da "AURORA" n° 9 (Settembre 1993)

L'INTERVENTO

L'antagonismo possibile

Giuseppe Santoro 

Nel caos anche semantico della modernità è assurdo e pericoloso dare al termine "comunismo" (1) un significato estraneo al marxismo-leninismo ed alla sua concreta e militante forma storica: il Bolscevismo sovietico che, complementariamente al liberismo ideologico ed economico, costituì l'altro volto della stessa sovversione e della stessa anti-Europa cui il Fascismo europeo volle radicalmente opporsi.
Altrettanto equivoco è voler qualificare "il movimento rivoluzionario leninista" come una delle espressioni possibili della stessa «rivolta contro il potere e le istituzioni borghesi, contro il mondo capitalista-industriale» che ha espresso il Fascismo in Italia e il Nazionalsocialismo in Germania (1). Affermare che «morfologicamente la struttura dello Stato secondo le coordinate tradizionali è molto simile a quella bolscevica» e paragonare il potere coesivo dell'autorità sacrale e sovranazionale delle concezioni imperiali europee (si pensi a Roma, a Federico II ect.) all'autorità extranazionale del "potere di classe" che univa (sic) le repubbliche sovietiche (1), significa confondere il concetto di Stato nazionale con quello di Impero tradizionale ed il termine extranazionale (cioè estraneo alla nazione) con quello sovranazionale (che non nega ma riassume le nazioni).
Che poi Bombacci, uno dei fondatori del partito comunista, «si arruolò però nella RSI e seguì Mussolini sino all'ultimo» e che «Goebbels proveniva dalle file dei nazionalbolscevici» (1) dimostra semplicemente che persone oneste ed interiormente libere seppero riconoscere nel Fascismo e nel Nazionalsocialismo (come anche quei socialisti e comunisti che aderirono, per esempio, al Rexismo, alle Croci Frecciate o alla Guardia di Ferro) i veri antagonisti del "mondo capitalistico-industriale" e le vere rivoluzioni contro il potere e le istituzioni borghesi. Se oggi il neo-comunismo russo non è più comunista in quanto ammetterebbe la proprietà privata dei mezzi di produzione in un contesto di utilità sociale e difenderebbe le radici etniche degli Stati opponendosi alla occidentalizzazione americanomorfa dell'ex-URSS, allora bisognerebbe avere la correttezza di non considerarlo equivocamente neo-comunista bensì come un'approssimazione al fascismo.
Altra mistificazione è affermare che «il concetto di Nazione è invece un (...) concetto illuministico tout court..» (1) dimenticando che il concetto illuminista fu solo l'uso in senso antimperiale, antitradizionale e sovversivo del concetto di nazione, che di per se indica solo un'ampia comunità umana tracciata nel tempo dal succedersi delle generazioni e che partecipa allo stesso Sistema di Valori pertinente al proprio substrato biologico-razziale. Nazioni erano le Gens romane e latine, i cittadini ateniesi e spartani, i Germani, gli Ebrei, e per quanto ci riguarda più da vicino lo sono le attuali popolazioni europee se non saranno definitivamente snaturate dalla guerra culturale e politica del mondialismo capitalista e dall'attuale ondata migratoria extraeuropea (3).
Il nuovo e l'originale possono riguardare solo le modalità ed i mezzi di affermazione di un Sistema di Valori che, per chi rifiuta la concezione giudaico-cristiano-illuminista del mondo, non può che essere intessuto delle radici e della storia del nostro mondo classico e dei sistemi politici ad essi ispirantisi.
«Per garantire una tale continuità, pur tenendo fermo ai principi, abbandonare eventualmente tutto ciò che deve essere abbandonato, invece di irrigidirsi e di gettarsi allo sbaraglio quasi per panico, e di cercare confusamente idee nuove quando si verificano delle crisi e i tempi mutano...» (4).
Nel modo in cui si vogliono prendere le distanze dall'idea classica di "regia occulta planetaria" del Mondialismo, idea che continuerebbe a caratterizzare la cultura della destra radicale (1), traspare proprio una certa smania di originalità e di cercare peculiarità e differenze dove sostanzialmente non ce ne sono. Oggi esistono sia ben concrete organizzazioni munite di cervelli pensanti, sia un'atmosfera culturale, diffusa attraverso i canali mass mediali, che ha acquisito una certa autonomia ed una interazione sociale di tipo cibernetico. Tutto qui.
Infine, oggettivamente concordante col progetto mondialista è l'affermazione «io non sono contro l'immigrazione» (5) ben sapendo quanta parte organizzazioni internazionali mondialiste (Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, etc.) e la politica estera statunitense (ed in passato anche sovietica) abbiano avuto nella genesi di queste spinte migratorie.
Affermare poi che «lo Stato (con la maiuscola) dovrebbe essere veramente multietnico» (5), trascurando imperdonabilmente il criterio fondamentale di incompatibilità e assimibilità culturale e razziale tra etnie differenti, può significare che, evidentemente, lo scenario mondiale osservato dal redattore di "Orion" attenendosi «il più possibile alla realtà dei fatti con disincanto e senza romanticismo» (5) non comprende gli USA, il Sud Africa né ciò che resta dell'URSS, della Jugoslavia o della Cecoslovacchia, Stati multietnici per eccellenza, né l'Italia dopo i recenti fatti di Salerno e di Genova.
Solo così si può capire che è soprattutto l'Europa, l'Europa vivente delle etnie europee, delle Nazioni europee ad essere minacciata dalle conseguenze dell'immigrazione extraeuropea, e che proprio gli immigrati sono ciechi strumenti di un'ulteriore sconquassamento etnico, sociale e culturale della nostra Europa.
Si è evidentemente vittime di quella pulsione autodistruttiva che «si rinviene anche sublimata in quel razzismo alla rovescia che mortifica tutto ciò che ci riguarda e, mentre è disposto a battersi per i diritti e le identità di qualsiasi altro popolo, rimane cieco e indifferente alla identità e ai diritti dei popoli bianchi» (6).
Auspicare e addirittura contribuire attivamente al consolidamento in territorio europeo di etnie estranee alla sostanza biologica, culturale e spirituale autenticamente europea (7) significa favorire non solo l'assimilazione degli immigrati allogeni bensì quella degli europei stessi all'interno dell'atmosfera psico-comportamentale del Nuovo Ordine Mondiale.
Per quanto riguarda «le nuove sintesi ideologiche euroasiatiche» (2) è ovviamente auspicabile che un'Europa forte e consapevole della propria unità biologica e spirituale sappia, in un più o meno prossimo futuro, realizzare quel progetto geopolitico già concepito ed incarnato dalle élite europee sul "fronte dell'est", progetto che vedeva la Russia avanguardia dell'Europa in Asia (e non viceversa).
Attualmente la vera scelta non è tra l'Europa del libero mercato e l'Islam (e perché no l'Induismo o il tribalismo animista africano o il sicretismo afro-cubano, data la varietà culturale offerta dall'immigrazione extraeuropea), ma tra l'Europa (la sola che possa essere definita tale: quella indoeuropea) e un'Eurasia o Eurafrica in cui il termine Europa sia solo un riferimento geografico. Scegliersi il padrone non cambia la condizione di schiavi.
Certamente vanno ricercate alleanze tattiche con altre realtà culturali in contrasto col Nuovo Ordine Mondiale: ma tale tatticismo pur leale non può implicare l'occupazione territoriale, il sovvertimento sociale e la sostituzione biologica all'interno dell'Europa da parte di tali alleati. 
Ma qui evidentemente si è attraversata anche la nozione tradizionale riscoperta dalla scienza attuale per cui il «patrimonio genetico ereditario condiziona i caratteri etici, la forma di coscienza riflessiva, l'immaginario simbolico, la struttura del linguaggio e così via. Ovvero condiziona tutto quanto attiene alla sfera culturale ...in sostanza ...la cultura -proprio in quanto opera umana- è espressione di un bagaglio genetico» (7).
In Europa la presenza di razze e nazioni geneticamente e spiritualmente non assimilabili, cioè non indoeuropee, nella attuale condizione di debolezza culturale e politica delle nostre nazioni, sarebbe solo un'ulteriore passo avanti verso una «società senza razze, un ibrido senza radici e senza storia con individui-tipo deculturati e regrediti ad un livello bio-psichico elementare» (8).
Qui è accaduto che a furia di essere "anti" si è trascurato il proprio essere e definirsi in positivo e non solo rispetto a qualcosa che, pur a ragione, si vuole negare. È così che essere Antagonisti e ricercare alleanze sono diventati il fine stesso dell'attività politica e non semplici mezzi contingenti per la riaffermazione del proprio sistema di valori, della propria identità ad un tempo biologica e spirituale.
Il fronte al cui interno si colloca ha finito con l'occupare tutto l'orizzonte esistenziale e culturale della propria identità affermativa e non solo oppositiva. E tale identità non può essere quella solita, scontata, classica. Perché l'identità non la si sceglie, non la si sintetizza: la si può solo riconoscere; ad essa si può solo essere fedeli. L'alternativa non porta "oltre" bensì solo alla perdita di senso e all'autodistruzione personale e sociale. 

 

Giuseppe Santoro 

1) Intervista a Maurizio Murelli. ("Aurora" Anno 5 - Numero l, pag. 8) 
2) "Eurasia" M. Murelli . ("Aurora" Anno 5 - Numero 2, pag. 4) 
3) L. Ragni: "Il Mondialismo capitalista" Edizioni dell'Uomo Libero '92 - Milano 
4) Julius Evola: "Gli uomini e le rovine". Volpe Editore '72. Roma 
5) Intervista a M. Murelli. ("Aurora") 
6) Umberto Malafronte: "Razza e Usura"
Edizioni di Ar 1991, pag. 3l 
7) U. Malafronte: "Razza e Usura", pag. 3O 
8) U. Malafronte: "Razza e Usura", pag. 23 

 

 

articolo precedente indice n° 9 articolo successivo