da "AURORA" n° 3 (Febbraio 1993)

RECENSIONI

Autori vari
Ezra Pound 1972/1992
Greco e Greco editori, Milano 1992   pp. 605   £. 35.000

Ezra Pound è uno dei tanti inattuali di questo secolo. Assieme a Drieu La Rochelle, Knut Hamsun, Celine e altri scrittori e artisti, ha partecipato alla guerra civile europea dalla parte sbagliata, quella dei vinti.
Le sue sfrenate simpatie per l’Italia fascista e per il duce, the Boss, come amava chiamarlo, gli meritarono l’accusa di tradimento, la detenzione inumana in una gabbia esposta alle intemperie e al ludibrio dei secondini e, dulcis in fundo, dodici anni passati in manicomio criminale americano, di cui un anno nel più assoluto isolamento. 
Chi ha detto che l’equazione dissidenti-pazzi pericolosi è un brevetto sovietico? Qui gli americani furono antesignani e maestri.
La sua opera poetica e letteraria segna il ventesimo secolo e ogni campo artistico è stato battuto da questo gigante americano che volle imprudentemente applicare teorie di giustizia e bellezza anche in campo sociale ed economico incappando negli anatemi e nelle scomuniche degli economisti ufficiali che si vedevano scoperti nei loro ruoli di servitori e lacchè degli usurai e dei grandi banchieri.
In anticipo sui tempi individuò il problema del secolo: l’USURA che strozza individui e popoli incatenandoli alla schiavitù degli interessi dei più forti.
Troppo lungo sarebbe esporre fatti e opere inerenti alle teorie economiche di Ezra Pound, ma possiamo riassumerle in un pensiero di Confucio che il poeta amava ripetere: «Il tesoro di una nazione è la sua onestà», e ancora, «Una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai». 
Con queste premesse non c’è da stupirsi se la rabbia la suscitò davvero quando, con le sue trasmissioni dall’emittente fascista, ingaggiò la sua guerra personale contro il presidente Roosevelt e le altre forze economiche e finanziarie che lo manovravano.
Nel ventennale della sua morte viene, finalmente, pubblicata un’opera che rende giustizia e merito a questo americano che volle venir adottato dall’Italia fascista e seppe vivere con estrema coerenza le proprie idee di patriota. 
Circa quaranta autori, tra cui la figlia e il genero di Pound e anche alcuni amici personali del poeta hanno voluto testimoniare il proprio debito e la propria riconoscenza nei confronti di un vero Maestro. 
Ma il volume non è solo una sterile raccolta di necrologi, bensì un indispensabile strumento di studio per avvicinare la complessa personalità di Pound. 
Tra gli altri citiamo il fondamentale saggio di De Turris su Pound e la RSI, poi lo studio di Carlo Fabrizio Carli su Pound e l’architettura, infine l’intervento di Veneziani su Il poeta, la guerra e l’usura. 
Un libro quindi che è un coraggioso tentativo di rendere più familiare la figura di Pound al pubblico italiano e che sarà un utilissimo strumento per meglio comprendere l’uomo e la sua opera.


Oswald Spengler
Il tramonto dell'Occidente
Guanda Ed.      pp. 1.515    £. 70.000

É raro imbattersi in un opera storica o filosofica che abbia avuto il peso e l'influenza culturale de "Il tramonto dell'Occidente". 
Immensa costruzione ideologica e mitologica, in cui un'enorme congerie di dati è ordinata in modo da costituire una struttura ciclica della storia, l'opera di Spengler ebbe una ricezione imprevedibilmente ampia; e il suo autore, da sconosciuto professore di provincia tedesco, divenne quello che si potrebbe dire un filosofo di successo.
Ma la portata del libro era in realtà così rilevante da assicurargli una vita duratura e da renderlo oggetto di analisi e di riflessioni in epoche e temperie culturali e politiche ben lontane ormai dal periodo che l'aveva prodotto.
Come scrive Stefano Zecchi nell'introduzione: «Spengler riabilita i concetti di Simbolo e Destino che la cultura moderna ha deriso e avvilito, credendo di poterli sostituire con quelli di Segno e Progresso, più funzionali alla filosofia analitica e al controllo tecnico-scientifico dell'esistenza». 
[...] 
«Comprendere se la cultura occidentale è al tramonto e quali sono le ragioni della decadenza, diventa la necessaria per affidarsi ad un destino di declino e prepararsi all'evento della rinascita. Spengler non rinuncia mai all'idea che la verità della conoscenza sia fondamentalmente un'azione creativa e una forza cosmogonica».

 

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