da "AURORA" n° 5 (Aprile 1993)

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Tangentopoli: triplice sindacale in fuga

Pierpaolo Zaccanti

Era da tempo chiaro a tutti. 
Non si poteva far finta di credere che il fenomeno Tangentopoli, questo virus che ha infettato ed infetta da anni la vita pubblica italiana, fosse limitato ai partiti di regime e non fosse pure esteso a quei sindacati che di tali partiti sono diretta emanazione.
Ora, finalmente, l’operazione Mani pulite comincia a produrre risultati anche nel mondo sindacale. Non a caso il coperchio, anche qui, è stato sollevato per primo dal giudice Di Pietro. 
Nei primi mesi dell’anno ha rinviato a giudizio quattro dirigenti nazionali della CGIL e della UIL con l’accusa di estorsione: avevano incassato dalla Kodak 137 milioni come compenso per l’accettazione di un taglio di 170 posti di lavoro (149 milioni alla CGIL e 24 milioni alla UIL).
Nell’atto di accusa si legge: «Ci troviamo di fronte a rappresentanti dei lavoratori che non hanno tenuto fede all’impegno di coscienza da loro assunto nei confronti dei lavoratori».
Non c’è bisogno di molti commenti.
Da poco tempo è esploso l’affare, finora, più clamoroso: ben 9 miliardi di tangenti pagati da palazzinari per favorire l’acquisto dei loro complessi immobiliari. Destinatari del malloppo i tre rappresentanti di CGIL-CISL-UIL nel Consiglio d’Amministrazione degli Istituti di previdenza del Ministero del Lavoro.
L’opinione pubblica non conosce appieno le dimensioni del coinvolgimento dei sindacalisti della triplice nella gestione degli Enti pubblici. 
In base al monopolio di fatto a loro attribuito, era invalsa la prassi che nei consigli d’amministrazione di qualsiasi ente pubblico o a partecipazione statale o di enti locali, fossero sempre presenti tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, come recitavano le norme appositamente create.
Maggiormente rappresentative era tuttavia un eufemismo per indicare, senza nominarle esplicitamente, CGIL-CISL-UIL.
Tra i tanti meriti che hanno avuto le diverse inchieste partite dall’operazione Mani pulite del giudice Di Pietro vi è ora anche quello di aver portato alla luce e fatto scoppiare il bubbone della sindacatocrazia che ha affiancato la partitocrazia nella gestione e nella corruzione della cosa pubblica.
La triplice sindacale non è quel mostro sacro che per un quarto di secolo hanno voluto far credere a tutti i lavoratori ed al popolo italiano.
È anch’essa, come gli altri esponenti della nomenklatura di questo regime corrotto e corruttore, cresciuta all’ombra delle tangenti e della complicità con il sistema.
I lavoratori lo hanno però ben compreso prima ancora delle incriminazioni giudiziarie: lo testimoniano le dimissioni ed i bulloni tirati in faccia a quelli che hanno riconosciuto come i nuovi padroni.
Troppi scandali verranno ancora alla luce e la marea sarà inarrestabile. È perciò patetico e maldestro il tentativo di salvarsi in extremis abbandonando le poltrone occupate in centinaia di consigli di amministrazione. 
Ormai i lavoratori hanno capito bene e non sarà questa mossa a ridare verginità a vecchie cortigiane.

Pierpaolo Zaccanti

 

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