da "AURORA" n° 13 (Gennaio 1994)

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Lontano da Casablanca

Alberto Ostidich

C'è una frase pronunciata da Oreste Scalzone lo scorso febbraio '93, che mi sono annotato. La trascrivo: «Un conto è aggiornare, criticare e criticarsi, un conto è rinnegare. A me non piace chi rinnega. Quasi sempre finisce per rinnegare di aver rinnegato».
Il citare l'ex-leader di Potere Operaio non farà certamente scandalo fra «i nostri». Credo anzi di sapere che saranno in molti, fra quanti ci seguono su "Aurora", a riconoscersi in quella frase, e a riconoscervi il comportamento di tanti ex-compagni (o camerati) di strada.
Quella citazione, poi, ha ora un particolare sapore d'attualità. Nel momento stesso in cui -da destra e da sinistra- è tutto un accorrere affannato verso una sola meta: «il centro».
È una gara indistinta e confusa a chi (si) ripudia più in fretta. A chi riesce per primo ad allontanarsi dai luoghi d'origine, allontanando da sé qualsiasi segno di riconoscimento, ogni sospetto di antiche appartenenze, ogni sentore o ricordo di famiglia.
Ma più che di corsa, o di ignobile gara, è di «resa senza condizioni» che mi sembra il caso di parlare. Oppure di fuga generale. Nella fuga, non sono solamente etichette desuete, cianfrusaglie d'epoca o vecchi orpelli ad essere abbandonati, ma finiscono in discarica simboli, miti, medaglie, bandiere...
«Dimenticare e farsi dimenticare», queste le parole-guida lungo il percorso, a tappe forzate, in marcia di avvicinamento al "Nuovo". In vista di sistemazione al Nuovo Ordine Centrale. Ossia l'Unico, e l'unico in grado di rilasciare patenti di legittimazione e nuove identità.
Si tenta di tutto (anche operazioni di plastica totale) pur di ottenere biglietti da visita nuovi e nuove carte di credito. Di tutto si fa per un pubblico riconoscimento di avvenuta verginità, che apra la strada alla nuova professionalità. La qual professionalità avrà da essere uguale per tutti: tutti fedeli custodi del "Mercato" e del "Privato", tutti eunuchi testimoni della "Democrazia" e del "Capitale".
Se dobbiamo ora prestar fede ai navigati operatori turistico-politici, se dobbiamo dare ascolto ai professori professanti il realismo, e se dobbiamo seguire i politico-ragionieri della partita doppia, ora, la partita, si fa tra «nuovo che avanza» e «vecchio che resiste».
È questa legge («dura lex sed lex»), e la lotta per la sopravvivenza ad imporre di non andare troppo per il sottile. È il "maggioritario" a costringere tutti (volenti o nolenti) ad entrare a far parte di uno dei due gruppi, di destra o di sinistra. Mentre chi volesse restare fuori -magari per difendere le ragioni della propria storia, della propria cultura, del proprio essere in politica-, ebbene costui, rifiutandosi all'...alternativa, si estranea dalle logiche della vera politica, si autocondanna alla non-partecipazione al nuovo, si esclude da sé dalla politica che conta...
Politica e non, vecchio e nuovo, destra oppure sinistra; difficile sottrarsi al fascino sottile delle semplificazioni, al riposante piacere degli schemi predisposti. E, una volta fissate le regole e le categorie entro cui muoversi -attribuendo a queste ultime i dovuti meriti e demeriti-, «voilà!», si può arrivare, confortati e tranquillizzati, ad un sistema di "bipartitismo finalmente perfetto", e perfetto nel senso che le endiadi (: nuovo/vecchio, sinistra/destra, progresso/ conservazione ecc. ) esprimiamo qui un solo termine concettuale: sono cioè entrambi i poli, perfettamente speculari e funzionali all'unico, omnicomprensivo, totalizzante "Centro".
Ma è fuor di dubbio che l'affascinamento ipnotico esercitato da un tale "Centro", verso cui convergono da ogni direzione destre e sinistre d'ogni specie e genere, non avrebbe potuto sussistere o, perlomeno sussistere in forme tanto coinvolgenti e in modi tanto ignobili, se questo trascinamento collettivo non disponesse di un ampio retroterra "ambientale". Voglio dire: dietro a questo macro-fenomeno di omologazione al "centro" vi è, formatasi nel corso di decenni, una massa detritica fatta di egoismi sociali, di cultura dell'indifferenza, di educazione ai luoghi comuni, di stratificazioni consumistiche.
Certo, per capire e descrivere la portata del fenomeno, occorrerebbe risalire più in là nel tempo e scavare più a fondo. Volendo circoscrivere l'orizzonte della ricerca, potrà forse bastare l'osservazione diretta di come la società italiana (e non solo italiana, beninteso) sia divenuta gradualmente, ma sempre più intimamente, una società dispersa, arida, cinica. 
Ovverosia, una sorta di grande palude senza vita, nella quale sprofondano sensibilità, caratteri, valori, idealità, tradizioni.
E tutto è avvenuto, è potuto avvenire, grazie al «condizionamento globale» operato sull'uomo, con modalità assai più concrete di quanto in genere si voglia ammettere, e più estese di quanto sia misurabile con il metro ordinario della politica o della sociologia.
Non sarà davvero facile liberarsi di tutto questo, e risalire la china: ogni ottimismo di maniera sarebbe fuorviante.
Ma, detto in termini realistici e disincantati, qualunque siano le possibilità di «riveder le stelle» nel breve o lungo periodo, è senz'altro preferibile votarsi alla sconfitta, conservando il proprio profilo con dignità, piuttosto che infilarsi, ad esempio, in uno dei gruppi senza capo né coda, e senz'anima, che stanno agitandosi per la spartizione del bottino elettorale d'Italia.
Rimango infatti dell'idea che, in politica, occorra sempre e comunque anteporre le analisi alle formule, i dati alle ipotesi, le convinzioni alle opportunità. Bisognerà allora saper pazientare e attendere il transito di questa fase nuova, segnata da tanta viltà morale e culturale.
Attendere il concludersi delle convulsioni epilettiche del periodo pre-elettorale, per vederci poi più chiaro.
Può essere che una simile posizione di apparente distacco dagli eventi, sia destinata a restare isolata o a rimanere incompresa. Io non me ne farei eccessive preoccupazioni.
Del resto, già siamo stati tacciati -come Movimento Antagonista- di «infedeltà», per avere frapposto ostacoli all'operazione "Alleanza Nazionale" e così contribuito alla mancata elezione, a Roma e a Napoli, di due noti bigs della politica-spettacolo. 
Abbiamo altri progetti, altri "interessi" da difendere. Altre sono le bandiere da innalzare.
In ogni caso possiamo assicurare quei "fedeli" che faremo quanto è nelle nostre modeste, ma dignitose (e crescenti) possibilità, per scompaginare i loro disegni truffaldini e per manifestare loro -eterne facce di bronzo- il nostro ragionevole e ragionato disprezzo.
A tutti costoro: post-missini, post-comunisti, post-federalisti, post-cattolici, post-rivoluzionari, tutti dai posteriori incollati, a tutti questi postumi imbroglioni, ai postulanti al centro, ai posteggiatori, ai postriboli vaganti -a questi "post" tutto- noi socialfascisti non abbiamo nient'altro da aggiungere.
Né mai abbiamo avuto debiti di qualunque genere nei confronti di travestiti, truccatori o equilibristi. E, in tutta franchezza, i transessuali suscitano in noi ribrezzo. O tutt'al più pena.
Per dirla ancora più chiaramente: ce ne freghiamo di scegliere tra nuovo che avanza e vecchio che resiste. Vogliamo «andar oltre» l'ordine prossimo venturo; vale a dire contro "l'ordine costituito" da formulette convenzionali e da alibistiche collocazioni pseudo-politiche.
Una promessa però siamo in grado subito di fare, personale e di gruppo: di tenerci lontani da Casablanca e dai suoi trasformistici paraggi. E, dato che non rientra fra le nostre aspirazioni quel genere di cambiamenti, opereremo invece noi affinché la dimensione "produttiva" della cultura antagonista e socialmente avanzata divenga "merce corrente", senza le chimere millenaristiche o gli sterili dogmatismi del passato. Opereremo anche perché la litigiosità paesana, i settarismi parrocchiali cedano il passo a ben più ambiziosi -e comuni- trasguardi, consoni al livello planetario dello scontro.
Vogliamo agire ed impegnarci non più per la difesa di porzioni più o meno significanti di ieri, ma proiettarci a gestire con altri le trasformazioni del domani. Vogliamo insomma nei prossimi anni, ma con partenza immediata, por mano ad iniziative sin qui non praticate, o rese impraticabili da varie circostanze, non ultima delle quali l'esserci noi collocati a "destra". Buon 1994, SINISTRA NAZIONALE!


Alberto Ostidich

 

 

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