da "AURORA" n° 14 (Febbraio 1994)

RECENSIONI

 

Cesare Saletta

Per il revisionismo storico contro Vidal-Naquet

Graphos, Genova 1993    pp. 115    £. 16.000.

 

Nell'Antisemitism World Reporter 1993, l'annuario dell'Institute of Jewish Affairs pubblicato l'anno scorso, sono stati schedati intellettuali, militanti politici, ecclesiastici, scrittori, riviste, associazioni e gruppi che, a giudizio dei compilatori, rappresentano «tendenze antisemitiche» nei vari paesi della terra, dall'Argentina allo Zimbabwe (l'annuario osserva un rigoroso ordine alfabetico).
Per quanto riguarda l'Italia, ad esemplificare l'antisemitismo che vi sarebbe nel nostro paese, sono state menzionate varie personalità di disparata appartenenza politica, fra le quali Cesare Saletta, definito «supporter of the Gruppo Comunista Internazionalista», che avrebbe «scritto, stampato e distribuito tre libretti in cui viene negato l'olocausto» (p. 38) Effettivamente, come leggiamo nella nota editoriale che accompagna questo testo pubblicato dalle Edizioni Graphos di Genova, Cesare Saletta ha militato in quell'ala della "sinistra comunista italiana" che si è soliti definire "bordighista".
In che cosa consiste il presunto antisemitismo di Cesare Saletta? Evidentemente nel ritenere che la demolizione del mito di fondazione del cosiddetto "Stato d'Israele" toglierebbe al sionismo la possibilità di far pesare sul mondo intero la corresponsabilità di una tragedia che, quanto meno nei termini consacrati dalla vulgata olocaustica, non ebbe luogo mai.
Gli scritti raccolti nel volume edito dall'editrice bordighista trattano dei saggi olocaustici di Pierre Vidal-Naquet, rappresentante di spicco dello schieramento antirevisionista.
Il libro, che riporta in appendice un articolo di Robert Faurisson, costituisce una prova tangibile del fatto che il revisionismo storico non è affatto una corrente storiografica di ispirazione "neonazista", come spesso si vorrebbe far credere. Il volume dello storico comunista italiano si inserisce infatti in una vasta area di attività di ricerca che non è contrassegnata da alcun particolare orientamento politico e che spesso, anzi, ha attecchito presso frange di quello che si usava chiamare il "gauchisme".

 


 

Luca Tadolini

Contro il Tricolore.
La resistenza antigiacobina ed antifrancese nel reggiano (1796-1814)

Ed. all'Insegna del Veltro, Parma '94   pp. 40 ill.     £. 80.000

 

Questo libro è stato pubblicato dalla casa editrice di Parma, perché l'Autore non ha trovato nessuno disposto a pubblicarglielo nella sua città, Reggio Emilia. Infatti da quando si riunì a Reggio (7 gennaio 1797) il Congresso della Repubblica Cispadana, che proclamò bandiera ufficiale il tricolore modellato su quello francese, la municipalità reggiana si fregia del titolo di «Città del tricolore».
Lo studioso reggiano rivisita criticamente le vicende di cui la città fu teatro alla fine del secolo XVIII e mette in luce l'ostilità con cui le popolazioni contadine accolsero l'instaurazione del potere giacobino. 
I contadini del territorio di Reggio «chiedevano l'abolizione di quella nuova legislazione che, introducendo una logica speculativa nella conduzione dell'agricoltura, li aveva ridotti in miseria. (...) I contadini volevano l'abolizione del regime di affitti e livelli, che arricchiva la nuova borghesia illuminata. Si voleva il ritorno al vecchio ordine, quando il mondo agricolo non era servo del profitto» (pp. 22-23).
Le insorgenze popolari contro i giacobini e contro le armate napoleoniche vengono viste dall'Autore come una resistenza naturale e spontanea alla modernità, la quale cominciava a proclamare quel «progetto ideologico» che mira a realizzare «una umanità senza radici, il cui unico punto di riferimento è la mitologia del progresso» (pag. 36). 
A colpi di forcone le plebi reggiane si illusero di potersi opporre al progetto giacobino. Agli esponenti liberaldemocratici e progressisti di quel progetto, successori dei borghesi illuministi di due secoli fa, è necessario contrapporre ben altre forze e ben altre armi. 
Ma anche la revisione storiografica della mitologia che sta all'origine del sistema liberale, democratico e progressista non è una fatica inutile.

 


 

Aldo Ferrari

La rinascita del nazionalismo russo

Ed. all'insegna del Veltro, Parma 1993   pp. 70    £.10.000

Lo slavista Aldo Ferrari è stato il primo, in Italia e forse in tutta l'Europa occidentale, a curare una raccolta di documenti di "Pamjat", il primo dei movimenti patriottico-popolari, formatisi in Russia all'epoca di Gorbacev.
Mentre i vari Alexander Yanov e Ilia Levin accreditavano in Occidente l'immagine caricaturale di un gruppo "nazi-stalinista" specializzato in azioni violente a danni degli ebrei, Aldo Ferrari ha raccolto e tradotto in questo volume una serie significativa di documenti ufficiali del movimento in questione, facendola precedere da un saggio introduttivo che mira ad inquadrare il fenomeno del "nuovo nazionalismo russo".
Oggi "Pamjat" è frazionato in una decina di filoni, il più cospicuo dei quali è forse quello che è confluito nell'Unità Nazionale Russa, la formazione guidata da Aleksandr Barkashev che è stata protagonista, insieme con Russia Operaia, della difesa del Parlamento di Mosca. 
È comunque importante, anche alla luce delle filiazioni successive alla sua costituzione, studiare su documenti di prima mano il pensiero politico dei militanti di "Pamjat".
Da una tale lettura, emerge il profilo di un movimento animato da aspirazioni contrapposte a quelle del mondialismo: "Pamjat" dichiara di battersi per la rinascita della Chiesa Ortodossa, per il ritorno ad un rapporto armonico con la terra, per il recupero della tradizione culturale e artistica. 
Il suo nazionalismo, lungi dal ridursi a una forma di sciovinismo russo, si basa sull'unità, di Grandi Russi, Ucraini e Bielorussi («il nostro popolo tripartito») e, laddove si fa più marcata l'influenza dell'eurasiatismo, si spinge ad auspicare il «comune sviluppo» delle culture dei vari popoli dell'URSS.
Letti a distanza di un lustro, i programmi di "Pamjat" appaiono in molti punti superati dagli eventi e dalla stessa evoluzione e frammentazione del movimento. 
Rimane, tuttavia, la validità di una documentazione che illustra la nascita e lo sviluppo di una tendenza divenuta tendenza di massa; di un orientamento che, per quanto sembri oggi sopraffatto dal prevalere delle forze mondialiste, è destinato a costituire il principale punto di riferimento per l'opposizione popolare nei futuri, inevitabili scontri con il potere oligarchico.

 

 

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