da "AURORA" n° 9 (Settembre 1993)

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Nel 1985 le edizioni di Ar pubblicarono "Risguardo IV", volume collettaneo. Una "Professione d'identità" della comunità umana e politica allora ruotante attorno alle suddette Edizioni. Tra gli interventi, quello del sottoscritto dedicato alla politica internazionale: "Nel fiume della Storia" che divenne anche il titolo della rubrica di Geopolitica sulle pagine della rivista mensile "Orion".
In otto anni il Mondo ha assistito a sconvolgimenti epocali che hanno completamente ridisegnato il quadro internazionale; in primis, la dissoluzione dell'Unione Sovietica e del relativo sistema imperiale in Europa, ma anche in Asia e Africa. Conseguenza, nel nostro continente, la riunificazione della Germania e la speculare disintegrazione centro-europea e balcanica (Cecoslovacchia, Jugoslavia, per non parlare dell'ex-URSS). 
L'Italia è sulla stessa strada, anche in considerazione del nuovo ruolo di prima linea, meridionale e mediterranea, del fronte imperialista americano-sionista contro le rivoluzioni islamiche dell'Africa del Nord e del Medio Oriente; essendo questo il nuovo fattore rivoluzionario dell'attuale scacchiere internazionale, l'obiettivo strategico dell'imperialismo neo-coloniale in Africa, in Asia, ma anche in Europa e più generalmente in Eurasia.
Abbiamo potuto constatare tutta la fondamentale verità ed attualità delle linee strategiche essenziali.
Abbiamo quindi apportato solo piccole modifiche, per lo più inerenti il ruolo dell'URSS oramai dissoltasi, ma dalla quale siamo certi verranno le nuove spinte future per l'unificazione dell'Eurasia: unità storica e Geopolitica qui di seguito ben esplicitata. Proponiamo questo studio ai lettori di "Aurora", anche come contributo al dibattito e invito al superamento dell'eterno, questo sì, "provincialismo italiota". (Carlo Terracciano)


Nel fiume della Storia

(Contributo ad una ridefinizione della politica estera italiana
nel quadro geopolitico eurasiatico)

Carlo Terracciano

 


«Nobile vita, ricca di elementi così fusi, che può natura sorgere e dire all'Universo:
questo fu un Uomo!»


«Se muore un guitto non vedrai comete, tutto il cielo brucia quando muore un grande»


La politica estera rappresenta il campo, oggi di dimensioni planetarie, nel quale le comunità nazionalpopolari, organicamente intese e coscientemente strutturate in comunità di destino, interagiscono nell'incontro/scontro con le altre entità nazionali e/o internazionali, per il mantenimento della propria esistenza vitale e il conseguimento delle mete future.
Ben conscie esse dell'interna rigenerazione dei principi metastorici nel loro ciclico incarnarsi in popoli e nazioni, che lottano per la difesa e affermazione della propria specificità, della loro essenza vitale nello spazio geopolitico e nel tempo storico.
Punti fondamentali della nostra concezione storica sono:
l) Il ripudio della visione della storia lineare e indefinitamente progressiva per uomini e civiltà, sfociante questa nell'attesa messianica dell'utopico livellamento universale, annullatore delle specificità nazionali, instauratore del pacifismo ed egalitarismo cosmici.
2) La visione organicistica delle civiltà le quali, pur contrassegnate da caratteri di superindividualità -rispetto agli elementi componenti- e di tendenziale metastoricità -rispetto a fini d'ordine superiore- seguono le fasi di sviluppo del mondo organico: nascita e crescita in giovinezza, maturità, degenerescenza e infine morte. In tale contesto è nostro intendimento lo studio applicato della spengleriana "morfologia della storia" mondiale nei più disparati domini del pensiero e delle realizzazioni umane, per l'individuazione del sistema delle corrispondenze sincroniche nei vari cicli di civiltà. Il tutto alla luce di una Weltanschauung tradizionale che ci rende ben consci di approssimarci al definitivo tramonto della moderna civilizzazione faustiana-meccanicistica e alla rivoluzionaria restaurazione di un nuovo ordine planetario e cosmico. 
3) La completa, responsabile coscienza che lo scontro di popoli e civiltà si realizza, praticamente, in uno spazio geografico e in un quadro storico-politico-demografico (nonché socio-economico) da cui non si può prescindere nella presente elaborazione di ipotesi e tesi (oltreché proposizioni e proposte) di politica internazionale. La realtà geopolitica è come il letto di un fiume. Essa segna il cammino obbligato delle acque, ma rimane secco e privo di vita senza l'onda creatrice della volontà la quale, d'altra parte, diviene portatrice di catastrofi e/o si disperde nella palude delle contingenze quando travalica i confini segnati dalla realtà.
«Dove c'è una volontà c'è una via; dove c'è una via deve agire una volontà». 
Posti i valori fondamentali dell'azione e avendo ben chiari i fini ultimi della medesima (di cui diremo in seguito), superando in una visione unitaria la consueta distinzione tra politica interna ed estera, restano da individuare gli agenti della storia contemporanea, le forze in campo dentro e fuori i tradizionali confini nazionali, inquadrando a sua volta lo scontro in atto nella storia e nella geografia politica che ci circonda.
Al di là, al di sopra, oltre e (se necessario) contro i vuoti e superati ideologismi moderni, la nostra politica sarà sempre realisticamente conscia dei dati reali e fatuali: in una parola sarà "realpolitik"! Pronta quindi a sacrificare il particolare al generale, il contingente all'essenziale, il momentaneo al duraturo; libera tanto dai ceppi del piccolo moralismo borghese, laico o religioso che sia, quanto dai miopi utilitarismi materialistici contingenti che si celano dietro il logoro cencio sventolato dalla borghesia cosmopolita, egualitaria, vilmente pacifista e avidamente cinica. 

Gli agenti (la corrente del fiume e i suoi ostacoli)

Al di sopra degli individui, dei partiti, degli Stati che recitano la loro parte sul grande palcoscenico del mondo (e in parte ignoti a popoli e nazioni) esistono forze, ben specifiche, che tirano le fila dell'economia, della politica, della cultura e dell'opinione cosiddetta pubblica. In una parola della storia. Per quanto più direttamente ci riguarda, possiamo isolare e analizzare le forze odierne principali, gli agenti privilegiati dell'assoggettamento dell'intero pianeta:
a) il cristianesimo (in particolare nella sua variante cattolica, più numerosa, ricca, potente e strutturata delle altre fazioni dei "seguaci di Cristo");
b) il capitalismo (in specie il neo-capitalismo finanziario che, nella prospettiva della moderna società post-industriale, manifesta la sua strategia globale di potere nel governo plutocratico mondiale);
c) in quanto al "capitalismo di Stato", espressosi storicamente nella dottrina e prassi marxista, il suo destino relativamente breve è stato definitivamente segnato dalla sconfitta ed eclissi dell'impero sovietico e relativi satelliti. Potrà risorgere come "comunismo imperiale", ma in forme totalmente rinnovate e di senso contrario solo identificandosi con il destino dell'Eurasia unita.
Cristianesimo, capitalismo e capitalismo di stato presentano tali e tanti aspetti comuni da essere necessariamente e oggettivamente portati a forme di collaborazione e di coordinazione strategica nell'ambito di un medesimo sistema mondialista di potere e sfruttamento. La comune radice dei tre fenomeni va sostanzialmente ricercata nello spirito giudaico, nella visione monoteistico-messianica del giudaismo. Se il cristianesimo, nonostante gli apporti etno-culturali europei posteriori, è marcato indelebilmente dalla sua origine quale scisma interno del monoteismo jahvista, il capitalismo moderno discende direttamente dalla medesima radice etnica e culturale, germina nei ghetti d'Europa, dilaga attraverso le sette protestanti impregnate di biblismo per il continente europeo e per il mondo intero. Come spirito sovversivo e ribellistico tra le nazioni dei gentili l'ebraismo genera, direttamente dal tronco capitalistico, il marxismo. Infine portata a termine l'opera di destabilizzazione e distruzione se ne sbarazza, riconfluisce nel sionismo, del quale la nazione israeliana rappresenta semplicemente la punta di un iceberg che definiremo sionismo internazionale, ribaltando solo in apparenza l'origine storico-politica del termine sionismo.
Caratteristiche di tutte e tre le forme assunte storicamente dallo stesso generante sono: l'internazionalismo cosmopolita, l'egalitarismo distruttore delle autentiche gerarchie funzionali dei popoli, il falso pacifismo, generatore alla bisogna di crociate mondiali e genocidi, la fede messianica in una storia lineare e progressiva, l'asservimento di uomini, popoli e interi continenti a un totalitarismo intollerante delle particolarità e specificità razziali e culturali.
Esiste perciò una coincidenza nella conservazione dell'attuale stato di cose, coincidenza di origine, di comportamenti e di interessi che superano le momentanee e apparenti motivazioni di contrasto. Non reale conflitto, quindi, bensì coordinazione di strategie nell'ambito del Sistema Mondialista di Potere; tutt'al più è ammessa la concorrenza nella spartizione del bottino mondiale. 
Gli apparati politico burocratici (partiti, parlamentari etc.), sociali (imprese, banche, sindacati etc.), militari (eserciti, polizie, servizi segreti etc.), religiosi (chiese, sette etc.) delle singoli nazioni o internazionali in specie, non sono altro che gli strumenti che il potere mondialista utilizza volta a volta (contemporaneamente e pure in apparente contrasto) per la divisione e l'asservimento dei popoli, i quali naturalmente tendono invece alla specificità, alla libertà, all'indipendenza. 
Gli apparati imperialistici economici-militari-ideologici degli USA e quelli economici-dottrinari del Vaticano sono gli strumenti privilegiati dal potere mondialista nel sistema mondiale di assoggettamento dei popoli. Dietro costoro, nell'ombra, l'Internazionale sionista tira le fila; le sue èlites tengono il mondo prostrato in adorazione del nuovo vitello d'oro sotto il tallone dei figli privilegiati del popolo eletto.
Il quadro reale della moderna politica internazionale dev'essere tenuto sempre ben presente per poter valutare le essenzialità dello scontro in atto. La valutazione anche del più piccolo avvenimento sulla schacchiera del mondo deve essere interpretato con la suddetta chiave di lettura per cogliere l'essenziale dietro le apparenze, la realtà dietro il velo di màya o meglio la cortina fumogena stesa dai potentati e dai loro sempre più perfezionati mezzi di comunicazione di massa per ipnotizzare il mondo. Se così stanno le cose, una capillare opera d'informazione si dimostra l'arma privilegiata per smascherare il grande inganno. D'altra parte la potenza imperialista USA, manifestazione politico-militare della reale forza in campo, non agisce in un teorico vuoto assoluto, ma al contrario sul terreno concreto della quotidiana realtà, sulle tangibili realtà di popoli e continenti. Il teatro di incontro (diretto) e di scontro (per interposti attori), di intese e di concorrenza, risulta oramai quello dell'intero pianeta terrestre (e oltre ... l'imperialismo punta alle stelle, rappresentate perfino nelle rispettive bandiere siano queste a cinque o sei punte). Per affrontare la lotta si rivela quindi indispensabile conoscere il terreno di guerra: la realtà geopolitica. 

La realtà geopolitica (il letto del fiume)

«Guai al popolo i cui capi, i gruppi dirigenti e le masse non riconoscano le ore decisive della Weltpolitik (...) il proprio essere nell'unità di sangue e terra, nella loro coscienza legata alla realtà geografica del suolo. Solo essi possono guardare dall'alto il futuro della razza e del popolo, all'edificazione della potenza (...)». (Karl Haushofer, Weltpolitik von Heute, Berlin 1934, pag. l24)
La geopolitica è la dottrina che studia i fenomeni politici nella loro distribuzione spaziale e nelle loro cause e rapporti ambientali, considerati anche nel loro sviluppo. 
Per comprendere la tendenza della politica estera nordamericana e di quella russa di ieri bisogna conoscere la situazione geopolitica globale e le tendenze storico-geografiche dei due plurisecolari imperi moderni.
Costantemente, il moto espansivo della Russia (favorito per esempio nella parte europea dalla conformazione radiale dei fiumi) ha avuto una direzione a cerchi concentrici; approfittando poi di un vuoto di potenza e demografico nel nord asiatico-siberiano, ha seguito il reale confine tra la massa dell'Asia continentale e la realtà geopolitica detta Eurasia, in cui l'Europa non rappresenta che l'appendice peninsulare a ovest. In una moderna visione imperiale pluricontinentale Europa e Siberia rappresentano una continuità territoriale geopolitica solo astrattamente separata nella geografia scolastica dal rilievo uralico. Il vero confine storico, etnico, geopolitico tra Asia ed Europa corre nella linea che, dalle montagne del Caucaso, attraverso il Caspio e i deserti dell'Asia centrale passando per l'Altaj e l'Amur-Ussuri, sfocia nel mare del Giappone. La vera Asia gialla è a sud di questa linea, suddividendosi poi in entità sub-continentali come l'area islamica mediorientale, il sub-continente indiano, l'Indocina, le isole. L'Asia siberiana, immenso territorio semideserto è il naturale prolungamento dell'Europa (e/o viceversa). 
L'integrazione economico-politica tra l'attuale spazio russo (a parte il centro-Asia musulmano) e il continente europeo è lo sbocco indicato dalla geopolitica. L'imperialismo russo ereditato dagli zar e quello modernizzato-ideologizzato dal potere sovietico fu ben conscio di ciò: l'obiettivo strategico è l'Europa. Ma per puntare all'unificazione eurasiatica dovette seguire la tradizionale politica di espansione zarista diretta allo sbocco nei mari caldi, (Mediterraneo - Oceano Indiano) con una politica contravvolgente in Asia e Africa per aggirare il cordone sanitario (!) statunitense (la politica dell'anaconda)! E proprio lì fallì. Da parte loro gli Stati Uniti hanno proseguito nei secoli una direttrice espansiva da est ad ovest (il Far West della civilizzazione americana), che ha portato i primi coloni nelle coste atlantiche fino alla California e al Pacifico e da lì nelle Haway, nelle Filippine e in Asia stessa, dopo aver sconfitto il Giappone fautore dell'indipendenza asiatica dal colonialismo bianco e di un Nuovo Ordine asiatico: l'Asia agli asiatici. Il fronte europeo nella IIª guerra mondiale rappresentò per gli USA un campo di battaglia secondario, necessario a coprirsi le spalle e a impedire l'unificazione del Vecchio Continente sotto guida tedesca (o egemonia sovietica). La marcia asiatica degli yankees si è arrestata solo momentaneamente in Indocina, con conseguente crisi d'identità di una nazione imperialista che ha trovato il punto limite di espansione politico-militare-ideologica tra le paludi indocinesi. Creazioni geopoliticamente artificiali e artificiose come la NATO, la SEATO o la defunta CENTO furono create esclusivamente in funzione della difesa del territorio metropolitano degli Stati Uniti. La NATO ha trasformato l'Atlantico in un lago americano, nel "Mare Nostrum" statunitense dove il civis americanus regna incontrastato o quasi. In tale prospettiva geopolitica planetaria, l'Europa non sarebbe altro che la terza sponda statunitense (e l'Italia marca di confine periferica) destinata nei piani della Casa Bianca ad assorbire l'impatto militare e nucleare di un potenziale attacco ieri sovietico, oggi islamico. D'altra parte del mondo la stessa funzione cuscinetto è assolta dalla striscia di isole e penisole asiatiche (Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Indocina -fino al 75-, Filippine, Indonesia, Malesia, Oceania): Stati che assicurano la difesa dell'America completando uno schieramento che vede la piattaforma continentale americana al centro ben protetto del sistema di difesa. 

Carlo Terracciano

 

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