da "AURORA" n° 8 (Luglio - Agosto 1993)

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I figli d'Italia li alleva Barilla

Attilio Cucchi

È possibile pensare alla possibilità di combattere il condizionamento operato dai media televisivi nei confronti dei bambini?

È possibile farlo senza cadere in una logica di miglioramento del sistema?

Ed è possibile affrontare questo problema in un paese dove sempre meno volano le cicogne e l'omologazione americanoide fa passi da gigante in tutte le fasce generazionali?

I quesiti sono tutti di difficile soluzione e richiedono un necessario approfondimento, tenendo conto di una serie di elementi e della fase politica in cui ci troviamo.

I quesiti non sono affatto di natura teorica, ma il portato della condizione di genitori in lotta quotidiana nel contrastare messaggi commerciali e programmi spesso discutibili e diseducativi propinati in modo affatto totalitario ai propri figli.

Si tratta di una vecchia questione che ogni tanto riemerge, già analizzata da molte angolazioni e collegata a quella più generale sulla neutralità o la nocività del mezzo televisivo.

Chi cerca di vivere con coerenza il proprio impegno quotidiano di milizia politico-culturale non può essere così miope da non considerare come essa debba coinvolgere la vita privata ed i comportamenti concreti, a cominciare dalla sfera familiare.

Qui si pone già un primo problema, quello, nell'educazione dei figli, del rapporto tra i valori proposti e la misura in cui sono vissuti.

Sul piano specifico del rigetto degli pseudo-valori consumistici il problema è particolarmente complesso, non potendosi risolvere a colpi di divieti e dovendo tener conto, nei primi anni della fase scolare, di uno scotto da pagare, una relativa, naturale tendenza al conformismo e all'omologazione dei comportamenti.

Questo sia detto, come un dato di cui tenere conto, non certo come alibi per la rinuncia a proporre comportamenti che, comunque, non sono universalmente prospettabili a tutti i bambini.

Pensando solo alla televisione va detto che una prassi specifica dei genitori, e un sostanziale accordo sull'uso contenuto del mezzo, è impensabile un comodo esercizio del diritto di voto e della proibizione pura e semplice di programmi, in sè, apparentemente innocui.

Va considerato, per esempio, che personaggi a noi francamente antipatici come Columbro o Bongiomo, oltre ad essere tra i più amati dalla stragrande maggioranza dei nostri connazionali, non evocano immagini negative nei bambini (appaiono anzi autorevoli e rassicuranti), neanche dopo che si sia spiegato il loro subdolo ruolo di imbonitori.

Il ridicolo da essi stessi emanato non è un argomento potentissimo per combatterli, e la ruffianesca bonomia dei loro colleghi nei programmi per bambini stende un velo, una cortina di fumo sulle loro tecniche di plagio.

Poiché persino il bambino più docile e ubbidiente ha un naturale senso di reazione che lo può portare ad irrigidirsi sentendo troppo ostentatamente vilipeso un personaggio a lui, ahinoi, simpatico.

Sia chiaro, parliamo comunque di situazioni in cui il bambino non sia abbandonato davanti

alla televisione, ma abbia una presenza reale del genitore, che tuttavia non è sempre in grado di riempire tutto il tempo del figlio.

Tutte queste considerazioni, che abbiamo sintetizzato ma che non esauriscono l'argomento, limitandosi peraltro al fenomeno del bombardamento pubblicitario sulle televisioni commerciali, che è solo l'aspetto più macroscopico della questione, non esimono assolutamente dall'impegnarsi nello svelare il ruolo condizionante del tubo catodico.

Fermo infatti restando l'impegno e il dovere di testimoniare anche nell'educazione un modo di concepire il mondo, ferma restando l'esigenza di farlo in primis con l'esempio e con proposte alternative, si pone chiaramente un interrogativo. Un'area antagonista peraltro ostile all'aborto, in lotta contro l'omologazione e per la difesa di tutte le culture non dovrebbe impegnarsi per ridurre l'incidenza del mezzo televisivo nella vita quotidiana, soprattutto in quella dei bambini?

Non dovrebbe lottare contro il bombardamento commerciale, contro il lavaggio del cervello che è veramente praticato proprio dai tecnocrati sociologi e psicologi che nel '68 tuonavano contro il consumismo?

Una tale area non dovrebbe in positivo impegnarsi per creare spazi e cultura alternativa per le nuovissime generazioni, anche riscoprendo quella tradizionale?

Certo, a parte tutti i problemi si dirà che esistono già organizzazioni dedite a tali scopi, ma in Italia come in Europa non esiste un progetto globale e trasversale di opposizione a tale fenomeno, neanche a sinistra.

Forse il problema principale è che gli stessi genitori sono in sintonia col sistema dei media, ma, se il paragone non è troppo azzardato, anche l'alcoolismo alla fine del secolo scorso era diffusissimo tra gli operai.

In realtà sono molti i genitori che subiscono passivamente il meccanismo degli spots nei programmi (per grandi o piccoli che siano), ma non è detto che ne siano contenti e che non potrebbero essere attratti da un linguaggio e da proposte diversi.

Tutto questo richiede naturalmente il rilancio di una cultura antimercantile imperniata sui valori della Tradizione, di un preciso impegno in senso metapolitico, evitando il rischio di fare una battaglia miglioris di abbellimento del sistema, ma ciò vale per ogni proposta antagonista.

In concreto pensiamo ad una lotta che recependo le istanze migliori anche di movimenti dei consumatori, di ecologisti, di cattolici, miri a contrastare il condizionamento televisivo, e in positivo a forme di aggregazione comunitaria esigendo anche una ridistribuzione degli spazi sul territorio.

Questo esige un approfondimento di tematiche della psicologia e della pedagogia, oltreché un coinvolgimento di operatori della scuola e rappresentanti di comunità religiose (pensiamo in primo luogo a quelle islamiche), certamente sensibili a un discorso di promozione e tutela culturale dell'infanzia.

Con tutto ciò siamo consapevoli di essere forse stati insieme schematici e velleitari, ma proprio per questo, mentre ci proponiamo di approfondire con altri articoli l'argomento, auspichiamo che possa divenire oggetto di dibattito su "Aurora".

Attilio Cucchi

 

 

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