da "AURORA" n° 16 (Aprile 1994)

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Epifanie del Sacro

Francesco Moricca

 

Medjugorjie, Barlassina della Brianza, Torre del Greco: altrettante manifestazioni del sacro al "popolo di Dio". Padre Pio da Pietralcina e Natuzza Evolo da Paravati nei pressi di Vibo Valentia: due manifestazioni del sacro in «persone del popolo di Dio» di cui si è anche occupata la scienza. Non solo cattolica, come nel caso della Evolo, una contadina stigmatizzata e a quanto si dice dotata del potere di bilocazione. Natuzza suda sangue e sui fazzoletti coi quali si asciuga rimangono impressi segni dell'iconografia cristiana rozzamente delineati e scritte in greco antico e latino nonché in varie lingue moderne, che ho avuto modo di vedere e sulla cui autenticità non mi sento di dubitare. Non è il caso di insistere sull'eccezionalità del fenomeno Natuzza. È sufficiente ricordare che di lei a suo tempo si interessò la Magistratura senza riscontrare nessun elemento di sospetto. Su di lei ha pubblicato uno studio l'antropologo Barone Luigi Maria Lombardi Satriani, cattedratico di orientamento marxista presso l'Università romana della Sapienza.
Questo «ritorno di Gesù», come lo definisce Fabio Andriola ("L'Italia", 16-3-94), è un segno dei tempi. Ma interpretarlo in senso positivo non mi pare corretto. Fa testo in simili casi l'estrema prudenza della Chiesa, per la quale il diavolo è la «scimmia di Dio» e predilige il travestimento.
Simile argomento potrebbe valere anche per le considerazioni che seguono e che non sono ortodosse per il fatto di muovere da un punto di vista meta-confessionale.
Io parto dal dato della mia coscienza e vi trovo un limite radicale, lo stesso limite che costituisce la realtà ultima di tutte le cose. Ma non potrei percepire il limite se in me non vi fosse qualcosa di illimitato che me lo fa cogliere per contrasto. Io lo chiamo Assoluto e lo identifico col trascendente e col «numinoso», per dirla con Rudolf Otto, con ciò che in genere viene percepito come sacro.
Esistono essenzialmente due percezioni del sacro ed un numero pressoché infinito di gradi intermedi. Vi è una percezione del sacro illuminante, che non distrugge ma potenzia la coscienza e coinvolge la stessa ragione. Ve ne è un'altra diametralmente opposta che al limite assume i tratti della «possessione diabolica», dove lo stato di disintegrazione interiore del soggetto si esteriorizza e somatizza. Questo ultimo fenomeno si ha anche nella percezione del sacro del primo tipo (levitazione della persona, stigmatizzazione, ecc.). Bisogna dunque supporre una gerarchia nell'ambito della causa del cosiddetto «paranormale». Agli estremi e dall'alto in basso, una divinità buona e una cattiva. In mezzo e nello stesso ordine, tante divinità quanti sono gli «stati della coscienza» sperimentabili con o senza alterazioni somatiche. Credo sia questo il vero motivo per cui l'olimpo induista si arricchisce di sempre nuove divinità; non dunque, come in genere si crede, per ragioni sincretistiche.
Poiché nell'Età Oscura è il «Dio cattivo» che agisce prevalentemente nelle faccende del mondo, è lecito sospettare che tutte le manifestazioni del sacro che qui si verificano siano riconducibili a lui e alle divinità intermedie che gli sono più prossime. Di esse pertanto ci interesseremo. Esse sono i demoni della mitologia classica; gli "elfi", gli "gnomi" ed i "folletti" della mitologia nordica; i "gin" della tradizione pre-islamica e islamica; i "diavoli" della demonologia cristiana. È degno di nota che essi siano assenti nella tradizione ebraica, dove, come già osservò l'Imperatore Giuliano detto l'Apostata ("Contra Galilaeos"), non è a rigore riscontrabile nemmeno nella nozione cristiana del Diavolo (Lucifero), essendo il Satana del "Libro di Giobbe" troppo simile all'Arimane zoroastriano, ovvero un anti-Dio.
Questi demoni si manifestano alla fine dell'età moderna e nell'età contemporanea in determinati avvenimenti culturali come la nascita del metodo sperimentale nelle scienze e l'illuminismo; poi con la sempre crescente diffusione delle "malattie mentali". Un chiaro elemento di demonicità caratterizza peraltro la stessa psicoanalisi, per il fatto che qui lo «stato non patologico» della psiche è riconosciuto nella originaria pulsione incestuosa ("complesso edipico"), mentre lo stato patologico sarebbe generato da un trauma casuale che provocherebbe la rimozione e quindi la nevrosi. 
La guarigione avverrebbe per ipnosi, per attivazione dei meccanismi mnestici, per sublimazione in espressioni artistiche.
Venendo ai nostri giorni, accanto al dilagare della follia di massa per cui l'anormalità viene a coincidere in termini statistici con la normalità, si sviluppa il fenomeno droga che allarga il campo dell'azione dei demoni. Ma anche il diabolico ha modo di manifestarsi con forza, attraverso la musica satanica, e il culto invertito del satanismo. Non a caso in Italia esso ha il suo centro in una città industriale come Torino.
Quanto al fenomeno droga che è rilevante per le sue implicazioni criminali politico-economiche, non è affatto da credere che il drogato esprima in qualche modo il tragico cupio dissolvi di una civiltà evoluta, come si pretenderebbe per nobilitare chi al massimo merita compassione. Egli è piuttosto l'ignaro trastullo di forze oscure che lo circondano e sovrastano, che sono sue solo nel senso in cui può dirsi che l'istinto appartenga all'animale. Ma poiché il drogato non è un'animale e conosce la noia (e con ogni probabilità anche la metanoia che è all'origine di qualsiasi percezione del sacro), è non solo ipotetica la dimensione religiosa in cui viene vissuto il rapporto con la droga. Né si deve supporre che la diffusione di massa della droga sia fenomeno culturale, perché non vi è affatto oggi, neanche come residuo, ciò che era presente nelle èlites intellettuali dècadentes di fine Ottocento e dei primi del Novecento. Qui l'uso di droghe era finalizzato al conseguimento di esperienze di tipo metafisico, e si riteneva tramite esse, di approfondire o al limite di rivoluzionare la concezione positivistica del mondo e simultaneamente il corrispondente ordine politico-economico (si vedano i risvolti mistico-speculativi dell'estetica simbolista e gli approdi esistenziali di un Verlaine e soprattutto di un Rimbaud). E ciò, peraltro, sia pure con un diversissimo grado di consapevolezza, ancora nel quadro della Tradizione, presso la quale l'assunzione di droghe e il contatto con la loro realtà demonica era rigorosamente circoscritto all'ambito iniziatico, aveva una funzione operativa politico religiosa che è stata ampiamente studiata dalla letteratura specialistica anche accademica (si prenda ad esempio Mircea Eliade).
Volendo restare ben ancorati all'insegnamento tradizionale, si deve negare nella maniera più recisa che in genere i fenomeni paranormali siano riconducibili solo all'isteria (la quale è soltanto in parte di pertinenza della patologia medica propriamente detta più o meno come tutte le malattie nervose); come anche, nella fattispecie, che gli stati della coscienza ed i fantasmi indotti dalle sostanze stupefacenti siano immaginari, e cioè l'effetto allucinogeno di un chimismo ben individuabile. Son al contrario realissimi e solo in senso descrittivo (meramente analitico, fenomenologico) il chimismo che «li provoca» può ritenersi la loro «causa». In senso più profondo, dietro i rapporti quantitativi espressi dalla formula chimica sono presenti delle pure qualità (entità) di cui la chimica moderna non tiene alcun conto, non perché non si potrebbe studiarle sperimentalmente, ma perché non lo si vuole, sic et simpliciter.
Tali entità sono appunto i demoni di cui si parla in quasi tutte le tradizioni, dalle più primitive alle più evolute, ed esse vennero conosciute e utilizzate sperimentalmente dall'alchimia antica, medioevale, rinascimentale (anche da Leonardo da Vinci, Giordano Bruno, Tommaso Campanella). Così, per esemplificare, per l'alchimista il Solfo o il Vetriolo sono sì «espressioni chimiche», ma la loro vera essenza corrisponde a quella diabolica del Principe delle Tenebre. Al polo opposto si situa invece l'Oro o il Mercurio che rimandano rispettivamente al Sole e alla Luna, i cui colori (giallo o rosso e bianco) rimandano a loro volta ad una fisica e metafisica del fenomeno luce, ben più convincente, secondo me, della teoria "ondulatoria".
Mi sembra interessante per i simpatizzanti del nostro Movimento che provengono dalla scuola del marxismo-leninismo, osservare che la concezione fisico-chimica tradizionale non fu affatto estranea alla «scienza proletaria». Il tanto e a torto contestato «materialismo dialettico» eghelsiano con la teoria dei «salti di qualità» intese a suo modo spiegare il substrato qualitativo della quantità. Gli fu rimproverato una «caduta nella metafisica» da parte di un certo marxismo, non meno che dal positivismo, il quale, da parte sua, stava sprofondando in un'altro genere di metafisica, quella di Mach ed Avenarius. Lenin tuttavia, nel suo "Materialismo ed Empiriocriticismo", prenderà le difese di Engels imprimendo così alla scienza proletaria un ben definito carattere, cui essa rimarrà sempre fedele confinando ai margini (persino col gulag) la cosiddetta «dissidenza». È provato altresì che se ci fu, come sostiene Giorgio Galli, un «nazismo magico», vi fu anche, quasi come un fenomeno speculare, un «bolscevismo magico». Né è il caso di enfatizzare gli aspetti luciferini dell'uno e dell'altro, specie da parte di una cultura ben più diabolica in quanto si è servita, e continua a servirsi, di strumenti coercitivi più sofisticati e subdoli che non quelli messi in campo dagli "Imperi del Male".
Non ingannino tuttavia certe concordanze tra la Tradizione e la scienza proletaria. 
Quest'ultima è una teologia materialistica come la stessa psicoanalisi (anche nella versione spiritualistica junghiana), né simile definizione, per quanto autocontraddittoria nella forma, è meno vera nella sostanza. Anche nella scienza proletaria manca qualsiasi distinzione tra bene e male che trascenda il relativismo storico degli interessi di classe. Una simile distinzione è giudicata improponibile perché contraria alla visione materialistica, o piuttosto all'ipostasi materialistica, la quale, da un punto di vista logico, ha l'identico valore di dogma, e cioè di un atto di fede e solo come tale può essere tollerato e rispettato. Manca in questa particolare teologia l'equivalente di dei superi ed inferi. Si tratta, a voler essere rigorosi, di una teologia demonica in cui si possono distinguere solo demoni borghesi e proletari: di una teologia essenzialmente poco pericolosa checché si voglia ancora dar ad intendere. 
Non è un caso che il comunismo sia crollato in maniera così poco onorevole a paragone del fascismo e soprattutto del nazionalsocialismo. Quanto poi alle concordanze sorprendenti tra scienza proletaria e Sapienza Tradizionale esse si spiegano con la evoliana teoria della «inversione dei simboli» (cfr. "Rivolta contro il mondo moderno"), se vogliamo come una «burla di gnomi».
Tornando alla viva contemporaneità, è utile osservare il fenomeno della «inversione dei simboli» nelle trasformazioni subite dalle organizzazioni massonico-mafiose persino nei rituali di iniziazione, con l'avvertenza però, che in questo caso nei simboli considerati va vista non un'influenza demonica, ma chiaramente e decisamente diabolica, per il carattere satanico delle attività di queste organizzazioni (dall'usura in senso lato, al traffico di droga e di armi). Si potrebbe fare l'esempio della Nuova Camorra Organizzata, il cui capo, Raffaele Cutolo, impressiona per la sua cultura e signorilità, per un umanesimo che ha addirittura ispirato la nota canzone di Fabrizio De Andrè. Nella pugliese Sacra Corona Unita, il quarto grado della gerarchia, il "santista", porta una Croce tatuata sulla spalla destra, mentre nel mantello dei Templari la Croce si trovava a sinistra; il giorno sacro è il sabato (come presso gli Ebrei e non la domenica come presso i Cristiani); l'organizzazione, che dovrebbe essere di soli uomini, è aperta anche alle donne, alcune delle quali, come la Laudisa, hanno addirittura funzione di "capozona".
In un quadro come quello che si è delineato sono assai forti le probabilità che forze oscure (demoniche o diaboliche che siano) agiscano persino nei casi in cui ogni apparenza parrebbe escluderlo, come in Natuzza e lo stesso Padre Pio. Non tanto nel senso in cui «la tentazione coabita con la santità», ma proprio nel senso che questa presunta santità potrebbe essere in sé corrotta, se non addirittura una messinscena del Maligno in soggetti del tutto ignari.
Chi voglia vederci chiaro in siffatte manifestazioni del sacro, deve avvicinarvisi direttamente e personalmente. Ma se si vuole essere sicuri, occorre possedere un forte carattere e soprattutto essere immuni da pura curiosità e non trovarsi in situazione di «crisi». È sufficiente questo. Ma meglio ancora sarebbe possedere conoscenze adeguate, anche solo di provenienza confessionale, su una materia che è particolarmente ostica per la mentalità contemporanea, pericolosa in sé e pericolosissima in questi tempi.
L'atteggiamento più conveniente, anche se non il più giusto, rimane in genere quello di un sano scetticismo.
Dal canto suo la Tradizione insegna che la Via del Sacro si percorre col cuore «gelido»; che la volontà più forte è quella che si sprigiona dal «disprezzo del proprio io» (non solo dell'amor proprio, ma anche dell'amor di sé); che la trasmutazione interiore può anche avvenire spontaneamente, non essendo voluta e addirittura (come fu il caso di San Francesco d'Assisi e di Jacopone da Todi) ignorandone la possibilità.

 

Francesco Moricca

 

 

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