da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

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Là, dove volano gli avvoltoi

Carlo Terracciano


«Chi non ha carattere non è un uomo: è una cosa»
Nicolas de Chamfort


Nella strategia globale di dominio mondialista su uomini e popoli, la droga gioca un ruolo rilevantissimo, sia per il controllo delle menti che per quello delle istituzioni. E ciò risulta tanto più vero in quel crocevia geostrategico tra Europa occidentale e Balcani, tra nord e Mediterraneo, ponte naturale tra due continenti, che denominiamo Italia.
L’alta finanza cosmopolita, collegata da sempre e sempre più organicamente con la grande criminalità internazionale, ha ormai superato la fase della diffusione illegale di ogni tipo di droga, prodotta e smerciata dal Triangolo d’Oro asiatico, in Medio Oriente, in America Latina. Il cosiddetto riciclaggio di denaro sporco che ha già fatto la ricchezza di molti stati, a cominciare dalla pacifica e democratica Svizzera, ha immesso sul mercato dei capitali una tale massa monetaria impiegata in ogni tipo d’attività lecita o illecita (confine sempre più vago e indefinibile), che è ormai impossibile scinderla dal resto o prescinderne dei giochi di potere internazionale.
Sempre ammesso che nel Sistema Capitalistico a così alto livello sia possibile utilizzare ancora termini giuridici e morali, e parlare di legalità. La droga è un business anzi è l’Affare del secolo, su cui magnati internazionali e governi vogliono mantenere il controllo e/o mettere le mani in modo legale, alla luce del sole, senza neanche più correre i rischi (relativi) e subire le perdite (minime) di oggi.
Basta allora legalizzare il crimine, dar vita allo spaccio di stato, alla droga di regime, all’eroina in farmacia! La legalizzazione delle droghe non è soltanto la dichiarazione di fallimento e di resa delle istituzioni; essa è un altro colossale affare per i produttori e i commercianti all’ingrosso e, soprattutto, un formidabile strumento di dominio e assoggettamento, diretto o indiretto, dei popoli.
Si pensi soltanto cosa succederà il giorno in cui, per punire uno stato che si ribelli, le grandi multinazionali porranno l’embargo alla droga verso quel paese, popolato in buona parte da una massa di zombi tossicodipendenti.
In tale ottica di normalizzazione si possono leggere persino i conclamati impegni e gli arresti eccellenti di imprenditori, politici e vecchi boss della mafia e della camorra.
Si tratta, ovviamente, dei perdenti, uomini oramai superati sia nelle logiche di dominio interno alle rispettive organizzazioni, sia nel quadro globale delle nuove strategie mondialiste euro-americane.
Il Sistema come un serpente durante la muta, cambia pelle, per ringiovanirsi e perpetuarsi.
Quando finalmente i riflettori si puntano su qualche nome eccellente e i media ci bombardano quotidianamente con la storia delle sue malefatte, dei loro passati crimini, allora state pur certi che il nuovo potere mafioso e clientelare è già altrove, ben protetto, coperto, nell’ombra per condurre indisturbato i suoi lucrosi affari, in complicità con vecchi e nuovi amici nell’apparato ufficiale.
Nella colonia degli Stati Uniti che si chiama Italia, ciò è ancor più vero se si considerano i complessi rapporti tra vero potere politico e vera mafia, quella siculo-americana; quella mafia che fu portata in Sicilia nel 1943 sui carri armati USA, con i quali risalì la penisola, e che ora è ramificata in tutto il continente.
Il governo di Washington ha utilizzato da sempre questa mafia siculo-americana per i propri scopi, per i progetti di politica interna e internazionale. Basti pensare al ruolo avuto nella eliminazione di presidenti e uomini politici, americani e stranieri, non considerati più affidabili (i Kennedy e i Noriega, per fare degli esempi).
Gli italiani sono quindi due volte asserviti, sia tramite la locale criminalità organizzata, con i suoi eserciti privati e i suoi santuari, sia tramite la grande criminalità internazionale legata a filo doppio con il potere politico imperialista USA che, a sua volta, ci tiene sottomessi nella NATO, occupando i punti strategici del territorio. E sono basi aeronavali attraverso le quali può entrare in Italia di tutto, per non parlare dei servizi segreti che agiscono indisturbati a tutti i livelli, come si è dimostrato con la strage americana di Ustica.
Ma il Mondialismo, ben lo sappiamo, non è un blocco monolitico.
È attraversato da diverse correnti di potere ed interessi concorrenti che però, alla fine, interagiscono coerentemente in un quadro unico, verso un unico progetto unitario di dominio mondiale e sulla base di un’unica visione del mondo. Ecco perché nelle scelte di fondo, essenziali ed esiziali per popoli e stati, queste forze mondialiste puntano alle stesse scelte, e tutt'al più fanno un furbesco gioco delle parti.
Com’è il caso della liberalizzazione della droga, la depenalizzazione del suo possesso ecc...
Si forma allora un fronte unito della conservazione tra cattolici e laici, tra demoliberali e sinistra di tutte le sfumature, tra referendari e radicali, per non parlare dei centri di recupero gestiti dai preti!
Quelli alla don Gelmini, per intenderci...
E non è certo un caso che, rimestando in un delitto ancora oscuro, si sia scatenata improvvisa ed all’unisono la canea urlante della stampa contro l’uomo che per primo e con più successo, da anni, combatte la piaga della droga in Italia, senza piegarsi agli interessi di partiti o concorrenti (questo sì imperdonabile!) dei potenti di turno; ma anche senza genuflettersi, con il capo cosparso di cenere, ai piedi di qualche porporato, di quelli che van per la maggiore (tipo cardinal Martini).
Quest’uomo è Vincenzo Muccioli, il fondatore di San Patrignano. Contro Muccioli si è scatenata la tempesta delle calunnie e delle infamie, ma anche contro la sua creazione e, soprattutto, contro ciò che essi rappresentano a livello di simbolo, di utopia fattasi realtà: cioè la liberazione dalla droga, dalla dipendenza e dall’uso delle droghe. Che non sono solo quelle che si fumano o si iniettano, ma anche la droga di stato e di chiesa, propinata quotidianamente in dosi massicce a tutta la popolazione. E pensare che una volta c’era persino chi pensava di combattere rivoluzionariamente il sistema andando a spacciar droga davanti alle scuole!
Quando i nostri lettori leggeranno questo articolo probabilmente il caso Muccioli sarà passato nel dimenticatoio, anche perché saranno caduti uno dopo l’altro i puntelli accusatori che vorrebbero coinvolgerlo e travolgerlo. Già in passato del resto, nel 1985, la magistratura emiliana (uno dei punti più sensibili del potere mondialista in campo giudiziario, assieme a Firenze), lo aveva perseguitato e condannato per la famigerata storiella delle catene; da cui è stato assolto in Cassazione.
Allora, quando ancora tutte le coscienze non erano cloroformizzate, si creò un vasto fronte di solidarietà attorno a San Patrignano.
Mandarono anche la Finanza per cercare di incastrarlo ed ovviamente senza esito. 
S. Patrignano non era e non è Tangentopoli.
Muccioli sarà prosciolto pienamente, ma lo scopo di lorsignori sarà comunque raggiunto e Taradash e i pannellisti avranno vinto il referendum per la depenalizzazione, primo passo per la libera vendita della droga di stato, secondo la volontà dei nuovi produttori mondiali.
In effetti per questo regime le stragi di stato degli anni ’70/’80 non hanno fatto tutti i morti necessari. Ma soprattutto il nuovo regime di dittatura democratica, versione liberalcapitalistica del centralismo democratico di trista memoria, avrà un controllo ancora più diretto e totale su una gioventù di zoombies, mettendosi così al riparo da qualsivoglia spirito ribelle e di rivolta; proprio come si incrementarono spaccio e uso di droghe dopo il ’68 ed il ’77.
Che gente come Taradash possa, in piena crisi di regime, chiedere il controllo dello stato sulla comunità di Muccioli, non è tanto scandaloso; in fondo è stato mandato su proprio per questo fine.
Che manipolatori della penna e del computer come Luciano Nigro e Anna Tonelli, Marina Garbesi e Carlo Chianura, Francesco Viviano ecc. ecc. abbiano versato tutto il veleno di cui sono ripieni su Muccioli e San Patrignano fa ancor parte delle cose ovvie, scontate. Sono infatti tutti i giornalisti di Repubblica del clan Scalfari-Caracciolo-De Benedetti; i portavoce e battistrada del progetto mondialista della Trilateral e delle lobbies sioniste e filo-americane del nostro paese. Miriam Mafai ne è l’esempio più famoso.
Lascia invece un po’ l’amaro in bocca il fatto che la sinistra (Manifesto, Avvenimenti ecc... per non dire de l’Unità), la quale non ha ancora capito nulla degli anni ’60 e ’70, si unisca al coro dei crucifige!, riscoprendo proprio contro Muccioli quello spirito forcaiolo da Piazzale Loreto che, evidentemente, le è essenzialmente connaturato. 
Ma neanche le forze pur piccole della sinistra veramente antagonista hanno compreso che con l’attacco a Muccioli si vogliono eliminare le ultime resistenze per la trasformazione dell’Italia nella terra franca per il libero commercio mondiale della droga.
Il meridione e la Sicilia in particolare rappresentano il punto di riferimento geopolitico della strategia mondialista USA del Nuovo Ordine Mondiale; dopo la secessione nordista questo sarà il porto franco di tutte le attività criminali internazionali controllate dagli Stati Uniti che, oltretutto, faranno dell’isola mediterranea la punta avanzata di provocazione ed aggressione contro il nordafrica arabo-islamico dove, in Algeria e Egitto i rivoluzionari in nome del Corano sono ormai ad un passo dalla vittoria.
Per questo i vecchi tromboni della I^ repubblica e i vecchi boss mafiosi non vanno più bene; del resto il sistema maggioritario permetterà con la nuova legge truffa di eliminare qualsiasi pur moderata opposizione consegnando il potere ai nuovi (si fa per dire) satrapi del potere USA. Al vino vecchio va cambiata almeno la botte.
Ma torniamo a Muccioli e alle recenti polemiche che hanno visto in prima fila, contro di lui, esponenti della chiesa cattolica, salvo rare e meritevoli eccezioni.
Che il Vaticano non ami un’Italia libera e forte è un dato di fatto storico.
E 45 anni di potere mafioso-democristiano ce lo hanno dimostrato a sufficienza, anche se la chiesa ha antenne lunghe e sa fiutare per tempo i cambiamenti del vento ... come in Sicilia.
Essa trarrebbe gran vantaggio oggi dalla spartizione della penisola (potrebbe persino avere velleità di ritorno al potere temporale dei papi) utilizzando la FF.AA. della talassocrazia americana e l’appoggio ebraico (i fratelli maggiori) contro il dilagare dell’ondata islamica verso l’Europa. 
Intanto l’opera di controllo sulla popolazione e sui giovani prosegue con lena.
Per inciso i protestanti italiani non sono da meno nell’opera maramaldesca contro Muccioli, come ha dimostrato la rubrica Protestantesimo del 21 marzo!
Una volta si diceva che: «la religione è l’oppio dei popoli». Poi l’oppio, la droga è diventata la religione per i popoli, per intere generazioni di giovani nel mondo. E finalmente la droga e la religione cattolica si incontrano nelle comunità di recupero; per attuare un controllo globale e una lobotomia sulle povere menti indebolite e devastate, sui corpi segnati e stravolti dal male.
Certo in molti potranno pensare che, tutto sommato, sia sempre meglio per un giovane levargli un ago di vena infilandogli un’ostia in bocca. Con la crisi delle fedi e delle vocazioni nel mondo cristiano, i nuovi adepti bisogna andare a prenderseli dove possibile: fra le colf filippine, gli immigrati extracomunitari del Sud e dell’Est del mondo e, perché no?, fra i tossici che avevano cercato dio in mezzo ad una polvere bianca.
La chiesa di Roma ha steso la sua rete umanitaria ovunque, come quella di un ragno, convivendo obtorto collo con le altre istituzioni da essa non controllate. Lo stato italiano è ovviamente fuori dal gioco, essendo a sua volta in parte controllato anche dalla chiesa stessa.
Muccioli, per i preti, era ed è una spina nel fianco, un pruno nell’occhio. E non solo perché ha dimostrato che si può creare una comunità, indipendente dalle prebende e dagli interessi di potere ma soprattutto la sua forte personalità è un antidoto all’ipocrisia mielosa di una religione ridotta a interesse mondano e sete di potere,
Ed è la forza di carattere quello che più temono le vecchie e nuove oligarchie mondialiste, capitaliste o comuniste, cristiane o laiche, per le quali anche il paragone con la decadenza di un impero è improponibile essendo questa repubblica delle banane e delle bustarelle più comparabile alla dissoluzione cadaverica di una carogna in avanzato stato di decomposizione, immersa in una fogna ripiena di liquame, di lordure fetide, immonde, innominabili.
Baget Bozzo, come al solito, ha dato il la, definendo San Patrignano un’avventura mondana! Del resto il giornale della sinistra ebraica italiana Il Manifesto non è arrivato a parlare di cani lupo da guardia, di guardiani a cavallo e di lager? Vecchio vizio senile della sinistra più demenziale che ... ci riprova sempre!
Ed eccoli allora i preti della droga: si chiamano don Ciotti (Gruppo Abele) e don Gelmini (Comunità Incontro), convertitosi ora anche lui allo spaccio di stato, don Mazzi e don Vinicio Albanesi; ma ci sono anche i gurù orientaleggianti alla Cardella del gruppo Saman.
È tutto uno svolazzare di tonache nere come ali di pipistrello (o avvoltoio), un rintocco sordo di campane a morto per Muccioli e i suoi ragazzi, che per troppo tempo hanno fatto loro ombra.
Di fronte all’ipocrisia appiccicaticcia di questi sepolcri imbiancati che vorrebbero ergere di nuovo i roghi dell’inquisizione del 2000, di fronte ai loro se e ma di chi non ha neanche il coraggio (!) di Maramaldo (anche perché Vincenzo Muccioli sa ben difendersi da solo), ci fa quasi una bella figura quel figuro di Oreste Benzi (chi era costui?) che ha la faccia tosta di presentarsi in TV, proprio ora nel pieno delle polemiche contro Muccioli, per proporsi come informatore della magistratura: violenze sessuali, torture, stupri, desaparecidos. Ci offre tutto l’arsenale da Gran Guignol così ambito dai giornali che, per conto loro, già parlavano di stimolatori elettrici per maiali usati per torturare i tossicodipendenti (a quando la scoperta di una ... camera a gas?).
Se lo dicono lorsignori che sono uomini di fede, c’è da crederci; anche se qui non è solo di Muccioli che si parla ... La guerra anche interna delle sottane nere è solo all’inizio; c’è da giurarci ... ne vedremo delle belle!
Si scoprono dunque i coperchi del solidarismo cattolico, in Italia e nel mondo. Si vada allora a scavare e non solo in senso in modo figurato nelle comunità di ricupero dirette, gestite influenzate dalla chiesa cattolica e dai suoi agenti in Italia e nel Terzo Mondo!
Vedremo chi ne uscirà con le ossa rotte; se Muccioli o i suoi detrattori, gli sciacalli neri che aspettano con la bava alla bocca l’odio bilioso nel cuore di saltare su San Patrignano e spartirsi le spoglie e ... le anime. 
Anche perché non va trascurato, in tutta questa sporca faccenda, l’aspetto economico. L’azienda creata da Muccioli è una comunità autosufficiente di 2500 persone circa, con un giro d’affari annuo in miliardi. 22 miliardi e 1/2 solo nella gestione del ’91, 200 ettari di terra, un patrimonio di 47 miliardi con attività che vanno dalle scuderie all’allevamento di cani, dalle vigne al restauro, dalle cantine ai laboratori alla tessitura e via elencando.
Quasi la realizzazione delle utopistiche comunità socialistiche dell'800 e tutto ciò tirando fuori dal giro della droga migliaia (settemila, forse più) di giovani. Con grave danno, certo per l’altra fiorentissima industria italiana: quella del crimine! Proprio quella che ora si scopre (ora?!?... Ipocriti!) aver foraggiato i poteri dello stato e colluso con loro.
L’attività economica e sociale di Muccioli è il peggiore esempio per questo regime perché è il migliore per tutto il popolo. Ed il polverone contro San Patrignano serve anche a distrarre l’attenzione delle infamie quotidiane della politica italiana.
Ecco allora Scalfaro gongolante scrive: 
«... è un fatto così enorme da imporre (notare bene: non porre ... imporre) la parola fine alla vita di una comunità che di fatto si stava trasformando o era già diventata una setta». E lui di sette, se ne intende ...
In verità la più grave colpa di Vincenzo Muccioli è proprio quella di essere fuori dal sistema e, oggettivamente, contro il regime; un ostacolo ai piani mondialisti in Italia per il controllo del futuro spaccio statale di droga. 
Si pensi che persino i paesi dell’ex impero sovietico stanno per diventare esportatori di droghe sintetiche in Italia.
Persino il fondatore del gruppo Abele, don Ciotti, ammette che oggi è la Polonia che preme per entrare nei nostri floridi mercati; la Polonia ... cioè lo stesso paese dell’attuale papa! Ancora una volta le vie della droga e quelle della religione cattolica si incontrano ed intersecano, nel bene o nel male.
Di fronte a tutto questo, il frutto avvelenato del caso Muccioli è stato intanto il cosiddetto Decalogo Bompiani, dal ministro degli Affari Sociali Adriano Bompiani (finché dura in carica ...). Dieci punti in banalità e sciocchezze che però possono diventare, nelle mani adatte, l’arma con cui lo stato affosserà le comunità, tenendole sotto la spada di Damocle del ricatto continuo; si sa che, specie in tempi di sfascio delle istituzioni le leggi, anche le migliori possono avere effetti distruttivi, se gestite da qualche farabutto, mascalzone in malafede.
E la presente normativa, guardacaso, sembra dettagliata proprio sulla figura di Muccioli e sull’esperienza di San Patrignano.
Lo hanno definito padre-padrone, dittatore ed ora complice in omicidio. Non lo sopportano e non sopportano che ai suoi ragazzi e ragazze insegni, con il lavoro e la disciplina, ad essere loro stessi forti, indipendenti, autosufficienti e veramente liberi: di quella libertà che nasce dalla responsabilità.
Non sopportano lorsignori che dei giovani, i quali poco prima strisciavano nel fango, spacciavano, si prostituivano, rubavano ed uccidevano per la droga, si conformino presso la Comunità di Muccioli un carattere, che escano dal giro della droga, senza per questo doversi umiliare e strisciare alla tonaca di qualche prete o ai piedi di qualche potente.
L’ordine mondialista, sia laico che religioso, non può tollerare grandi figure, caratteri cesarei o, semplicemente, uomini liberi.
«Nella comunità di San Patrignano si curavano i tossicodipendenti anche contro la loro volontà» !! Ecco il massimo dell’ipocrisia. Ed ha nome e cognome: Luigi Cancrini (nome quanto mai appropriato!), docente di psichiatria presso la facoltà di Magistero a Roma (poveri noi! in che mani...). Non c’è bisogno di aggiungere che anche lui esterna, per non usare un altro termine, su Repubblica (19.3.93).
«Quella comunità è diversa da tutte le altre» -aggiunge- «I metodi praticati e le idee portate avanti non hanno punti in contatto con le altre iniziative!» Se Dio vuole!, aggiungiamo noi.
«Da sempre il problema posto da Muccioli era di contrastare la mancanza di collaborazione del paziente, mentre in altre comunità si insegna la pazienza e si dice che il tossicomane va curato quando lo chiede!»
Come se lì in comunità non ci fosse andato apposta e volontariamente, ma ce lo avessero portato a forza (come del resto, dovrebbe essere)!
Tra mezze falsità ed ipocrisia per intero, si vorrebbe far credere che una persona la quale, come dice il termine stesso, è tossicodipendente (cioè dipendente, mentalmente e fisicamente, dall’assuefazione a sostanze tossiche devastanti anche della personalità) sia libera di decidere come e quando curarsi, e mantenendo questa libertà di decisione in ogni fase della disintossicazione! Come se già non fosse stato un atto di forza sovrumana e di coraggio chiedere di entrare in comunità.
L’alternativa o galere o depenalizzazione dell’uso giornaliero è una falsa alternativa; la soluzione è proprio il sostituire il carcere con il ricovero obbligatorio in una comunità di recupero, la qual cosa dovrebbe comportare, di conseguenza, l’allargamento dei poteri degli operatori e non certo il restringimento di quelli già così limitati.
Con buona pace del Manifesto e di Repubblica. Ma allora, assieme a leggi severe per lo spaccio, verrebbe a scomparire la droga e i drogati con grave danno degli interessi internazionali e nazionali dei padroni del vapore nella stanza dei bottoni.
A San Patrignano invece i risultati si vedono, a differenza di tante altre comunità catto-progressiste e libertarie! San Patrignano infatti è l’ultima spiaggia per i tossici più duri quelli caratterialmente più indomabili (aspetto questo della loro personalità assai positivo se ben orientato). Sono quelli che hanno abbandonato altre comunità, dove non son riusciti a combinare niente e dove l’unica terapia è quella di umilianti autodafè pubblici.
C’è da dire che i fallimenti di oggi assicurano al recupero cattolico una buona media di assistiti anche per il domani; così con l’aiuto dello stato (cioè delle nostre tasse) e la benedizione del papa, queste comunità di uomini di fede si perpetuano per l’eternità, nonostante i fallimenti sia terapeutici che economici. È proprio vero che la divina (?) Provvidenza non conosce limiti ... neanche di pudore!
La risposta a tutto questo immondezzaio l’ha data uno scienziato di fama mondiale che sa di cosa parla: l’immunologo Fernando Aiuti:
«Questa situazione è un linciaggio di chi non si rende conto di cosa vuol dire avere a che fare con i tossicodipendenti.»
Ed intanto un povero giovane in fin di vita per cirrosi epatica, viene torturato psicologicamente per fargli confessare un delitto assurdo, che comunque coinvolga Muccioli e tutta la Comunità romagnola.
E se (quando) domani verrà fuori che i testi a carico hanno mentito?
E che vi furono indotti, facendo leva proprio sulla loro debolezza caratteriale, per coinvolgere e travolgere il padre-padrone?
Se sarà così, siamo anche pronti a scommetterci i santissimi che gli avvoltoi aspiranti becchini di oggi saranno i primi a correre ad abbracciare Muccioli ed a baciarlo sulla guancia. È successo anche duemila anni or sono, all’incirca, in un bosco di ulivi della Palestina.
E vogliamo concludere, perdonateci, con un ricordo personale.
Dodici anni fa eravamo ospiti involontari nelle galere della repubblica, ivi spediti proprio dalla magistratura emiliana, quella di Bologna.
Due anni di carcere, altri sei di attesa (sempre in fase istruttoria), per essere poi assolti, dopo otto anni, cinque magistrati e due procure, dall’accusa di associazione sovversiva perché ... il fatto non sussiste!
Nel vecchio e allucinante carcere di Bologna, il San Giovanni in Monte, (oggi sostituito dal più moderno, efficiente e ... spietato Dozza) noi politici, di destra e di sinistra, eravamo assieme a tutti gli altri: e la stragrande maggioranza era dentro o perché tossici o per reati comunque collegati alla droga: spaccio, furti, omicidi ecc...
Ciò nonostante abbiamo sempre dormito il sonno del giusto che conosce la nemesi storica, quando poi le parti si invertono.
Ma abbiamo anche passato intere notti in bianco; quando, nelle celle accanto alla nostra venivano sbattuti (e, forse, non a caso) detenuti in astinenza da droga, privati improvvisamente della dose e anche del metadone per meglio ammorbidirli prima dell’interrogatorio (ma anche per usarli come informatori e a scopo di provocazione come spesso abbiamo avuto modo di constatare). Anche anni dopo e in altre circostanze siamo stati interessati dalle infamie di alcuni di questi poveri disgraziati poi subito miseramente crollati; eppure verso costoro non possiamo provare alcun giustificato risentimento, solo una profonda pietà, per come furono ridotti e utilizzati contro di noi o contro chiunque.
Non possiamo odiarli perché in carcere abbiamo sentito per notti intere le loro urla disperate, le invocazioni d’aiuto con la scimmia sulle spalle, il loro ossessivo superiore ... sto male ... aiutatemi ...!, tra il silenzio della notte, le imprecazioni degli altri e, talvolta, le risate dei secondini. Abbiamo camminato nei corridoi sguazzando nel loro vomito e nel loro sangue, quando stavano male e si tagliavano le braccia con le lamette da barba, per stordirsi, per autolesionismo, per cercare sfogo alla tensione. Li abbiamo visti ammassati in quaranta o cinquanta in una specie di sala cinematografica, solo con un buco per terra per defecare, orinare o vomitare.
E quelli con il cervello bruciato dagli allucinogeni che fissavano il muro per ore; quelli che erano finiti dentro in condizioni bestiali, ricoperti di insetti e che dopo, a cranio rasato, mostravano ancora le piaghe scavate dai parassiti nella sporcizia. E i suicidi?
E gli infami che avevano appunto infamato i loro compagni e vivevano segregati in cella, perché fuori, in cortile, li aspettavano i loro compagni, compari o fornitori (spesso altrettanto e più infami di loro, ma più furbi)? E la sodomia e ogni altro tipo di violenza e sopraffazione subita per un po’ di polvere bianca ... grattata dal muro?
E ... tanto altro che non basterebbero cento numeri a descrivere.
Quanto erano liberi costoro di scegliere di rifarsi una vita? Quanti di loro avrebbero preferito un padre-padrone alla Muccioli, che li legasse pure ad una catena per tirarli su dal baratro in cui erano precipitati; invece della fredda spietatezza legale dei giudici, degli psichiatri e degli operatori cattolici tanto tolleranti e che lasciano la libertà di disintossicarsi!
Gli infami, i veri infami, che non lo hanno permesso oggi gridano crucifige! contro l’uomo che ha sacrificato tutta la sua vita e quella dei suoi cari, i suoi beni e forse domani anche la libertà, per strappare da quell’inferno ogni giovane che si è rivolto a lui.
Non vogliamo certo mettere Muccioli sugli altari, né lui lo gradirebbe.
Se veramente avesse commesso qualcosa di illecito o lo commettesse domani, dovrebbe ovviamente risponderne come tutti. Ma non dimentichiamo cosa tutti noi italiani dobbiamo ad un uomo che, invece di avere dallo stato i riconoscimenti e l’aiuto dovuto, ne ha solo ricevuto avvisi di garanzia (cioè comunicazioni giudiziarie) e processi, quasi fosse un volgare farabutto come i nostri politici e industriali di tangentopoli.
Quando finalmente il nostro povero paese si sarà liberato della droga politica, della tossicodipendenza dell’anima a cui ci hanno ridotto gli spacciatori di false ideologie oggi al potere, solo allora potremo sperare di vincere anche l’altro flagello del secolo, con tutte le sue conseguenze.
Sarà l’Aurora radiosa del giorno in cui tutto l’Italia sarà San Patrignano.

Carlo Terracciano

 

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