da "AURORA" n° 14 (Febbraio 1994)

EDITORIALE

 

Anno zero

Luigi Costa 

 


 

«La domenica delle salme non si udirono fucilate,
il gas esilarante presidiava le strade...
la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa affollarono i parrucchieri.
La domenica delle salme gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia».

 

Fabrizio De Andrè

 


 

Lo spettacolo, guardandolo dall'esterno, risulta persino divertente. 
La Repubblica nata dalla Resistenza o imposta dalle baionette straniere (a seconda dei punti di vista), vissuta tra scandali e clientele, asservita a mafie e interessi criminali, è preda dei sussulti pre-agonici, che ne annunciano la vicina dipartita.
Non ci pare il caso di soffermarci sulla rissa elettorale in corso. Sarebbe sin troppo facile ironizzare sulla convulsa girandola di accuse, insulti, colpi di scena, abbracci appassionati e repentini abbandoni, in cui sono impegnati coloro che pretendono di «salvare l'Italia», dopo essere stati causa della sua rovina. Così come ci pare superfluo, e patetico, indugiare sul comportamento dei tanti farisei che nell'interesse del libero mercato e della percentuale elettorale, svendono tutto. Ex-fascisti, ex-comunisti, ex-tutto si affannano a dimostrare, novelli Paolo di Tarso, la loro raggiunta maturità, la loro nuova e immacolata fede sulle magnifiche e progressive sorti del Popolo italiano, intese, sempre e comunque, come affermazione della propria consorteria.
A lor signori poco importa se la disoccupazione è in preoccupante aumento, se il potere d'acquisto di salari e pensioni risulta in discesa libera, se i ceti più deboli sono al limite della sopravvivenza.
«Questo è il necessario prezzo per ristrutturare e risanare l'economia del Paese», ci comunicano gli esegeti del Liberismo, pubblicando dati e sondaggi dai quali emerge chiaro che il popolo italiano è con loro; li vuole, li sostiene, li ama.
Nel "mercatino dell'usato" tutto è in offerta speciale; imbonitori e giocolieri offrono, a chi la richieda, l'occasione della, vita. Anche chi come noi si è sempre tenuto a debita distanza dai venditori di fumo, si è visto offrire di tutto. 
Diversi collaboratori di "Aurora" sono stati sollecitati a cimentarsi per conquistare il «posticino al sole».
È appurato che il «nuovo che avanza» è duro di comprendonio, non riesce a raccapezzarsi; il rifiuto lo spiazza, la logica dell'antagonismo le risulta incomprensibile. La politica è solo e unicamente il "seggio", l'occasione per risolvere, nel migliore dei modi, il «problema personale».
Noi, della Sinistra Nazionale, non intendiamo farci coinvolgere nella "rissa da osteria" in atto nel Paese, e non perché la nostra aspirazione, come sostiene qualcuno, sia quella della pura e semplice testimonianza -ruolo, comunque, preferibile a quello che si sono assunti i "giuda" di ogni colore e provenienza-, né perché riteniamo lo strumento elettorale estraneo alla nostra filosofia politica, tutt'altro. 
La ragione di una non-partecipazione alla contesa del 27 marzo si basa su considerazioni di ordine tattico, a cui non è estranea la penuria delle risorse a nostra disposizione, nonché la complessità di una proposta politica -riportata nelle pagine interne del giornale- che avrebbe scarse occasioni di essere compiutamente spiegata.
D'altro canto, siamo convinti che qualunque sia il risultato elettorale, questa non sarà una legislatura che durerà a lungo; troppe diversità si sono polarizzate nelle variopinte concentrazioni, col solo scopo di ottenere un numero maggiore di seggi. Sicuramente le tante contraddizioni ideologiche e programmatiche insite nei vari "cartelli elettorali" esploderanno fragorosamente già all'indomani del voto.
Questo detto, ci pare che la commedia sia all'epilogo; le "vecchie maschere" pietiscono l'ultimo applauso senza orgoglio alcuno, senza nessuna residua dignità.
Siamo all'anno zero.
È il momento di ricostruire con pazienza e tenacia un tessuto comunitario corrotto e lacerato. Si può farlo già adesso nel momento in cui loro sono impegnati a raccontare «le solite balle», a promettere, come sempre, quello che sanno di non poter mantenere.
La "società civile", la gente comune comincia a capire, come a Catania, dove più di sette cittadini su dieci si sono rifiutati di avvallare lo sporco gioco dei falsi innovatori. 
I tanti fili che annodavano le complicità tra sudditi e tenutari del potere si allentano. La crisi economica attenua le complicità. Le reti clientelari non possono più essere alimentate, mancano le risorse. Il conto finale non sarà presentato dai magistrati che, per mezzo secolo sono stati asserviti al potere, ma dal Popolo italiano.
Teniamoci lontani dalle urne, indifferenti alle sollecitazioni di quanti coltivano piccole e meschine ambizioni. Non sporchiamoci le mani nella loro melma. È il momento di moltiplicare gli sforzi, pensando al domani, confortati dai tanti che iniziano a capire e a condividere l'aspra bellezza del nostro sogno.

 

Luigi Costa

 

 

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