da "AURORA" n° 9 (Settembre 1993)

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L'ONU è in crisi? Disfiamolo

Renato Pallavidini

L'altra sera, 5 agosto, la Tv ha trasmesso la notizia che il Segretario Generale dell'ONU si è appellato agli Stati membri affinché onorino i loro impegni finanziari nei confronti dell'organizzazione. In caso contrario le casse delle Nazioni Unite si esaurirebbero rapidamente, è non sarebbe più possibile organizzare le spedizioni umanitarie alle quali ci hanno ormai abituato i bombardieri americani.
Meno male che ogni tanto arriva una buona notizia e speriamo in bene, anche a nome della popolazione civile di Bagdad! Sono buone notizie non solo alla luce di quanto successo in Iraq prima e in Somalia poi, spedizioni di pace che si sono rapidamente rivelate, anche agli occhi di sempre più vasti settori dell'opinione pubblica, classici interventi dell'imperialismo americano a difesa dei propri interessi economici, militari e geopolitici.
Sono buone notizie anche in relazione alle nostre ragioni ideali e alla stessa storia delle Nazioni Unite. Auspichiamo decisamente che si disfi in mille pezzi questa sedicente organizzazione cosmopolita, che ha riprodotto su più larga scala le contraddizioni della Società delle Nazioni.
Siamo favorevoli al disfacimento dell'ONU per ragioni ideali, in quanto è nostra opinione che ogni popolo debba operare in assoluta indipendenza sullo scenario interno e sullo schacchiere internazionale. In base a questo sacrosanto principio noi concordiamo con il filosofo tedesco GWF Hegel, il quale nella sua filosofia della storia afferma che il popolo rappresenta la libertà assoluta, e si confronta con ogni altro popolo come un'individualità indipendente, avulsa, secondo le teorie giusnaturalistiche del Sei-Settecento, per la sua condizione originaria, da qualsiasi condizionamento esteriore. 
Sarà il "Weltgeist", lo spirito del mondo che si svolge nella storia a giudicare quale popolo agisca correttamente e sia destinato a informare di sé un'intera epoca storica.
L'idea di un centro di potere cosmopolita, frutto della partecipazione paritaria di tutte le popolazioni del globo terrestre ed equidistante da ognuna di esse, è una squallida utopia illuministica come ebbe a riconoscere anche J. J. Rosseau, che la respinse a favore della intangibilità dell'indipendenza dei singoli Stati.
L'ipotesi di un organismo sovranazionale equidistante è un principio generico e formale, frutto di una razionalità astratta, destinata come tale per necessità logica a desumere i suoi contenuti concreti dai rapporti di forza fra i vari Stati storicamente esistenti. In pratica il contenuto concreto di un organismo cosmopolita, che in base ai propri presupposti razionali vorrebbe essere equidistante dai singoli organismi statali, diviene l'egemonia degli Stati più forti, delle cosiddette superpotenze. Il discorso a livello logico-speculativo potrebbe incanalarsi su sponde ancora più specialistiche, riproponendo in chiave strettamente politica l'intera critica hegeliana all'imperativo categorico kantiano. Ciò che tuttavia conta, per noi, è il fatto che i più importanti filosofi contemporanei all'illuminismo fossero in grado di prevedere in base a precisi assunti logici che un organismo sovranazionale non può prescindere dai concreti rapporti di forza tra i singoli Stati aderenti, e ne diviene necessariamente la copertura ipocrita.
Questa contraddizione intrinseca alla stessa idea cosmopolita si fa storia concreta prima con la Società delle Nazioni e poi con l'ONU. Organismi che sin dall'inizio furono concepiti dal capitalismo mondialista anglo-americano per tutelare gli interessi globali, come ben dimostra un'analisi dettagliata dei "18 punti" di Wilson del 1918.
L'ONU in particolare sbandò sempre tra due diverse situazioni. O la paralisi, determinata dai veti incrociati fra USA e URSS, che la proponevano come organismo parolaio ed inutile, o la copertura politica dell'imperialismo americano e dei suoi interventi assassini in tutto il Pianeta, a cominciare dalla Guerra di Corea del 1949 per finire ai bombardamenti su Mogadiscio.
Visto questo scenario, e in considerazione delle nostre ragioni ideali che ci spingono alla difesa intransigente dell'indipendenza nazionale, la nostra conclusione politica è che si deve aprire nel Paese un dibattito per portare l'Italia fuori dalla NATO, ma anche fuori dall'ONU che sta diventando l'estensione planetaria dell'Alleanza atlantica. 
Le Nazioni europee, e prima fra tutte la Nazione italiana, se vogliono trovare le radici della propria comune identità storica, etnica e culturale, e avviare un processo di unificazione politica, devono ritrovare innanzi tutto la propria indipendenza rispetto a questi organismi egemonizzati dagli Stati Uniti, e dagli interessi economici e geopolitici che questa antinazione di drogati e assassini esprime e tutela.
Si tratta di una condizione di sopravvivenza culturale e politica, che può anche porre le basi, all'interno dei vari paesi europei, per una nuova e più forte stagione di contestazione dei grandi gruppi industrial-finanziari che di questa egemonia americana sono stati complici e succubi per quasi un secolo di storia tormentata. 

Renato Pallavidini

 

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