da "AURORA" n° 7 (Giugno 1993)

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Riprendersi la strada

Gianni Benvenuti

Sul numero di "Aurora" di poco antecedente al referendum del 18 aprile u.s. apparve in prima pagina, un mio articolo dal titolo "Questa volta non facciamoci fregare". Era un invito chiaro a disertare le urne. A non farci incantare, ancora una volta, dai peana della logica elettoralistica, sempre e comunque. Il sistema dei partiti chiama, per forza bisogna schierarsi e andare a votare.
Scrivono che comunque fossero andate le cose nulla sarebbe cambiato. Da una parte i fautori del "si" e quindi del sistema maggioritario si agitavano con l’unico scopo di riciclarsi e restare in sella, nonostante le loro miriade di malefatte e vessazioni. Dall’altra i fautori del "no" e quindi del proporzionale facevano altrettanto per non sparire e per garantirsi, per qualche decennio ancora, utile per loro ma inutile per la gente e per la opposizione, un posticino al sole. Punto e basta. Scrivevo anche che il vero problema, il vero dramma italiano stava nel malgoverno e nel non governo, con tutti i partiti responsabili. Nel non aver saputo affrontare le grandi questioni irrisolte. Occupazione, disoccupazione, casa, ambiente, criminalità, scuola, sanità. E tanto altro ancora.
Da allora sono passati circa due mesi ed i fatti, volenti o nolenti, danno ampiamente ragione a quel tipo di analisi. Con una aggravante: sono tornate le bombe. Stabilizzanti e destabilizzanti che siano. Poco importa. Il copione è tragicamente e monotonamente, identico da decenni.
Mi azzardavo poi a sostenere, e qualcuno nell’area in cui mi riconosco avrà sicuramente storto la bocca, che era necessario far capire che il vero referendum gli italiani se lo dovevano giocare altrove. Lontano dalle urne. Fregandosene delle urne. Era l’unico segnale forte, e questo sì destabilizzante, che si poteva dare. Immaginiamoci un po’ cosa sarebbe accaduto se meno della metà degli italiani fossero andati a votare!
Una cosa è ormai certa e sicura: l’Italia è da tempo diventato uno strano ed incomprensibile Paese dove, tra le innumerevoli cose negative non si può né si deve più parlare di protesta sociale. Dove si deve e si può scendere in piazza solo quando esplodono le bombe. Incolonnati e irreggimentati magari da chi di quelle bombe sa e tace. Dove chi ha l’avvertenza di affermare che occorre ribellarsi e, come diceva Ernst Jünger "passare al bosco", è considerato un visionario, un disadattato, un demagogo, se non addirittura un pazzo. Sicuramente un eretico, ma ciò non dispiace affatto. Dove tutti, o quasi, si sono adagiati sul falso assunto che il nuovo passa solo ed esclusivamente attraverso il cambiamento delle regole del gioco. Il prima ed il dopo 18 aprile dimostrano l’esatto contrario. Chi si è recato alle urne, per esprimere un "si" o un "no," è stato solennemente bidonato. Sodomizzato. Come accade da cinquanta anni a questa parte. Ed allora a questo punto sorge spontanea la fatidica domanda: che fare? Ed è un interrogativo che, da parte di chi come noi da sempre si dichiara ostinatamente e fieramente antagonista di questo sistema, non può essere lasciato irrisolto. 
Occorrono risposte. Altrimenti ci rendiamo complici e corresponsabili della palude stagnante e mefitica in cui si è costretti a vivere. La risposta non può che essere una: riprendersi la strada. il che significa ritrovare il gusto e l’entusiasmo di andare tra la gente, parlare, confidarsi.
Costruire piccole o meno piccole comunità o gruppi. Cercare alleati. Cominciare a tessere la tela con lavoro paziente.
Esprimere idee e concetti chiari. Riportare la discussione sui valori. È proprio sui valori che bisogna tornare a confrontarsi e magari a dividersi. E chi, se non noi, può alzare il livello di un confronto che non esiste più?
Riappropriarsi della strada è, si perdoni il gioco di parole, l’unica via che ci è consentita. Altre non ne vedo. A meno che non si voglia continuare a predicare bene (nel chiuso di qualche stanza o in qualche convegno) e razzolare male. Comportandosi da conformisti ribelli, o viceversa. Stando al gioco dei falsi scontri basati su tesi d’ingegneria istituzionale o su alchimie elettoralistiche che nulla mutano e che consentono di mantenere lo status quo. Non è con nuove regole che si cambiano la mentalità prima e gli uomini poi. 
Incompetenti, ladri, mafiosi, faccendieri, disonesti proliferano con il proporzionale come con il maggioritario.
Occhetto, Craxi e Andreotti; De Mita e Forlani; Cossiga, Segni e La Malfa; Gava, Pomicino e Martelli, cambiano forse perché si vota in modo diverso? E come loro cambiano forse tutti gli altri? È il più mastodontico imbroglio che si tenta di far passare. Ed allora è indispensabile chiamarsi fuori. Parlare alla gente e con la gente, scendere sulla strada. Per denunciare il disprezzo che ormai partiti e uomini politici hanno per i cittadini; la manipolazione del denaro pubblico; gli intrallazzi con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, con l’alta finanza e le lobbies; la convivenza con la mafia; la responsabilità nelle stragi (da Portella delle Ginestre a Firenze); la supina dipendenza da uno stato straniero e l’adesione alla NATO.
Ed in positivo. Il richiamo al senso della solidarietà e della partecipazione effettiva; il superamento di steccati ed etichette, quali destra e sinistra, che non hanno senso e sono funzionali solo al sistema della conservazione; l’abbattimento di una società consumistica ed egoistica nella quale ci muoviamo, peraltro, servi in casa nostra; il superamento di un sistema capitalistico immorale e vergognoso; il recupero di una dignità nazionale che ci consenta di collaborare con chi e meglio crediamo (e penso al mondo arabo); un approccio serio, sereno e culturalmente valido nei confronti del problema drammatico della immigrazione. E tante altre questioni e valori che si possono e debbono proporre e riproporre, gettandole pesantemente sulla bilancia di un effettivo confronto politico e culturale. 
Fregandosene di quanto avviene nel Palazzo e di quanto vanno blaterando le stomachevoli cariatidi di un sistema che ieri era moribondo, oggi è... morto.

 

Gianni Benvenuti

 

 

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