da "AURORA" n° 16 (Aprile 1994)

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Sinistra Nazionale.

Una scelta giusta

Giorgio Vitali

 

Ho letto con molto interesse i punti programmatici della "Sinistra Nazionale" che giudico documento di notevole rilevanza politica, nonché storica.
A mio parere sono centrati tutti i temi che dovrebbero rappresentare la base per una lotta politica consapevole, capace di incidere sugli assetti sociali tanto a livello delle comunità nazionali quanto nelle relazioni tra le medesime.
La chiarezza dei temi esposti non dovrebbero generare dubbi sulla esatta collocazione nel "contingente politico" di una forza siffatta, ma va tenuto presente comunque, che la società attuale, necessariamente complessa, può creare e di fatto crea, soprattutto in Italia, zone di intersecazione culturale sulle quali è molto facile equivocare e chiedere l'assenso emotivo, il voto, o altre più coinvolgenti forme di partecipazione. Ritengo pertanto che non ci si dovrebbe stancare di ripetere al colto ed all'inclita, cercando di far capire, le ragioni ideali che sostanziano queste scelte.
Mi sembra opportuno sottolineare due mie convinzioni personali.
Per quanto riguarda il processo di unificazione europea, ritengo trattarsi di un movimento irreversibile caratterizzato da tanti fattori, dei quali quello economico e quello politico sono soltanto gli aspetti più marginali. È chiaro che, a questo punto, le forze egemoni cerchino di condizionarne la strutturazione in modo che quest'egemonia continui a persistere!
L'inesorabilità del fenomeno però dovrebbe indurci a considerarlo nella sua complessità facendo riferimento ad analogie precedenti. Una costate della storia europea è data dall'alternarsi di momenti di accentramento e momenti di decentramento. L'ultima fase decentrante è stata costituita dagli Stati nazionali, la cui perimetrazione geografica ha dato adito a momenti di massima debolezza del Continente, a guerre civili interne, a tutto vantaggio di imperi extraeuropei. È evidente che il processo di unificazione europea non può che esplicarsi contro i vecchi Stati nazionali. Illudersi di voler salvaguardare lo Stato nazionale italiano, non solo rivela una mentalità legata al mito risorgimentale (necessario allora, e già in ritardo rispetto a quasi tutte le altre nazionalità europee) superato dai tempi, ma può di fatto ritardare un processo che può essere l'unico a garantirci una eventuale indipendenza dal mondialismo. La nascita spontanea dei localismi, delle identità a misura macro-regionale, non è altro che la controparte positiva dell'allargamento dei confini di una realtà geopolitica continentale. Nel momento in cui l'uomo deve fare riferimento a dimensioni finora impensate entro cui comunicare e scontrarsi con altri gruppi organizzati, egli psicologicamente necessita di un maggiore radicamento nel proprio spazio psico-biologico. Mentre fino ad oggi tutto si poteva stemperare in uno spazio nazionale entro il quale bene o male avveniva una ricomposizione apparentemente equilibrata dei vari interessi settoriali, oggi che gli spazi si allargano a dismisura ed i gruppi sociali con i quali confrontarsi giornalmente sono molti di più e sicuramente meno omogenei di quelli precedentemente racchiusi nello spazio nazionale, ogni uomo sente il bisogno di legarsi maggiormente a chi gli sta più vicino, e riscopre le radici comuni, come a cercare quelle ragioni profonde che giustificano un fronte comune. Personalmente sono convinto che l'Europa unità si presenterà con una struttura regionalistica sul tipo di quella esistente ai tempi di Federico II di Svevia.
Per quanto invece riguarda l'aspetto sindacale, occorre tenere presente che la società attuale non può essere paragonata a quanto avveniva soltanto qualche decennio fa. Il lavoro è oggi professionalizzato. Ignorare questo fatto, prendendo le difese di un generico "lavoratore", vuol dire fare il gioco di coloro che fino ad oggi hanno comandato sull'appiattimento, sull'egualitarismo, contro la professionalità, il merito, la competenza. E quindi una società di "uguali" facendo emergere il lottizzato ed il raccomandato, contro coloro che, competenti, non chiedono la protezione partitocratica perché non ne hanno bisogno. Pertanto la lotta sindacale si deve concentrare soprattutto sulla "qualità" del prodotto. Qualità che gli italiani possono tranquillamente garantire sol che, anche a livello sindacale, si rompa l'egemonia del sindacato di regime, cinghia di connessione partitocratica col mondo del lavoro, e maggiore fautore dell'egualitarismo massificatore.

 

Giorgio Vitali

 

 

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