da "AURORA" n° 4 (Marzo 1993)

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Sette risposte a sette domande pertinenti

Maurizio Murelli


Parliamoci chiaro. La sinistra è in disfacimento organico. Credo possa preservare parte del suo potenziale organizzativo ancora per un paio di anni. La galassia di piccole e grandi realtà di cui si compone si divide in due partiti. Il primo -che può vantare riviste come "Micromega" quale luogo nobile di elaborazione teorica- sostiene che "la sinistra o è sinistra o non è" intendendo con ciò l’impossibilità di andare oltre, verso nuove sintesi politiche che non abbiano il marxismo e il marxismo-leninismo quale fulcro imprescindibile; il secondo invece, anche se frastagliato, con diverse intensità e intendimenti osserva con attenzione l’evoluzione di chi è proiettato verso nuove sintesi teoriche e politiche, verso chi legge gli scenari mondiali prescindendo dagli schematismi ideologici di sinistra o di destra fin qui conosciuti.
Con questo secondo partito noi di "Orion" stiamo colloquiando e stiamo riuscendo ad ottenere anche dei risultati. Notiamo che esistono notevoli coincidenze di analisi e di prospettiva. Non ci facciamo soverchie illusioni e, come dicevamo, la sinistra che vuole essere rivoluzionaria o si rivoluziona al proprio interno mutando le prospettive sul presente e sul futuro, oppure scompare. Di questo sono coscienti alcuni personaggi che ricoprono ruoli di rilievo e che hanno con noi incontri informali. Tramite una di queste persone ci è pervenuto una sorta di questionario proposto da un gruppo appartenente a Rifondazione Comunista e al quale abbiamo risposto. Credo sia di un certo interesse per i lettori di "Aurora" poiché può dare l’idea di cosa sta accadendo e quindi di riflettere sulle prospettive che si aprono.


Premessa. 
Noto dalle domande che l’attenzione è posta su tutto ciò che può dividere piuttosto che su tutto ciò che già potrebbe accomunare. 
Comunque le domande mi paiono pertinenti in quanto testimoniano l’estrema difficoltà di non poca sinistra di considerare un nuovo aggregato politico prescindendo dagli stereotipi analistici forniti dalla cultura ideologica. 
Capisco, peraltro, che non è facile porsi davanti ad un avvento come il nostro senza appoggiarsi ai moduli interpretativi passatisti e quindi richiamare proiezioni interpretative classiche. 
Se si sono poste queste domande e in questa forma, ciò significa che l’ignoranza (la non conoscenza) della nostra attuale dimensione e specificità cultural-politica è totale.
Non credo (purtroppo) che le risposte a queste sette domande saranno sufficienti a far compiere passi fondamentali verso una maggiore comprensione delle nostre posizioni, ma spero siano utili a far emergere curiosità (domande) più politiche, più attinenti alla necessità rivoluzionaria e sovversiva rispetto al Nuovo Ordine Mondiale che va instaurandosi e che vede noi come soggetti incompatibili.

1) La redazione di "Orion" è composta da personaggi strettamente legati, per il proprio passato, o all’evolismo tradizionale (Carlo Terracciano) o al nazi-maoismo (Claudio Mutti). Che dialettica esiste con queste due posizioni?

Fosse vero che la redazione di "Orion" è composta da personaggi "strettamente legati, per il proprio passato ecc. ecc." potremmo far notare che esistono altri redattori legati ad un passato del tutto differente (che hanno militato a sinistra) a testimonianza proprio del fatto che in "Orion" operano persone vincolate ad un minimo comun denominatore extraideologico piuttosto che a un massimo comun divisore, ognuna vincolata a peculiari visioni ideologiche.
Il punto, però, è un altro. 
Cosa significa "legati per il proprio passato"? 
Mi sembra che a monte di una domanda del genere stia una sorta di razzismo ideologico nel senso che, come secondo le leggi del razzismo biologico non è consentito lo sviluppo di un soggetto fuori dalle coordinate di base date dal DNA, così un personaggio che si è affacciato sul palcoscenico della politica attraverso certe coordinate ideologiche (per altro viziate dalle contingenze epocali del momento) debba necessariamente restare vincolato a queste per tutta la sua esistenza.
Quel che oggi sono Carlo Terracciano e Claudio Mutti lo testimoniano continuamente con i loro articoli che tutto sono fuorché evolisti o nazi-maoisti. 
Basta leggerli. Ma desidero comunque vestire questa risposta con contributi che forse aiuteranno a fare chiarezza.
Mi pare che la conoscenza di Evola (evolismo) e del nazi-maoismo di chi mi porge la domanda è una conoscenza non diretta, ma filtrata attraverso le interpretazioni di studiosi come Furio Jesi, ricercatori come Franco Ferraresi, Marco Revelli ecc. o addirittura dalle sedimentazioni giornalistiche che questi hanno prodotto.
Evola, tanto per cominciare, è un impolitico; nel senso che il suo peso specifico nell’ambito della cultura di destra è da attribuire più che altro alla sfera pre-politica dove entrano in gioco le grandi visioni del mondo dalle quali solo sporadicamente si è disgiunto per effettuare rapide, fugaci e involute incursioni nel politico. 
L’interpretazione che per altro hanno dato del pensiero di Evola tanto i suoi estimatori quanto i suoi detrattori è, per lo più, stravolto e condizionato da preconcetti o da scarse e poco approfondite analisi del suo pensiero. 
Penso, per esempio, all’uso distorto che a destra hanno fatto di opere come "Rivolta contro il mondo moderno" o "Cavalcare la tigre", e all’uso, altrettanto distorto che i suoi detrattori hanno fatto di alcuni stralci dei suoi interventi sulla questione razziale.
Quanto al nazi-maoismo, è stata un’invenzione giornalistica funzionale alle necessità del regime. 
E questo a prescindere da quel che si potesse pensare e si può pensare dalla sintesi politico-culturale alla quale il gruppo di Freda era pervenuto alla fine degli anni ’60.
Claudio Mutti da anni è entrato in Islam; da giovane fu uno degli animatori della "Jeune Europe", organizzazione con grossa aderenza nelle università di tutta Europa e nella quale militavano personaggi che poi sarebbero finiti in organizzazioni di estrema sinistra (un nome per tutti: Renato Curcio). 
La Jeune Europe operò ancor prima che il movimento studentesco fosse strumentalizzato dal PCI rispondendo a una necessità del sistema, e diede origine e sviluppo alla contrapposizione frontale di una generazione che, per altro, aveva in comune il sentimento ribelle.
Claudio Mutti, quindi, è uno di quei personaggi che non è mai stato né a sinistra né a destra se non nell’immaginario giudiziario di alcuni avventurieri della toga, o nei bassi dogmatici e ideologicamente viziati orizzonti di certi ricercatori pseudo-marxisti e pseudo-antifascisti (in realtà, nella maggior parte dei casi, sensibili alla carriera e alla pecunia).
In ogni caso (e quanto ora dico potrebbe di per sé costituire l’unica risposta alla domanda, essendo quanto sopra accessorio), la gran parte delle persone che compongono la redazione di "Orion" sono persone che hanno attraversato atmosfere e ring ideologici e che ora sono oltre, sono fuori e tendono verso una nuova sintesi politica.
Coloro che ancora sono parzialmente tarati dai condizionamenti ideologici non costituiscono problema, dal momento che accettano lo scopo e gli obiettivi della nostra azione. 
Come ad un soldato della Legione Straniera non si chiede se ha nello zaino Marx o Nietzsche, la foto del nonno arruolato nelle SS piuttosto che nell’Armata Rossa, ma si valuta solo la sua precisa volontà di riconoscere il nemico che sarà comune a tutti i legionari (fossero anche i suoi stessi connazionali), così (per quel che può valere l’esempio) la cosa più importante in "Orion" è quella di riconoscere l’essenza e la dimensione del vero nemico.
È fondamentale, come già detto, arrivare a nuove sintesi politiche, a nuove teorizzazioni, ma è anche ovvio e naturale che allo spoglio delle sovrastrutture ideologiche si arrivi gradualmente e come sempre, su questi piani, esistono avanguardie e chi (almeno all’inizio) segue, magari con qualche riottosità.

2) Che cosa è il Movimento Politico Antagonista e perché "Orion" vi confluisce? 
Che significa indicare come riferimento un circolo intestato ad Adriano Romualdi, personaggio inequivocabilmente seguace di Evola?

"Orion" non è confluito nel Movimento Antagonista. "Orion" gestiva anche un’espressione militante organizzata (Nuova Azione), fatta di giovani e meno giovani che comunque credono nella necessità dell’organizzazione politica classica così come se ne sono viste tante negli anni ’60-’70 (Ordine Nuovo, Lotta Continua, ecc.). Alcuni del gruppo "Orion", in primis il sottoscritto, da anni sostengono invece che quel tipo di struttura è inutile, superato e persino deleterio per chi vuole giungere a nuove sintesi politiche oltre la destra e la sinistra.
Si tratta di persone che ancora non sono in grado di accettare (spesso perché ancora molto giovani) la necessità di soggetti politici strutturati mentalmente, psicologicamente e tatticamente in maniera nuova e del tutto diversa. 
E siccome il nostro progetto di elaborare nuovi gruppi primari e nuove figure di partigiani (in senso schmittiano) capaci di operare in sincrono attraverso il collegamento ad un circuito logistico (tipico di chi opera la resistenza avendo chiara la consapevolezza di operare in un terreno controllato e occupato dal nemico) è un progetto che pur facendo progressi non ottiene l’adesione di tutti coloro che comunque accettano le nostre analisi e le nostre indicazioni politiche, si presenta il problema e la necessità di posteggiare in adeguati bacini collettori chi comunque ha già fatto grossi passi avanti verso le nostre posizioni.
E allora noi indichiamo a sinistra i centri sociali e Rifondazione Comunista, e a destra il Movimento Antagonista, che è un ambiente politico formatosi a seguito della centrifugazione dell’ala sinistra del neofascismo italiano che è da considerare oltre il neofascismo.
Adriano Romualdi rappresenta quindi la prima grossa e qualificata rottura nei confronti della destra reazionaria e conservatrice degli Almirante & C., l’uomo giovane capace di fornire interessanti ed affascinanti coordinate culturali (fu lui, per esempio, a far conoscere alla destra Nietzsche): e non mi pare cosa grave e ignominiosa il fatto che esistano ancora circoli a lui dedicati.
Per quel che mi è dato sapere, lo specifico culturale e politico del gruppo umano che ruota attorno al circolo è andato oltre il contributo che ha potuto dare Adriano Romualdi, scomparso oltre vent’anni fa. Adriano Romualdi rappresenta un punto di partenza, un punto attraversato e non un punto di arrivo.
Bisogna ricordare che i vari Jesi, Revelli e Ferraresi si occuparono maggiormente di personaggi alla Romualdi e alla Evola in quanto il loro condizionamento ideologico non gli permetteva di accettare che a destra vi fossero realtà culturali rivendicate come sostanzialmente differenti da quella reazionaria e conservatrice ben rappresentata dal MSI. 
Si è così cercato di ricondurre addirittura al pensiero evoliano (e quindi di Romualdi) l’origine della destra radicale responsabili di stragi e nefandezze varie. Oggi Ferraresi -credo in preda al delirio- giunge a identificare in Evola persino il padre degli skin. E credo che questo tipo di lettura sia rimasto in eredità a non poca sinistra.
Quindi, in definitiva, "Orion" non confluisce da nessuna parte, ma indica a chi ha la necessità di espletare militanza di tipo classico gli ambienti più sani e più idonei. 
E all’interno di questi ambienti "Orion" cerca di operare non secondo la tattica dell’infiltrazione sospettata da qualcuno, ma secondo la normale prassi politica che ha come obiettivo la conquista degli spazi, il far prendere coscienza, il convertire alla causa. 
Il circolo Adriano Romualdi, il circolo Rosa Luxemburg o il Leoncavallo non sono luoghi del potere e del sistema. 
Quanto meno, a nostro avviso, sono luoghi fuori, qualche volta contro in modo più o meno determinato, più o meno consapevole, più o meno efficace. 
Lì noi andiamo a lavorare non con l’intenzione di egemonizzare o infiltrare, ma con l’intenzione di concretizzare tra soggetti politici coscienti della propria specificità e, dove è possibile, operare assieme per allevare la nuova sintesi politica di cui ho già detto.
A ciò va ascritto il motivo dello scioglimento di Nuova Azione. Nuova Azione era un contenitore che per quanto fuori dagli schemi ideologici classici era pur sempre un contenitore elaborato da uomini che hanno attraversato spazi politici di destra. 
Ci siamo resi conto che quella non poteva essere la casa comune di chi proveniva da altre esperienze e che, quanto meno psicologicamente, si sarebbe sempre sentito come ospite, secondo arrivato. Se casa comune deve esserci -il che è essenziale solo se si dovesse reputare ancora valida l’istanza leninista del partito organizzato- ebbene, questa casa comune deve essere edificata assieme con chi viene da percorsi opposti. 
Diversamente non sarà mai una casa oltre la destra e la sinistra, non sarà una casa effettivamente comune e rivoluzionaria ma un semplice museo nella migliore delle ipotesi, un malinconico sacrario colmo di detriti, reliquie e potenzialità inespresse nella peggiore. 
Luogo ideale per compiere suicidi politici, non per teorizzare l’affrancamento rivoluzionario dal Nuovo Ordine Mondiale.

3) Che giudizio si dà della Nuova Destra di Marco Tarchi? Che tipo di rapporti intercorrono?

Intercorrono rapporti di aperta e manifesta ostilità. La Nuova Destra di Marco Tarchi è, prima di tutto, destra revisionista. Poi è una setta che ha praticato la mistificazione e il contrabbando di sottaceti quale prassi intellettuale.
Ovviamente non si può generalizzare, e indubbiamente la Nuova Destra ha anche prodotto qualcosa di buono. Ma si è trattato di situazioni individuali. Il complesso del fenomeno è stato ed è deleterio sul piano politico ed ha prodotto guasti eguali se non maggiori di quelli praticati dall’evolismo di basso rango.

4) Qual’è la posizione di "Orion" nei confronti di esperienze come il Fronte Nazionale e l’Alleanza Nazionalsocialista?

Non abbiamo alcun rapporto con il Fronte Nazionale e non sapevamo neppure dell’esistenza dell’Alleanza Nazionalsocialista (ci si riferisce ai nazi americani collegati con il KKK e quindi alla CIA?).
Noi siamo per lo Stato multietnico ove, però, ogni etnia salvaguardi le proprie specificità culturali o decida autonomamente di assassinarle. Siamo per lo Stato politico. 
L’Italia è di per sé una nazione multietnica (altro che razza italica ...); l’Europa è multietnica; L’Eurasia è multietnica. 
Non siamo pregiudizialmente contro l’emigrazione, ma siamo contro l’occidentalizzazione e l’integrazione forzata degli immigrati verso i disvalori del Mondialismo (concezione usurocratica, di sfruttamento e consumismo, ecc.) (*). 
Crediamo nell’autodeterminazione dei popoli e siamo solidali con loro soprattutto quando debbono subire lo sradicamento dalla loro terra di origine. 
Crediamo nella possibilità di trasformare queste vittime in reagenti contro chi ha determinato la loro condizione di diseredati della terra. 
Tutto ciò è agli antipodi dell’impostazione data dal Fronte Nazionale.
Essendo però noi agenti politici non rifiuteremmo confronti aperti con il Fronte Nazionale. 
Non abbiamo pregiudizi sui singoli aderenti, né riteniamo sia impossibile una conversione della posizione che attualmente esprimono. 
Si tratta di agenti politici contro, almeno nelle intenzioni. Si tratta di gente impegnata e che per questo rischia e paga di persona non certo per tornaconto personale. 
Quindi pur non avendo nessun rapporto con loro (neppure a titolo personale, per scelta loro) riteniamo che la posizione del FN sia dovuta soprattutto a un vizio di analisi dello scenario mondiale e ad un complesso di sensibilità romantiche verso mondi (che al di là del fatto che fossero giusti o sbagliati) sono improponibili e irripetibili.
Come fenomeno politico lo consideriamo in via di estinzione al Nord nel giro di qualche mese, al Sud sopravviverà, forse, per qualche anno. 
Con ogni probabilità il suo destino sarà quello di diventare una comunità impolitica chiusa che praticherà al proprio interno una stretta ortodossia ideologica collegata ad una visione del mondo priva di sbocchi nella prassi politica nella società. 
Col tempo avrà sempre meno proiezioni esterne. Si tratta, ovviamente, di un parere personale.

5) Quale è la prospettiva politica e il modello di società di "Orion"?

Ovviamente la risposta a questa domanda non potrà essere esaustiva. Diciamo che noi vorremmo, sulla scorta del nostro bagaglio di esperienze e di accumulo di studio, proporre una prospettiva politica unitaria assieme a tutte le avanguardie delle forze antagoniste, una volta che queste si saranno affrancate dalle tare ideologiche e dalla prassi che queste tare suggeriscono ancora oggi.
Possiamo dire di avere una concezione comunitaristica dello Stato. Quindi siamo per un contenimento della proprietà privata entro i limiti delle umane e legittime aspirazioni (per esempio la casa). 
Siamo per la statalizzazione dell’impresa e i poli industriali. Siamo per un sistema misto che preveda, a seconda delle opportunità, l’esistenza di consorzi e cooperative autogestite. 
Qualora si renda necessaria l’esistenza di strutture private, queste strutture non devono essere ereditabili, una volta che gli imprenditori che le possiedono, cessano la loro attività imprenditoriale. 
Siamo per la fuoriuscita dal sistema del libero mercato (ma al proposito si tenga conto della risposta alla settima domanda) dal momento che quel che oggi resta di uno Stato è funzionale al circuito (appetiti) del libero mercato e non viceversa. 
Siamo per una moneta rappresentativa di un valore effettivo e non per una moneta convenzionata secondo le esigenze dell’Alta Finanza. Crediamo che la società debba esprimersi attraverso comunità omogenee che eleggano e deleghino rappresentanze politiche secondo i metodi consoni alla propria specificità. 
Il che vuol dire che è la comunità di base che deve scegliere il modo di elezione e non una qualsiasi sovrastruttura politica o burocratica. 
Il che significa (per esempio) che non deve essere considerato un obbligo il suffragio universale come sistema di elezione alla rappresentanza. Ma significa anche che una comunità che non pratica quel metodo possa essere abbandonata a favore di un’altra da chi ne sente la necessità e viceversa. 
I preposti alla conduzione della vita pubblica non devono amministrare o aver partecipazioni in imprese private e preferibilmente non possedere nulla oltre lo stretto necessario ... 
Ovviamente l’elencazione potrebbe continuare. Di certo in noi non esiste alcuna propensione e concessione verso le caratteristiche del mondo demoliberale.

6) Che posizione ha "Orion" a riguardo del "revisionismo storico" a proposito dell’Olocausto?

A me piacerebbe chiedere a chi formula questa domanda cosa conosce del revisionismo storico a parte quel che ne dice in genere la stampa. 
Quali libri e quali studi sono stati letti per poter porgere una domanda la cui risposta, come dice Mao, è implicita (o vorrebbe esserlo) nella domanda. 
E ancora mi piacerebbe sapere in che modo la condivisione o la non condivisione di una tesi storica incide su una nuova sintesi politica che parte dal presente e viene proiettata nel futuro.
Io posso essere dell’opinione che Napoleone era un pederasta e che i pellerossa erano dei selvaggi insensibili e il mio compagno di lotta più vicino può -sulla base di riscontri oggettivi o anche per semplice convinzione personale- credere l’esatto opposto. 
Tutto questo non inciderebbe minimamente sulle visioni politiche comuni, sul metodo più giusto di governare un popolo, di fare leggi e di intendere morale o etica. 
Ciò è vero per ogni argomento immaginabile possibile, da ultimo persino sul valore da attribuire alla Resistenza. 
Ciò che invece non può e non deve essere messo in discussione è non tanto il revisionismo storico (a cui tutta la sinistra è invece sensibile avendo subito e subendo soprattutto ora la mortificazione dell’interpretazione storica demoliberale) quanto la parte che concerne la questione dell’Olocausto.
Si pensa che quella del revisionismo storico con riferimento all’Olocausto sia un vezzo nazista (o neonazista) per cui si tenta, attraverso il revisionismo, di rivalutare il nazismo. 
In altre parole non si riesce a scindere le due cose: analisi, critica, accettazione o rifiuto di quel che è stato il nazismo da una parte. 
Accertamento della veridicità della denuncia dell’Olocausto dall’altra. 
E siccome le argomentazioni a favore della tesi revisionista dell’Olocausto sono talmente forti e tante che persino gli studiosi di parte ebraica dell’università di Gerusalemme hanno dovuto prenderle in considerazione, la sinistra ha lasciato lo sfruttamento di questo argomento alle scimmie del nazismo, cioè ai neonazisti.
In Francia (dove recentemente una legge proibisce -punendo con il carcere i trasgressori- di mettere in discussione la verità così come storicamente è stata accertata) la tradizione revisionista è in mano all’estrema sinistra. 
La casa editrice "La Vieille Taupe" che da sempre pubblica libri revisionisti e le librerie che ne ponevano in vendita i testi era in mano ad anarchici e comunisti radicali. Il primo revisionista in assoluto è il francese Paul Rassinier, partigiano comunista, invalido di guerra, decorato con medaglia per la sua partecipazione alla Resistenza ed internato a lungo nei lager nazisti. 
Fu corrispondente per uno dei maggiori giornali francesi durante il processo di Norimberga. Si devono a lui le prime opere che hanno contraddetto le verità storiche ufficiali. Lui ha dimostrato l’inesistenza delle camere a gas omicide e l’impossibilità che sei forni crematori a legna potessero bruciare milioni di cadaveri in quel di Auschwitz. 
Potrei citare qui una documentazione scientifica sterminata che la redazione di "Orion" ha esaminato al proposito, per cercare di convincere il mio interlocutore che il revisionismo storico muove da dati di fatto legittimi e concreti. 
E per contro avrei anche potuto rispondere a questa domanda che in fondo a noi del nazismo e dell’Olocausto non ce ne frega nulla poiché non sono una questione che ci riguarda (in quanto non siamo né nazisti né neonazisti) né le questioni storiche hanno alcuna incidenza sulle nuove sintesi politiche che noi auspichiamo. 
Per cui non ci interessa, da un punto di vista politico, sapere quanti partigiani sono stati uccisi dai militi della RSI o quanti ex-fascisti sono stati uccisi dalle bande partigiane nella Romagna rossa dopo il 25 aprile 1945, o, peggio, sapere se Garibaldi era o non era un ladro di cavalli a cui mozzicarono le orecchie. 
Insomma, se non si separano i campi storiografico, ideologico e politico e li si continua a frullare assieme per cui l’uno diventa condizionante dell’altro, tanto vale suicidarsi tutti subito perché non c’è domani. 
Di volta in volta ognuno di questi campi, che dovrebbero restare separati, trascina gli altri verso il basso, verso il rancore, verso la incomprensione. 
Quindi scontro e paralisi continua.
Però proprio la questione dell’Olocausto ha dei risvolti sui quali forse la sinistra italiana (e sottolineo italiana perché non è così in Russia, in Francia, in Spagna e altrove) non ha mai riflettuto. 
Se noi volessimo avere solo una posizione tattica e di infiltrazione verso la sinistra eviteremmo questo argomento e potremmo persino dire: «Va bene, l’Olocausto c’è stato nella forma da voi sottoscritta e denunciata. Se volete lo denunciamo anche noi, tanto noi non siamo né nazisti né neonazisti». 
Accadrebbe qualcosa di particolare? 
Ma la questione della veridicità o non veridicità dell’Olocausto non riguarda affatto il nazismo, che è un cadavere che non può essere resuscitato. Né riguarda il neonazismo, che è puro e semplice folklore di dubbio gusto. 
Riguarda tutt’altre questioni. Per esempio la questione tedesca e la questione palestinese.
Sulla questione tedesca ci ritorno nel corso della settima domanda. 
Per quel che riguarda la questione palestinese basti dire che Israele (uno stato fondato nel 1948 dai sionisti agitando l’orrore dell’Olocausto contro la volontà degli ebrei palestinesi oltre che dei palestinesi non ebrei) ha potuto pompare dalla Germania miliardi di dollari come risarcimento. 
Cioè, uno stato che durante la guerra non esisteva, denunciando l’Olocausto, ha ottenuto quei danni necessari (oltre a quelli provenienti direttamente dagli USA) ad edificare lo stato sionista e ad armare l’esercito autore delle nefandezze di cui tutti sappiamo. 
Con la riunificazione della Germania e la recente denuncia delle nefandezze del governo di Vichy, Israele è tornato a battere cassa. 
Per cui lo stato sionista riceverà altra linfa che trasmetterà al proprio esercito il quale continuerà a reprimere il popolo palestinese. 
E se l’Olocausto (l’Olocausto, non la persecuzione e la morte di migliaia di ebrei per stenti, fame e maltrattamenti) fosse veramente una montatura che la sinistra, preoccupata solo del falso pericolo del neonazismo e di una riabilitazione del nazismo, non ha voluto neppure prendere in considerazione (cioè studiare nella sostanza)? 
Come potrà un domani non considerarsi oggettivamente responsabile della persecuzione del popolo palestinese quando ha favorito l’armamento del suo oppressore?
E c’è di più e di peggio. 
Per esempio il fatto che se prima l’ebraismo, in un mondo condizionato dalla dimensione religiosa, rivendicava l’elezione divina, quindi la superiorità di fatto rispetto agli altri popoli della terra, con l’avvento del mondo laico la specificità, la diversità di tutti gli ebrei viene rivendicata attraverso l’univocità dello sterminio, dell’Olocausto (come se, posto che fosse vero l’Olocausto, altri popoli non avessero subito di peggio, visto che sono stati totalmente sterminati). 
Ciò ha consentito, sugli alti piani politici a livello mondiale, interventi e condizionamenti bestiali la cui storia è ancora tutta da scrivere. E, attenzione, le vittime di questo condizionamento non sono stati i neonazisti o i revisionisti, ma guarda caso tutti i movimenti rivoluzionari marxisti o comunque di sinistra.
Ma questo è un argomento troppo complesso per essere trattato nel breve spazio di una risposta. 
Si rischierebbe di essere confusi con i propugnatori della teoria complottistica giudaico-massonica e di muovere al sorriso coloro che per altro si rifiutano di leggere le liste dei nomi dei proprietari delle più grandi banche mondiali, di quel circuito di banche che da sole costituiscono il circuito dell’Alta Finanza la quale manovra multinazionali e mercati monetari e per conseguenza condiziona le alchimie geopolitiche e gli stessi governi nazionali.
Si parla di capitale, di capitalismo e di multinazionali, ma non si riesce mai a scavare in profondità per metterne a nudo la vera essenza, il vero progetto che sta dietro e che li muove.
Ebbene, che la cosa vi faccia sorridere, che lo capiate oppure no, il mito dell’Olocausto è forse il tappo più grosso sulla via della comprensione di alcune strutture fondamentali del potere che propugna il Nuovo Ordine Mondiale.
Se non fosse per queste implicazioni, noi di "Orion" di revisionismo storico non ci saremmo occupati più da un bel pezzo, perché è ovvio che non possiamo competere con i mezzi di propaganda e i condizionamenti di ormai mezzo secolo perpetrati da complessi editoriali, complessi ideologici, giustificazioni a favore dei vincitori del conflitto, ecc. 
E del resto ormai ce ne occupiamo anche poco. 
E in effetti sarebbe stato utile che di questo argomento se ne fosse occupata la sinistra la quale, dopo aver riaffermato la propria condanna del nazismo fosse passata ad esaminare la documentazione scientifica in materia pronunciandosi su dati di fatto concreti. 
Invece si è preclusa una grossa possibilità lasciando in mano ai neonazisti l’unica arma di una certa qual dignità: il revisionismo storico.

7) Il Fronte antimondialista è un alleanza tattica tra forze eterogenee? 
Che rapporto può sussistere in prospettiva tra una visione egualitaria ed una antiegualitaria?


Quando parliamo di fronte antimondialista ci riferiamo ad un fronte potenziale a livello planetario che di fatto esiste e si compone di tutte quelle nazioni e popoli che si oppongono al Nuovo Ordine Mondiale, ossia ad un progetto che vede l’oligarchia dell’Alta Finanza gestire un potere senza più neppure la mediazione del livello politico. 
Quanto, per esempio, accade oggi in Italia (delegittimazione dei partiti quali intermediari del potere effettivo) altro non è che un dettaglio del progetto. 
A livello nazionale il fronte antimondialista può essere composto proprio da tutte le forze che si oppongono all’instaurazione del potere mondialista, ma che di esso, fino ad oggi, hanno preso in considerazione solo alcuni aspetti: chi sul fronte delle lotte sociali, chi sul fronte operaistico, chi su quello ecologico, chi su quello culturale. 
Forze antagoniste rispetto al progetto mondialista, ma che si sono disposte in modo conflittuale e competitivo tra di loro. 
Noi non crediamo necessario (anche se invece sarebbe opportuno e più vantaggioso) che conseguano una fusione fra loro oltre gli schemi ideologici fin qui conosciuti e praticati. 
Se non è possibile fare altrimenti, reputiamo necessario (avere), quanto meno, la consapevolezza del reale nemico e una disposizione frontale contro esso. 
Dovrebbero decadere -quanto meno- pregiudiziali e ostilità paralizzanti che ogni realtà potenzialmente antimondialista pratica contro tutte le altre.
Per poter conseguire risultati efficaci sarebbe necessario avere una visione geopolitica unitaria che consentisse come prima cosa la rottura del circuito economico imposto dal libero mercato, il quale consente la fuoriuscita dal circuito medesimo ad una nazione sola per volta. 
Il pericolo che si è presentato davanti al fronte mondialista è stata la possibilità di fusione tra la nazione tedesca e l’ex-URSS, un blocco che da solo, per forza economica, riserve materiali ed energetiche, competenza tecnologica avrebbe (e potrebbe) costituire il fulcro di una diversa ricomposizione continentale sul quale graviterebbe fatalmente il resto d’Europa dando vita a quello che definiamo continente euroasiatico. 
Ciò consentirebbe al continente africano e a quello sudasiatico di affrancarsi dall’egemonia americanista. 
Un blocco del genere avrebbe la forza di instaurare un nuovo ordine economico non basato sull’usurocrazia. 
In Russia esiste una realtà politica molto forte e molto estesa che si compone di comunisti ed ex-zaristi (tradizionalisti ortodossi ed altro) che ha una rappresentanza in parlamento del quaranta per cento con cui "Orion" ha stabilito un collegamento. 
Questa realtà si muove nell’ottica di cui sopra per l’affrancamento dal condizionamento occidentalista. 
Quindi non si tratta per noi di una visione del tutto utopica quando operiamo in Italia per alimentare e lumeggiare questa idea-forza. 
Anche qui è possibile operare per la costituzione di un fronte del genere le cui caratteristiche non posso, ovviamente, spiegare nel dettaglio. 
Lì si tratta di qualcosa di più che di una alleanza tattica fra contadini, comunisti, stalinisti ed ex-zaristi.
Tendenze analoghe esistono in Francia, Spagna, Belgio, Germania.
La guerra del Golfo, la crisi balcanica e l’alimentazione della rivolta xenofoba da parte della CIA, attraverso il KKK, in Germania operano per impedire saldature in questo senso, per creare contrapposizioni policentriche opponendo etnie e visioni nazionalistiche. 
Da questa trappola è necessario uscire. 
E c’è un’unica via di uscita che qui ho delineato per sommi capi.
Quanto al rapporto tra una visione egualitaria e antiegualitaria esso è, per noi, un non-problema.
Il problema ci sarebbe se sulla base della concezione antiegualitaria si rivendicasse una qualsiasi supremazia di censo o di gestione del potere. 
La diseguaglianza è nei fatti anche in un ottica marxista, nel momento in cui si parla di avanguardia rivoluzionaria quando con ciò si intende una élite che ha preso coscienza rispetto alla condizione attuale e alla risposta che va data. 
Non esiste problema se a queste avanguardie si fa carico non del premio finale, ma del sacrificio e dell’onere di guidare alla lotta.
Se io mi considero diverso da Pinco Pallo ma sulla base di questa mia conclamata diversità non reclamo nulla, neppure il riconoscimento della mia superiorità da parte di Pinco Pallo, dove sta il problema? 
Se poi la questione a cui si allude è di tipo razziale, allora io credo che tra un nero degenerato e un bianco degenerato non esiste alcuna differenza. 
Di tutti i popoli e di tutte le etnie quelli europei sono tra i più degenerati e la loro funzione negativa sta nel fatto che stanno trascinando per la medesima china i popoli africani, amerindi e asiatici che viceversa in qualche misura hanno preservato alcune caratteristiche sane della loro identità e cultura. 
Differenza e diseguaglianza, da noi, non significa rivendicazione di titoli. 
La diversità è ricchezza. 
La non omologazione nell’indifferenziato è l’esatto contrario da quanto auspicato dal progetto mondialista. 
In quel progetto l’indifferenziazione è funzionale all’interscambiabilità dei soggetti nella loro condizione di schiavitù. 
Per questo la cultura americana tende sempre di più non verso la società multirazziale, ma verso la monoetnia, la monolingua, la monomoneta, la monoreligione, la monocultura, la monomoda, il monogusto. 
Tutto ciò rende eguali verso il basso, verso la funzione minima dell’essere umano. 
Anzi, aliena dalla dimensione umana. 
Anche questo, ovviamente, è un discorso assai complesso e articolato che merita uno spazio che qui non è possibile accordare.

Maurizio Murelli

 

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