire! Non m’importa se insegna storia, geografia o letteratura: il razzismo è un problema complesso, non riguarda una disciplina specifica. I temi della connivenza tra le diverse razze e religioni richiedono un modo diverso d’insegnare. Su questo sono quasi estremista». E così prosegue, turbato: «Occorre però liberarlo (l’insegnante - N.d.R.) da quel condizionamento per cui insegna 4 volte i Persiani e mai il nostro tempo». Poi, sempre più turbato: «C’è tanta letteratura ebraica di tale intelligenza, così ricca di bellezza, così coinvolgente che basterebbe leggere uno di questi libri -"Se questo è un uomo", ad esempio- anziché 3 volte "I promessi sposi"»!
Ah, se l’idiozia fosse reato! E si potesse così trovare ancora qualche giudice disimpegnato dal mettere in galera i tanti ladri e farabutti, amici e colleghi socialisti (e non) del Presidente del Consiglio ...! Ma non si può, non c’è verso: il nostro codice non ha previsto che si possa citare uno in giudizio per manifesta e pubblica idiozia. Peccato, però, perché quella del Presidente Amato era davvero un’idiozia che, ad onta della misera taglia del produttore, aveva un che di grave e di solenne. Quasi quanto il sedere di Spadolini.
So, a questo punto, che non pochi lettori dissentiranno, che nelle sue dichiarazioni (e non mi riferisco alla suddetta loquacità del Presidente del Senato) ravviseranno, ben più dell’intrinseca idiozia, un sintomo inquietante da Minculpop demo-totalitario e riscontreranno -anche qui a ragion veduta- un chiaro segnale della soave intolleranza dei «tolleranti di professione» (oh, quale sublime ipocrisia in quel «quasi estremista» uscito dalle labbra di Amato!). 
Tuttavia, per quanto legittime mi appaiano le obiezioni dei miei contraddittori, non mi riesce proprio di considerare seriamente la sparata di quei 2. Per ricollegarci alla metafora spadoliana, mi sembra il tutto tradursi in fastidiose flatulenza verbali, ammorbanti -questo lo ammetto- l’aria circostante, ma destinate a restare senza ulteriori, grosse conseguenze ...
Ma poi ve lo immaginate, cortesi ma poco scettici interlocutori, come verrebbe a svolgersi nella nostra disastrata scuola italiana l’ora di antirazzismo?!
Vediamo. Martedì, ore 10: tutti in aula B per la lotta alla xenofobia!? O, per essere più precisi, visto che l’annunciata campagna di educazione antirazziale dovrà necessariamente coinvolgere l’intero corpo insegnanti (a turno? a sorteggio? ad ore alterne? ad intervalli, a mo’ di spot, durante le lezioni?), a chi spetterà intrattenere le scolaresche sul diario di Anna Frank? Al prof di computisteria o a quello di tecnica di penna a sfera?
E datosi che occorrerà adeguare tutti i programmi ai grandi temi d’attualità, chi si incaricherà di illustrare in classe sul tema: deportazioni e campi di concentramento, il significato di quello striscione, issato nelle pietraie della Terra di nessuno dai 415 Palestinesi: «If you are not Jewish you are not human being?!»? (Nel caso il docente incaricato non fosse anglofono, credo sia utile -comunque finisca la vicenda- tradurre: «Se non sei ebreo non sei un essere umano?!»).
Compito gravoso e complesso, come si vede, quello di denazificare la scuola italica secondo le fervide volontà del duo Amato-Jervolino. Forse persino troppo, per un sistema già oberato da strutturali inefficienze e da rigidità didattica; e non esente da rischi: chi insegna agli insegnanti come e cosa insegnare? Mai sentito per caso parlare, cari ragazzi, di eterogenesi dei fini, ossia (in parole povere) di risultati opposti a quelli che ci si propone di ottenere?
I problemi, insomma, non mancano davvero. Per fare un esempio, non sarà facile trattare, con l’obiettività richiesta dalle emanande disposizioni ministeriali, il tema "Olocausto", visto che lo scottante argomento potrebbe riconnettersi anche agli Armeni, ai Pellerossa, ai Vandeani, agli Albigesi ... o alcuni morti sono più morti di altri? Per dire, in altri termini, che sarebbe bene essere tolleranti e xenofili con tutti e in tutto il mondo: con Tuareg e Valdesi, con Danesi e Beduini, con Madrileni e Giudei, con Filippini e Coprofagi, con Pedofili ... o no, mi sbaglio? O non sarà che bisogna essere intolleranti solo con i razzisti e, in senso lato, con chi non la pensa come gli altri?
Eppoi, a dirla tutta, quella faccenda di ridurre l’audience a "Promessi Sposi" mica funzionerebbe, anche perché di Manzoni, Domineddio ce ne ha dato uno solo e di Levi: Primo, Arrigo, Virgilio ... tanti, persino troppi! E, sempre in materia di concorrenza, perché limitare la «conoscenza dei patrimoni culturali in Italia» sui soli Ebrei e non estendere -magari in orario extrascolastico- ai Ladini, ai Testimoni di Geova, agli Occitani, ai Sardi, ecc. ecc.; ciò non soltanto per arricchire le menti giovanili, ma anche per non ingenerare nelle stesse pericolose confusioni circa l’inferiorità o la superiorità di una razza, di una cultura, di una religione rispetto ad altre razze, culture, religioni ... O anche qui si vuole fare pluralismo a senso unico o, peggio, sottintendere l’esistenza di un rapporto di causa-effetto fra sviluppo cerebrale e circoncisione?!
Posso convenire che -circoncisi o meno che fossero Spinoza, Mendelsson o Musil- senza di loro il genere umano si troverebbe più povero, ma da ciò a sostenere che la "Metamorfosi" di Kafka o il "Canzoniere" di Saba siano doverosamente da privilegiare e promuovere perché più educative rispetto alle omonime opere di Ovidio o di Petrarca, mi pare decisamente insostenibile. Su quella stessa lunghezza d’onda: Frank Kafka e Umberto Saba debbono piacermi (o semmai non piacermi, se ancora si può) in quanto e per quanto (bravi) scrittori o in virtù della loro appartenenza ad una certa origine etnica e/o religiosa?
Esprimo un dubbio: non sarà che, essendomi antipatica la Rita Levi Montalcini (ma anche lo Zichichi, se è per quello); dal momento che preferisco a Marc Chagall un Piero della Francesca; siccome mi intriga Totò più di Charlie Chaplin -e in tal caso chiamo in correità Arbore e Dragonera- verrò io stesso taciato di antisemitismo, razzismo, integralismo, ecc.?
Ma, spersonalizzando la faccenda, non è poco, risibilmente poco per combattere gli «ismi» suddetti e maledetti, leggere brani di Autori Ebrei; visionare un paio di videocassette di storia degli Ebrei; assegnare compiti a casa sul tema fisso «Ebreo è bello», quando, quando larga parte (e se posso aggiungere, qualificata) della letteratura nostrana contiene pagine e pagine che inducono piuttosto a ritenere che «è brutto»? Bisognerà dunque operare una orwelliana revisione dei testi? Bisognerà depurare, tagliare, censurare non solo i vari Nietzsche, Heidegger, Pound -come d’altronde già si è fatto sino a pochi anni fa- ma anche Dante e Shakespeare, Voltaire e Dostojevskij, Carl Marx persino ...?!
Se ciò non bastasse, si dovrà completare l’opera educativa ricorrendo alle fonti dell’ebraicità: forse basterebbe, onde non appesantire troppo i programmi scolastici, rifarsi ad un aureo libretto [consiglio per l’acquisto: "Studi sul Talmud" - Ed. All’Insegna del Veltro; £. 15.000], dove i nostri alunni "gojim" (= non ebrei) potrebbero finalmente apprendere, fra l’altro, di essere bestie ("Baba mezia", 114b), cavalli o somari nei casi più gravi ("Jabmuth", 98a).
Per concludere: numerose sono le questioni irrisolte, nonostante l’impegno profuso in materia, da ½ secolo, da una sterminata produzione cinematografica, letteraria, televisiva. Ben sappiamo peraltro che non è lecito avere opinioni sui dogmi e, qualora uno avesse l’ardire di averle e la sfacciataggine di professarle, dovrebbe tenere ben presente cosa significhi -in ogni epoca e sotto qualsiasi latitudine- sfidarli. Come s’incarica di ricordarci Gian Giacomo Mora, barbiero.
Vorremmo per caso, noi di "Aurora", sollevare con le nostre sole forze un lembo sull’ultimo Tabù di quest'epoca tollerante ed illuminata? 
Meglio di no, grazie. Antagonisti siamo, mica masochisti.
Eppure, se ci verrà data l’occasione, magari sul prossimo numero, saremo egualmente tentati -sia pure con i limiti e la delicatezza del caso- di dire "la nostra", non senza una qualche speranza di puntualità.

FINE della 1ª parte
(con il placet del direttore la 2ª)

Alberto Ostidich

(la 2ª parte in "Aurora" n° 4)

 

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