da "AURORA" n° 15 (Marzo 1994)

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Non bariamo!
Peron appartiene ai lavoratori!

Novi

Eugenio Scalfari, da navigato ruffiano della Confindustria, ha inquadrato con precisione i reali termini dello scontro politico-elettorale in corso, sull'editoriale di "Repubblica" di domenica 13 febbraio.
Gli schieramenti che si sono formati nel quadro dell'attuale sistema elettorale, come da noi ampiamente previsto, sono tutti appiattiti sulle logiche e sugli interessi delle strutture capitalistiche nazionali e transnazionali. E al di là di qualche polemica di ritorno, come quelle, ad esempio, sul presunto «pericolo rosso» (basta!), oppure la vigorosa campagna di Rifondazione per sbilanciare a sinistra i programmi del Fronte progressista, il nocciolo delle contraddizioni tra i tre schieramenti che si confrontano -destra, centro e sinistra- riflette uno scontro interno alla Confindustria tra settori più moderni e settori retrivi, talmente legati alla P2 e al sistema delle tangenti da temere persino la trasformazione politica interna al Sistema, sponsorizzata in questi due anni da imprenditori e uomini politici quali De Benedetti, Agnelli, Ciampi, Segni e lo stesso La Malfa.
Nessuno, come osserva Scalfari, mette in dubbio le privatizzazioni e il liberismo economico; lo scontro è solo sul tipo di modello liberista al quale ispirarsi. Il Cile e il Messico, con la più completa libertà di sofisticare i prodotti alimentari, di evadere il fisco, ecc., come vorrebbero i berlusconiani e il ceto imprenditoriale retrivo ed evasore della Lega Nord, il riciclaggio dei camorristi e dei mafiosi che, al Sud, votano Cito e il MSI, oppure il liberismo alla francese o all'inglese, entro un quadro di regole giuridiche serie? Attorno a Berlusconi -parlando fuori dai denti- si sono coagulate le componenti del mondo imprenditoriale che sino all'ultimo hanno finanziato Craxi ed Andreotti, dai resti della Ferruzzi, che stanno operando per impantanare l'ex-PCI nelle inchieste giudiziarie, sino alla stessa famiglia Berlusconi. Una svolta efficientista del capitalismo italiano, come predicato da decenni dal Centrosinistra laico (a partire dal Partito d'Azione per giungere al PRI) avrebbe indubbiamente rafforzato, sul piano economico e politico, la posizione di Fiat, Olivetti, ecc. , ma, come dimostrano le recenti vicende giudiziarie, rischiava di sacrificare proprio i gruppi più esposti col vecchio regime politico, dalla Montedison sino alla Fininvest. Ecco allora il colpo di coda imprevisto con una estrema destra liberista che, invece di assumere a modelli Francia ed Inghilterra, si ispira al Cile di Pinochet.
È chiaro a tutti che la vittoria di questo modello da "repubblica delle banane" sarebbe il peggiore disastro della storia economica, sociale e politica italiana, da qui la ferma opposizione dei settori dominanti della Confindustria e dei loro organi di stampa, "Stampa" e "Repubblica" in testa.
Che Scalfari, dunque, attacchi e insulti Berlusconi ed i suoi lacchè missini e leghisti mi fa personalmente piacere. Secondo una logica del meno peggio e della "vaselina", il liberismo alla francese è senz'altro il male minore. Dopo che si sarà esaurita questa falsa ondata di scontro politico, si vedrà come reagiranno i comunisti alle politiche economiche di Visco e di Spaventa, e come la Sinistra Nazionale e sociale, che noi rappresentiamo, saprà inserirsi nelle piazze e nelle lotte popolari per costruire un movimento di massa alternativo ai nuovi soggetti politici, che si stanno definendo nel Paese.
Ciò che invece non accettiamo di Scalfari e del suo giornale è l'accostamento di Berlusconi a Juan Domingo Peron, ancora oggi figura mitica e simbolo dell'emancipazione delle masse lavoratrici argentine.
Su questo punto vorremmo offrire documentazioni precise, cominciando con il ricordare che la base sociale del Peronismo fu, storicamente, la classe operaia, a cui si aggiunse fra gli anni '60 e gli anni '70, la gioventù rivoluzionaria dei Montoneros.
Come si può intuire la base sociale di Berlusconi, Bossi e Fini sono soprattutto i riciclati di tangentopoli -da Craxi in persona a Potitto Salatto (uno che si chiama così!)- e gli evasori fiscali storici del ceto medio italiano. Non paragoniamo crema ed escrementi!
Passando e citazioni più precise, vorremmo offrire a tutti i lettori di "Aurora" due brani tratti da documenti peronisti di epoca diversa.
La Costituzione Nazionale argentina del 1949, al capitolo IV ("La funzione sociale della proprietà; il capitale e l'attività economica) affermava:
Art. 38: «la proprietà privata ha una funzione sociale e quindi è soggetta agli obblighi stabiliti dalla legge per il benessere comune. Spetta allo Stato controllare la distribuzione e la utilizzazione della terra e intervenire allo scopo di aumentarne il rendimento nell'interesse della collettività ed inoltre dare ad ogni colono o famiglia colonica la possibilità di diventare proprietario della terra che coltiva».
Art. 39: «il capitale deve essere al servizio dell'economia nazionale e deve avere come finalità il benessere sociale».
Art. 40: «l'organizzazione della ricchezza e il suo sfruttamento hanno per finalità il benessere del popolo, dentro un ordine economico conforme ai principi della giustizia sociale. Lo Stato (...) potrà intervenire nell'economia e monopolizzare determinate attività, a salvaguardia degli interessi generali e dei limiti stabiliti dai diritti fondamentali assicurati dalla presente costituzione. Eccetto l'importazione e l'esportazione che saranno gestite dallo Stato, (...) ogni attività sarà organizzata conforme alla libera iniziativa privata, purché non abbia come finalità manifesta o latente, di dominare i mercati nazionali, (...) di aumentare ad usura i profitti. I minerali, le cascate, i giacimenti petroliferi, di carbone e di gas, (...) sono proprietà inalienabili della Nazione (...). I servizi pubblici appartengono in origine allo Stato e in nessun modo possono essere venduti o concessi ad altri per la loro gestione (...).
Solidarismo sociale, intervento dello Stato in economia per tutelare i diritti dei lavoratori e delle forze produttive nazionali. Unità nazionale dell'Argentina come contesto storico, istituzionale e culturale per l'emancipazione della classe operaia. Questi i principi cardine del Peronismo autentico, che hanno ispirato la Costituzione del 1949.
L'esatto opposto di quanto sostenuto da Miglio: individualismo, liberismo e federalismo, insomma tutto in mano ai padroni e a Berlusconi (a proposito, qualche nostro ex-amico ce la menava che «Miglio era un rivoluzionario»! Come giustifica simili affermazioni pubbliche?).
In base alla Costituzione peronista Berlusconi e Sama sarebbero già ai i lavori forzati a vita!
Queste posizioni sono riprese e radicalizzate dalla sinistra peronista dei Montoneros nei primi anni '70, ricevendo l'alto appoggio di Peron, all'epoca in esilio:
«Abbiamo chiara una dottrina e chiara una teoria (...) l'unica strada possibile perché il popolo prenda il potere e instauri il socialismo nazionale è la guerra rivoluzionaria totale, nazionale e prolungata, che ha come asse principale e motore il peronismo (...). Generale, i suoi militanti peronisti sanno che questa è l'ora del popolo argentino. Sappiamo che su di noi, la gioventù peronista, ricade il peso della responsabilità, e che non abbiamo il diritto di tirarci indietro né di appoggiarci a qualcuno. Non l'inganneremo. Peron o morte! Viva la Patria!» Montoneros (9 febbraio 1971).
Nella sua risposta del 20 febbraio il Generale Peron rispondeva ai militanti rivoluzionari di «essere completamente d'accordo con ciò che è stato fatto» e con la «maggioranza dei concetti espressi». ("Montoneros" a cura di P. Sorbi e V. Sparagna, Savelli editore, Roma, pp. 41-43).
Caro Scalfari, noi non ignoriamo incoerenze e contraddizioni di un movimento socialista e nazionalpopolare, cresciuto improvvisamente e rapidamente alla fine degli anni '40, che sono del resto lo specchio più fedele delle contraddizioni e incompiutezze dell'intera area del socialismo nazionale, sorto a cavallo della prima Guerra Mondiale in Europa. Ma al di là di tutte queste contraddizioni e incoerenze teoriche, che hanno consentito che dal seno del peronismo nascesse un lercio traditore come Menem, la figura di Juan Domingo Peron e di sua moglie Evita appartengono alla memoria storica del popolo argentino, dell'intero movimento socialista e rivoluzionario mondiale.
Figura, ruolo e politiche del Generale Peron non possono essere infangate con assurdi paragoni con Berlusconi, Fini e Miglio, cioè con la faccia del capitalismo più reazionario e antisocialista! Lo stesso discorso vale per G. Vargas, ma soprattutto per Peron, del quale noi rivendichiamo l'eredità teorica e pratica per ricostruire un fronte socialista unitario che lotta contestualmente per l'emancipazione dei lavoratori, per la tutela delle forze produttive realmente sane e per la difesa intransigente delle indipendenze nazionali dei popoli contro le interferenze del capitale finanziario transnazionale e imperialista.
Invito tutti i militanti e lettori di "Aurora" ad inviare al giornale "Repubblica" lettere di protesta per simili, innaturali e blasfemi, paragoni.
Viva Peron! Viva il Socialismo!

Novi

 

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