da "AURORA" n° 3 (Febbraio 1993)

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Chi comanda in Italia

Renato Pallavidini

Dopo le ultime notizie, fatte trapelare con il contagocce da Palazzo Ghigi sull’andamento della finanza pubblica, ogni persona dotata di un minimo di buon senso nazionale si dovrebbe, allarmata ed angosciata, porre alcune domande: 
"Chi comanda in Italia? Chi decide la politica economica e quella finanziaria dello stato italiano? Il Governo? La Confindustria? O chi altro, più in alto di loro ed in loro vece?"
Prima delle vacanze natalizie, quando sui media montava il disgustoso can can sull’antisemitismo, un delegato del FMI, venuto appositamente in Italia per valutare la legge finanziaria del governo, aveva dichiarato esplicitamente che le misure di Amato sarebbero state positive a patto di accelerare i processi di privatizzazione dell’industria pubblica e di farle seguire, in primavera, da una manovra di aggiustamento di circa 20-30 mila miliardi. 
Prontamente queste previsioni sono state ripetute, nei giorni scorsi dal FMI, dall’OCSE, dalla CEE; riprese e sostenute di fronte al Parlamento dal Governatore della Banca d’Italia. 
Il governo, fino ad ora, ha tenuto un atteggiamento contraddittorio. 
Amato e i ministri economici gettavano acqua sul fuoco, facevano professione di ottimismo, smentivano che si stesse pensando e studiando una manovra di aggiustamento. 
Al massimo dichiaravano che era troppo presto per affermarne la necessità. 
Nel contempo, però, Barucci volava a Londra e, alla City, di fronte al fior fiore della finanza internazionale e mondialista riunito per l’occasione, ribadiva solennemente la determinazione del governo italiano a svendere imprese sanissime come le banche e la SME, sollecitando il grande capitale finanziario straniero a farsi sotto; come dire: 
"C’è n’è per tutti! Paga pantalone!". 
Ora, finalmente, alla data del 2 febbraio ’93, i servi del potere capitalistico internazionale escono, cautamente, allo scoperto e i giornali ci informano che è allo studio proprio quella manovra di aggiustamento dell’entità di 20.000 miliardi voluta dai grandi banchieri americani, ebrei e tedeschi. 
E si parla già di aumentare le tasse sui consumi popolari, alla faccia del parere dei sindacati e delle politiche antirecessive proposte da Confindustria e opposizione parlamentare. 
Insomma, in parole povere, ancora balzelli su benzina e gasolio.
È dunque legittimo chiedersi chi comanda in Italia e negli altri paesi inseriti a vario titolo e livello nel sistema economico-politico occidentale ed imperialista. 
È legittimo chiedersi quali siano le gerarchie di potere interne a questo sistema che si vanta di essere espressione di quella democrazia politica e di quella tolleranza culturale che tanto piacciono al sen. Norberto Bobbio. 
È opportuno infine domandarsi quale ruolo abbiano su scala nazionale ed italiana organismi come il Governo, il Parlamento, la Confindustria, la Banca d’Italia ecc. 
Ci sembra abbastanza chiaro che esista, come minimo, una strutturazione del potere decisionale a tre livelli.
Al primo livello troviamo i grandi organismi politico-finanziari internazionali, quali il FMI, che (in reciproco accordo o, talvolta, in contrasto) coordinano tutti i grandi interessi capitalistici, dalle banche alle multinazionali, dagli USA alla Germania.
Al secondo livello vengono, limitatamente alla situazione italiana da noi presa in esame, gli organismi economici nazionali come la Banca d’Italia e la Confindustria che, con equilibri interni difficilmente valutabili e a volte occulti, costituiscono la proiezione nazionale dei grandi organismi internazionali, delle loro scelte, dei loro interessi, dei loro contrasti.
Al terzo ed ultimo livello i Governi e i Parlamenti nazionali che, ogni qualvolta si comportino da solerti e servizievoli esecutori delle decisioni prese dal potere capitalistico transnazionale, vengono elogiati e ricoperti di onori e di conti correnti (si veda, ad esempio, Martelli che non è stato ancora sfiorato dalle indagini del giudice Di Pietro), mentre quando invece recalcitrano o si ribellano apertamente a queste decisioni, ricevono la visita delle portaerei americane, sotto la formale egida dell’ONU.
In questo contesto ha ragione Occhetto quando afferma che Amato ha l’appoggio dei poteri forti: Banca d’Italia, Confindustria e FMI. 
Il compito assegnato al governo Amato e quello di introdurre politiche economico-finanziarie neo-liberiste che rivedano profondamente in questa direzione l’insieme dei rapporti economici e sociali del paese, in modo da assecondare i processi di ristrutturazione dell’economia capitalistica italiana ed internazionale.
Ed è quello che si sta facendo, senza una seria opposizione sociale organizzata, e con la complicità criminale dei sindacati; con qualche sussulto d’orgoglio nella CGIL, con piena e servile disponibilità per quanto riguarda CISL e UIL.
Questo «progetto» economico-sociale è accompagnato da un preciso progetto politico-istituzionale (voluto ed appoggiato dal potere economico e dal cosiddetto partito trasversale) teso a creare in Italia un regime politico di tipo anglosassone il cui perno sarà la legge elettorale uninominale-maggioritaria che taglierà fuori dal gioco istituzionale tutte le opposizioni estreme. 
È nel quadro di questo nuovo regime politico e istituzionale -non più partitocratico e clientelare (perché non ce ne sarà più bisogno!)- che i grandi gruppi capitalistici italiani, probabilmente su delega degli organismi economico-finanziari internazionali di cui fanno parte, intendono assumere il diretto controllo del governo del paese senza più appoggiarsi a quelle estenuanti e costose mediazioni politiche con le quali avevano egemonizzato e diretto la società italiana da Giolitti in poi. Infatti a Torino si parla già, in base alle nuove norme per l’elezione del sindaco, di candidare l’avv. Chiusano, noto uomo FIAT, alla massima carica cittadina!
Quali conclusioni trarre da questa analisi, sul piano della linea politica del nostro, come di qualsiasi altro, movimento rivoluzionario?
In primo luogo, non farsi abbindolare dalla facile sirena della lotta alla partitocrazia suonata da personaggi come Segni, La Malfa, Martelli o Pannella per spazzare via la vecchia classe di governo -l’asse DC-PSI e il sistema politico consociativo- e sostituirla con un regime anglosassone che consentirà ad Agnelli e Romiti il diretto governo del Paese. 
È una crisi politica pilotata, fittizia, studiata a tavolino per introdurre rimedi peggiori dei mali.
Su questa linea si dovrà votare "NO" a tutti i referendum voluti da Segni -in particolar modo a quello sulla legge elettorale- perché sono una truffa, abilmente spacciata all’opinione pubblica come una rivoluzione politica per fare pulizia morale al vertice delle istituzioni. 
Questo gioco che presenta lo smantellamento dello stato sociale come una conquista, la privatizzazione di industrie pubbliche, servizi e pubblico impiego come una grande riforma popolare, l’uninominale come uno strumento di effettiva partecipazione politica delle masse popolari è la più sporca manovra imbastita in Italia dal 1945 ad oggi; una manovra iniziata, su basi per altro diverse, da Cossiga, poi condotta abilmente da Segni e da chissà quanti altri personaggi!
In secondo luogo, se la dimensione del sistema capitalistico-liberale e dei relativi problemi ha un carattere planetario, le risposte non devono essere studiate e sviluppate sul piano nazionale, ma dovranno avere anche esse un ottica internazionale. 
Ma di ciò tratteremo prossimamente.

Renato Pallavidini

 

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