da "AURORA" n° 8 (Luglio - Agosto 1993)

RECENSIONI

 

Aleksandr Dughin

Continente Russia

Ed. all'insegna del Veltro, Parma     pp. 103     £. 15.000

 

Traduttore russo di Guénon e di Evola, animatore di iniziative editoriali che rendono accessibili al pubblico russo le opere dei maestri della Tradizione, direttore di una rivista di studi tradizionali ("Milyj Angel") e di un periodico di analisi politiche ("Elementy"), intellettuale di punta del Fronte di Salvezza Nazionale, Aleksandr Dughin autore di numerosi saggi ed articoli di dottrina e di attualità politica, che in Russia vengono diffusi dalla stampa di orientamento patriottico e rivoluzionario-conservatore.

Nel volume intitolato "Continente Russia" l'Editore italiano ha riunito alcuni significativi scritti dell'intellettuale russo. Come si legge nella nota introduttiva, «essi posseggono un indubbio valore documentario poiché costituiscono per il lettore europeo occidentale la prima manifestazione dell'esistenza di un filone culturale russo sostanzialmente ispirato alle idee del cosiddetto tradizionalismo integrale. Ma il Valore del libro di Dughin non si esaurisce qui. I suoi saggi, prosegue il Prefatore, hanno anche e soprattutto il merito di «applicare criteri desunti dalla cultura tradizionale ad argomenti e temi praticamente inesplorati»; merito tanto più grande se si pensa che in Francia e in Italia la maggior parte degli scrittori guénoniani ed evoliani non sempre è andata al di là di una ripetizione scolastica dei concetti esposti dai rispettivi maestri».

I primi tre saggi raccolti nel presente volume sono di argomento geopolitico e riguardano rispettivamente la Russia, l'Eurasia, l'America. Il quarto, su «l'impero sovietico e i nazionalismi del periodo della perestrojka», ripropone un'idea centrale di quella scuola di pensiero che in Russia viene chiamata "eurasiatista" e si contrappone alle ristrette visuali dei nazionalisti russi e dei panslavisti: l'idea dell'Impero eurasiatico («L'impero eurosovietico da Dublino a Vladivostok», per dirla con Jean Thiriart) come unica dimensione possibile per una lotta vittoriosa contro il mondialismo e il suo supporto statunitense. Il quinto saggio, infine, tenta di rintracciare, all'origine delle ideologie politiche, tre posizioni metapolitiche in conflitto tra loro. Si tratta di un'operazione che, secondo l'Autore, potrebbe consentire di comprendere fenomeni apparentemente contraddittori e, anche, di individuare i motivi profondi della solidarietà che storicamente si instaura (o potrebbe instaurarsi) tra movimenti e dottrine formalmente estranei, come, ad esempio, l'eurasiatismo imperiale e la Rivoluzione islamica.

Fabio Pini

 


 

Stefano Fabei

Guerra santa nel Golfo

Ed. all'insegna del Veltro, Parma 1990     pp. 250    £. 26.000

 

Questo libro, che rievoca la Guerra d'indipendenza anglo-irachena del 1941 inquadrando l'appoggio italo-tedesco all'Irak nel contesto della politica araba della Germania nazionalsocialista e dell'Italia fascista, è uscito in una circostanza molto speciale: nel momento dell'aggressione occidentale contro l'Irak avvenuta tre anni fa, per la seconda volta nel giro di cinquant'anni.

L'autore, che con Renzo De Felice è in Italia l'unico ricercatore ad aver indagato con una certa assiduità il tema dei rapporti intercorsi tra i paesi dell'Asse e il mondo musulmano (ricordiamo il suo "Politica maghrebina del Terzo Reich", pubblicato anch'esso dalle Edizioni all'insegna del Veltro) fa rivivere un episodio storico al quale nessuno praticamente accennò, sulle colonne della cosiddetta stampa d'informazione, al tempo dell'operazione di polizia internazionale che inaugurò ufficialmente l'era del Nuovo Ordine Mondiale. Eppure la guerra santa decretata dal Muffi di Gerusalemme e combattuta dall'Irak nel 1941 coinvolse direttamente anche noi Italiani, anche perché il regime di allora, oltre a schierarsi a fianco di Bagdad; offrì asilo politico ai dirigenti iracheni dopo la sconfitta del loro paese.

Ma forse non è un caso che quell'episodio sia stato cancellato dalla nostra memoria storica: ed il sostegno nazifascista a una guerra di liberazione anticoloniale potrebbe sconvolgere alcuni schemi consolidati ... Quanto al neofascismo, schierato come sempre su posizioni di difesa dell'Occidente al servizio dei suoi padroni atlantici, non era proprio il caso che si ricordasse di un evento in cui il fascismo aveva tenuta una posizione diametralmente opposta: contro l'Occidente a fianco dell'Islam.

È naturale dunque, come ha osservato Franco Cardini, che questo libro abbia avuto ben poche recensioni. Tra le poche, notevole quella apparsa a suo tempo su "l'Umanità", che stabiliva un curioso parallelo tra Rashid Ali al-Kailani (il capo del governo d'allora, affiancato dal tristemente noto Gran Muffi di Gerusalemme, che collaborò allo sterminio degli Ebrei" [sic]) e Saddam Hussein. Ma interessante anche la recensione apparsa su "La Voce Repubblicana", che riuscì a invertire le parti tra l'oppressore colonialista e il popolo colonizzato, e scrisse testualmente: «L'aggressione irachena (sic) trovò, allora come oggi, entusiastici sostenitori ...».

Una pagina di guerra del passato, dunque, ma una pagina da cui emerge un paradigma per comprendere gli scontri del presente.

 


 

Marco Pirina - Annamaria D'Antonio

Adriatisches Kuestenland 1943/45
(zona d'operazioni Litorale adriatico)

Ed. Centro Studi "Silentes Loquimur", Pordenone '92    pp. 340    £. 45.000

 

Il potere mondialista, l'idra plutocratica che soffoca le legittime speranze di libertà dei popoli, nella sua apparentemente inarrestabile marcia verso un regime totalitario mondiale, ha incontrato nella Storia la dura resistenza di etnie e popoli decisi a lottare senza tregua per i propri valori etnico-nazionali. La IIª Guerra Mondiale è stata certo -nella sua epocale lotta fra opposte o irriducibili visioni del mondo, uno dei momenti nei quali il potere mondialista ha più vacillato.

Ricostruire le fasi e le tappe, dar nome ai protagonisti e restituire ad eventi demonizzati dalla storiografia di regime: ecco un compito imprescindibile per ogni studio storico anticonformista e proiettato in un'ottica di radicale opposizione ai progetti mondialisti: «Chi conosce le radici più lontane, possiederà il futuro», recita un antico proverbio riflettendo l'eco di una saggezza mai spenta.

Nel 1943/45 il Litorale Adriatico (l'area all'incirca compresa tra Venezia e Fiume) ha conosciuto una delle più accese fasi di lotta antimondialista. In quegli anni, crollato il regime fascista a causa degli innumerevoli compromessi con le forze reazionarie e per colpa del colpo di grazia infertogli dalla reazione borghese laico-massonica, nella cruciale area geopolitica veneto-giuliana, (centro di incontro-scontro fra Occidente ed Oriente d'Europa - crogiuolo di etnie e storie fra loro non assimilabili) si verifica un assoluto vuoto di potere politico, proprio mentre la lotta per l'Ordine Nuovo Europeo si faceva più serrata.

Nasce così il progetto nazionalsocialista di creare una area politica autonoma, una sorta di zona franca a spiccato carattere etnico, conforme ad indole, natura e storia di queste popolazioni di comune lontana matrice celtica.

Nacque così l'effimera stagione di uno Stato che voleva rinverdire i fasti della Mitteleuropa coniugandoli al socialismo rivoluzionario antiborghese elaborato dal nazionalsocialismo.

Progetto questo improponibile nei foschi bagliori dell'ultima, fase del conflitto mondiale. Progetto, comunque, che i detentori del potere della restaurazione democratica postbellico hanno tenuto nascosto per quarant'anni. Perché? Le pagine di questo documentatissimo libro, nella loro ricca, inedita, esplosiva documentazione, svelano retroscena e misteri del progetto hitleriano dell'Adriatische Kuestenland.

Perché in questa periferica area d'Europa si svolsero così accaniti scontri ideologici, razziali militari?

Forse è ancora presto per cogliere tutte le valenze di questo convulso periodo storico, ma, certo, questo libro, costituito in gran parte da documenti inediti mai resi noti al pubblico e gelosamente custoditi negli archivi di Stato (scoperti con tenacia ammirevole da parte degli Autori, anche a costo di gravi rischi personali), può dar spunti di riflessione ad un ricercatore attento.

Allora si potrà intuire la grandiosità -tragica e disperata nel contempo- del progetto della Nuova Europa a base etnica che il più eroico e sfortunato nazionalsocialismo volle progettare nelle fosche e corrusche pagine conclusive della propria tragica epopea.

 

Edoardo Longo

 

 

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