da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

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"No" alla legge maggioritaria

Renato Pallavidini

Con il giubilo dei soliti mazzieri della Direzione del MSI, è tornato alla ribalta l’ex Presidente Cossiga. 
E che ribalta! 
Parole di fuoco, scenari da brividi freddi nella schiena, con i carabinieri che sparano sulle folle inferocite e Cossiga stesso che viene chiamato (... ma da chi?) a salvare Patria e Ordine sociale!
Come interpretare questa intervista a poche settimane dai referendum che dovrebbero sancire una svolta politico-istituzionale reazionaria nel paese? 
È solo frutto della fantasia e della proverbiale finezza diplomatica dell’ex Presidente della Repubblica, oppure costituisce un vero e proprio monito alle forze politiche e all’opinione pubblica?
La concomitanza con i referendum ci fa chiaramente propendere per la seconda ipotesi. 
Per capirne il motivo occorre fare alcuni passi indietro e ripercorrere, per sommi capi, le principali linee di sviluppo della complessa crisi che investe l’Italia. 
Chi scrive ha sempre sostenuto che fosse una crisi largamente voluta o, quantomeno, pilotata e controllata dal capitale finanziario internazionale e dai grandi gruppi capitalistici nazionali raccolti attorno alla Confindustria e che ormai, dato il grado di organica integrazione planetaria della economia capitalistica e imperialistica, hanno margini di autonomia sempre più ristretti rispetto alle decisioni e alle contraddizioni interne ai grandi organismi finanziari internazionali.
Forse, analizzando, in tutti questi mesi, il complesso evolversi dello scenario, abbiamo peccato di rigidità in questa ipotesi interpretativa, accentuando l’aspetto soggettivistico e complottardo della situazione a detrimento degli elementi di oggettività e di spontaneità che indubbiamente contraddistinguono la crisi economica e politica del paese. 
Al di là di questa oggettività dei fattori di crisi legati, da un lato, all’esaurirsi del ciclo di sviluppo capitalistico-speculativo degli anni ’80 e, dall’altro lato, al crollo del movimento operaio organizzato nella società italiana, rimaniamo convinti che sia in atto, sin dal convegno della Confindustria a Cernobbio (settembre ’91), o forse anche da prima, un complesso tentativo per guidare il paese verso soluzioni peggiori dei mali. 
Soluzioni che facciano fuori la parte più sputtanata e clientelare della vecchia classe politica; soluzioni che modifichino il quadro istituzionale in modo da consentire l’ascesa al potere politico di uomini di diretta fiducia dei gruppi finanziari e industriali nazionali e transnazionali. 
Soluzioni che implicano un’evoluzione dei rapporti economici sociali di tipo privatistico e americano, i cui primi presupposti sono stati posti dal governo Amato che non casualmente riceve appoggi entusiastici da parte di industriali e di uomini dell’Alta Finanza internazionale.
Dal momento in cui si è profilato questo scenario di crisi pilotata, si sono alternati due distinti progetti di soluzione politico-istituzionale, che possono ricevere il sostegno di forze politiche diverse e che, di volta in volta, hanno ricevuto l’appoggio occulto dei grandi gruppi capitalistici in base all’evolversi dello scontro interno al sistema di potere italiano. 
Da un lato si propone una soluzione morbida, di basso profilo -se così ci si può esprimere-, incentrata sulla nuova legge elettorale maggioritaria, che taglierebbe completamente dal gioco politico-istituzionale non solo le opposizioni radicali, ma anche gran parte delle vecchie clientele elettorali che tanto hanno pesato sulla struttura della spesa pubblica dal 1948 in poi. 
Questa soluzione coinvolge pienamente il PDS, mentre esclude il MSI e quella parte del PSI ancora legata a Craxi. 
Ed è proprio in questa direzione che oggi si stanno giocando giorni cruciali! 
Se al referendum del 18 aprile prevalessero i "NO", com’è auspicabile, tutta la manovra incentrata su Segni, Occhetto, La Malfa e ora (ultimo in ordine di tempo e solo dopo la trombatura di Martelli) Martinazzoli, andrebbe completamente a puttane e veramente si creerebbe nel paese uno scenario di crisi politica e istituzionale incontrollata, dove anche gli episodi di conflittualità sociale spontanea, che stanno dilagando al di fuori di ogni direzione politica e sindacale, potrebbero finalmente avere un ruolo positivo. 
Senza la nuova legge elettorale che si fa? 
Quanto guadagneranno, in termini elettorali Lega, Rete e Rifondazione? 
Che farà al Nord Bossi? 
E il Sud come si esprimerà? 
Potrà entrare imprevedibilmente nel gioco qualche altra forza politica antagonista? 
E quali consensi potranno andare allo stesso MSI in certe zone del Sud? 
A questo punto si fa strada la seconda ipotesi di soluzione politico-istituzionale della crisi che già sembrava essere dominante, proprio attorno a Cossiga e ad un partito cossighiano, attorno a cui si sarebbe raccolto un composito schieramento trasversale che andava dal MSI a Craxi, alla fine del 1991. 
Perno di questa seconda soluzione era la Repubblica presidenziale o, quanto meno, una evoluzione in tal senso della costituzione, con una più esplicita trasformazione in senso autoritario dei rapporti politici e dei meccanismi istituzionali. 
Questo progetto, che come si vede, esclude Occhetto, ma in compenso allarga a destra (e a questo proposito forse "L’Italia settimanale" ne sa qualcosa), è sembrato entrare in crisi fra il dicembre ’91 ed il gennaio ’92 per oscuri scontri di poteri interni alla DC. 
Ma ora può tornare di attualità di fronte all’ipotesi di una sconfitta dello schieramento referendario. 
A quel punto Amato non potrebbe più lasciare la mano ad un governo trasversale incaricato di gestire nuove elezioni politiche a base uninominale-maggioritaria, con la concreta prospettiva di avere un Parlamento composto da ruffiani della Confindustria, lacchè delle comunità ebraiche, uomini legati direttamente all’ambasciata americana ecc.
A quel punto la crisi politica diverrebbe veramente incontrollabile, con il rischio di accentuarne l’aspetto istituzionale e di tramutarsi in vera e propria crisi sociale, come avvenne, in forme storicamente diverse, fra il ’69 ed i primi anni settanta. 
Forse semplifichiamo le situazioni e pecchiamo di schematismo ideologico, ma il rischio che la situazione sfugga di mano al potere economico e alle diverse forze dello schieramento trasversale esiste.
E allora si capiscono gli scenari evocati da Cossiga (che, non dimentichiamolo, è uomo della massoneria, ed è, da sempre, punto di coagulo politico della borghesia italiana e tramite fra USA e Italia) che prefigurano una ripresa su basi ancor più drammatiche e autoritarie dei progetti di Repubblica presidenziale.
Da tutte queste considerazioni emerge anche un inconfutabile dato politico immediato: se si vogliono riaprire i giochi politici nel paese e se si vuole strappare l’iniziativa alle forze capitalistiche e mondialiste, occorre mobilitarsi per sconfiggere lo schieramento del "SI"! 
Occorre votare e far votare "NO" a questi referendum truffa! 
NO alla legge maggioritaria! 
NO ad un parlamento edulcorato, senza casinisti, zuffe e cappi che esprimono la voglia latente di rotture rivoluzionarie ancora presenti in larghe fasce sociali del paese! 
NO a Segni, Occhetto, Martinazzoli e Pannella! 
NO a quella brutta faccia da sberle (ed è dire poco) di Amato! 
NO alla Confindustria, a Romiti, Abete e Agnelli! 
NO allo smantellamento dello Stato sociale e dei diritti sindacali che è il logico corollario economico-sociale di un’evoluzione in senso anglosassone del sistema politico e istituzionale!
NO, per allargare la protesta sociale e darle una più salda direzione sindacale e politica che prenda a calci nel culo non solo i politici ladri, ma anche gli industriali e gli speculatori affamatori del popolo.

Renato Pallavidini

 

 

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