da "AURORA" n° 11 (Novembre 1993)

EDITORIALE

Antagonismo di popolo

Luigi Costa

Analizzare la situazione del nostro Paese, in uno qualsiasi dei suoi aspetti, ci pare ozioso e superfluo. 
Il degrado della società italiana, in tutte le sue componenti, è talmente evidente che ognuno di noi può autonomamente constatarlo e valutarlo.
A poco serve enfatizzare le cause del degrado, avventurarsi in analisi storiche e sociologiche, scavare col bisturi nelle piaghe purulente di quel malato terminale che è l'Italia se, nel contempo, non si avanzano cure e rimedi credibili, se si è incapaci di dare risposte e soluzioni di una qualche validità.
Ed è nel terreno delle risposte politiche, economiche e sociali alla crisi della società italiana che si misura, e si misurerà, la consistenza non solo numerica, ma anche qualitativa, degli antagonisti. 
Non basta chiamarsi fuori, sottolineare la nostra estraneità, continuare a polemizzare su questo e quell’aspetto del contesto sociale, senza fornire, nel contempo, alternative valide. 
Alternative che debbono avere consistenza numerica e credibilità politica per essere individuate dal corpo sociale quali punti di riferimento alternativi.
In questo senso va interpretata l'adesione del nostro Movimento alla Costituente di Popolo. 
Associarsi ad una concentrazione di movimenti politici e organizzazioni sindacali non significa perdere la propria specificità e originalità, ma riversare all'interno di un più vasto ambiente umano le proprie capacità di analisi, la propria concretezza operativa. 
D'altro canto se abbiamo sempre sostenuto la centralità della questione sociale, e se la parte più consistente di noi si è svincolata dalle precedenti appartenenze politiche, di destra e di sinistra, nel nome di «quel socialismo che non c’è e, forse, non c’è mai stato», non possiamo sottrarci al dovere di percorrere tutte le strade per tentare -quel socialismo- di raggiungerlo.
Non si tratta di una scelta dettata «dal nostro eccessivo realismo politico», ma dell'unica strada percorribile per allargare il "fronte del rifiuto" alla ristrutturazione neo-capitalista in atto.
Perché se è vero che l'Italia sta vivendo una crisi politica e istituzionale profonda e dai costi sociali spaventosi, non possiamo pensare che questa non sia interna, quindi gestita ed indirizzata dal sistema di dominio capitalista. 
Dalla crisi si può uscire in due modi, diametralmente opposti: contribuendo a far fallire il tentativo di ristrutturazione voluto e gestito dall'Alta Finanza (che porterebbe l'Italia ad una totale subordinazione, economica e geopolitica, agli interessi mondialisti), creando contemporaneamente un'alternativa -prima nazionale e poi europea- al modello di sviluppo americanocentrico, oppure rassegnandosi ad essere per molti decenni a venire una squallida periferia dell'Impero del Dollaro.
Non esiste alcuna via di mezzo alle due ipotesi sopra esposte, né ci si possono ragionevolmente ipotizzare miracolosi accadimenti in altre parti del Globo che possano, in misura determinante, contribuire a spezzare la logica mondialista. 
Perché questa logica poggia su una quantità infinità di mezzi economici, scientifici, informativi e repressivi, ed è in grado di veicolare dolcemente i suoi enunciati, corrodendo -in modo efficace, quanto indolore- l'anima degli uomini e dei Popoli.
Solo prendendo atto della nostra debolezza, rispetto alle armi del nemico, possiamo al meglio sfruttare la nostra forza. 
Una forza che può essere consistente solo se sapremo collegare, unificandole, le esigenze materiali e spirituali dei ceti sociali alla nostra battaglia politica.
Ogni altra strada è, senza alcun dubbio, funzionale al Nuovo Ordine Mondiale, che non può contemplare anche un'opposizione, possibilmente svincolata da ogni collegamento sociale, da ridicolizzare e demonizzare a seconda delle esigenze di propaganda. 
Di questo utilizzo abbiamo esempi lampanti nel nostro Paese, ma, soprattutto, nel Santuario mondialista; gli U.S.A.
Anche per questo consideriamo la scelta fatta, aderendo alla manifestazione bolognese, irreversibile. 
Unire la nostra voce a quella dei disoccupati, dei lavoratori-produttori è l'unica, vera, possibilità di «trovare echi che riprendano la nostra flebile voce, trasformandola in un coro».
Noi ne siamo assolutamente persuasi. 
Il resto lo faranno il coraggio, la fantasia, l'intelligenza e la grande capacità di dare che abbiamo dentro, se ciò saprà tramutarsi in azione politica, in Opere, in Esempi. 
Se questo sarà, se ci riuscirà di partecipare, di aggregare, di stupire, non saremo più un'avanguardia sul confine del nulla, bensì precisi ed insostituibili punti di riferimento di un processo di rinnovamento e di cambiamento della politica che, con il contributo "forte e radicale" della nostra cultura, potrà assumere un andamento imprevedibile e fascinoso.

Luigi Costa

 

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