da "AURORA" n° 15 (Marzo 1994)

EDITORIALE

 

Rompere lo schema

Luigi Costa

 

Anche tenendo conto della logica del "Maggioritario" risulta arduo capire in base a quali criteri politico-culturali si sono aggregati i cosiddetti "Poli".
Se, infatti, vi è una sostanziale sintonia di idee e programmi nella Concentrazione moderata -nonostante la reiterata proposta federalista della Lega Nord e i lontani e flebili echi della, rinnegata, socialità missina-, le divergenze all'interno del Polo progressista sono inconciliabili.
Se i programmi di Berlusconi, Fini e Bossi convergono sulla necessità di imporre al Paese il modello thacheriano -con sgravi fiscali consistenti per i ceti abbienti, taglio drastico delle spese sociali, aumento della pressione fiscale sulle categorie più deboli-, le proposte di Rifondazione comunista con la tassazione dei BOT (al di sopra del tetto dei 200 milioni) sono in netta contrapposizione, non solo con quanto vanno predicando da sempre i liberals del Polo progressista da Adornato a Visentini, ma con lo stesso PDS che, per bocca di Achille Occhetto, ha pesantemente redarguito il segretario di Rifondazione Bertinotti.
La divaricazione tra le diverse anime della sinistra si accentua in politica estera; se da un lato, sempre Rifondazione , chiede che l'Italia abbandoni la NATO; dall'altro il PDS è da tempo impegnato per accreditare la sua affidabilità atlantista.
D'altro canto non è la prima volta che le iniziative del sindacalista Bertinotti agitano le acque stagnanti della sinistra politica e sindacale. 
Anche se, per la verità, le sua azione non ha mai prodotto risultati concreti, né impedito l'involuzione filo-padronale e filo-governativa di CGIL, CISL e UIL dell'ultimo decennio. Si è, sempre e comunque, limitata a coprire a sinistra le scelte antioperaie dei vari D'Antoni, Trentin e Larizza. 
L'apprezzabile dissenso teorico del massimalista Bertinotti si è sempre risolto in un nulla pratico che ha oggettivamente consentito alla triplice sindacale ieri, e consente al Polo progressista oggi, di essere coperti a sinistra. 
Una tattica che ha impedito la fuga di migliaia di quadri di fronte agli scoperti tradimenti perpetrati dalla Triplice sindacale negli anni Ottanta; che oggi consente il recupero, al partito trasversale di Occhetto-De Benedetti-Ciampi, dei voti degli antagonisti.
Quindi, Bertinotti, utilizzato -consapevolmente- in quella funzione di "argine a sinistra" nella quale eccelse Pino Rauti -nel MSI- negli anni Settanta-Ottanta? 
Ne siamo convinti!
In politica non vi è mai nulla di improvvisato, né si può pensare che i due personaggi, qui citati, siano tanto ingenui da non rendersi conto del ruolo di contenimento, per conto terzi, da loro espletato.
Guardare a Bertinotti quale leader in grado di traghettare, oltre lo schieramento conservatore radical-progressista, gli antagonisti di Rifondazione è fuori dalla realtà. 
Altra cosa è aprire un dialogo con la base di quel partito politico, con la quale la Sinistra Nazionale è in forte sintonia.
Una sintonia che esiste anche rispetto ad altri soggetti politici e sindacali quali, ad esempio, la CISNAL della quale non possiamo che apprezzare alcune, delle coraggiose, scelte quali: rottura netta con il MSI, a fronte delle scelte liberiste di quel partito; alleanza operativa con altri soggetti sindacali non disposti ad assecondare la svendita delle conquiste dei lavoratori; strenua difesa dei ceti sociali meno garantiti e quindi più danneggiati dalla politica antisociale del governo Ciampi; ferma opposizione alle privatizzazioni selvagge che rischiano di consegnare anche le industrie nazionali di importanza strategica nelle mani delle oligarchie finanziarie internazionali.
Scelte, quelle della CISNAL che riportano l'azione del sindacato nell'alveo della tradizione che fu propria del Sindacalismo Rivoluzionario corridoniano, anche se, a nostro modo di vedere, ha il limite di non afferrare appieno la complessità dello scontro sociale in atto, che richiederebbe, oltre al già meritorio impegno nel mondo produttivo, una maggiore presenza politica.
Vi è oggi in Italia un malessere diffuso, un senso di insoddisfazione e di inadeguatezza. L'area della crisi non è più localizzabile nel solo Meridione, ma si è allargata alle èlites di operai e tecnici del Nord industrializzato. Manca un soggetto politico che disponga delle risorse logistiche e intellettuali in grado di interpretare e incanalare, dando senso e peso politico, ai bisogni e alle attese della gente. 
In questo senso ci pare illogica la pretesa di porre in essere operazioni culturali, anche di largo respiro, comunque destinate a scontrarsi con i preponderanti apparati della cultura ufficiale in grado di stroncarli. 
Altre sono le urgenze, altri gli obiettivi a portata di mano.
Sarebbe un'ennesima dimostrazione di incommensurabile stupidità rispolverare, nel momento in cui è necessaria l'azione, il vecchio schema della conquista gramsciana del consenso. 
Quello che era sensato 20 o 30 anni or sono, oggi è privo di qualsiasi valenza pratica; serve solo a mondare, parzialmente, la cattiva coscienza di quanti, da sempre, si crogiolano nel più pavido e infruttuoso immobilismo.

 

Luigi Costa

 

 

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