da "AURORA" n° 16 (Aprile 1994)

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Commento al Bobbio-commento

Giorgio Vitali

 

Nel numero 86, del 30 marzo '94 de "La Stampa", Norberto Bobbio, punto di riferimento dell'antifascismo piemontese, quindi DOC, scrive un articolo per commentare la vittoria della Destra dal titolo: "La Sinistra fa paura all'Italia".
In questo articolo, vera manifestazione ai limiti della superficialità d'analisi propria dell'antifascismo in quanto tale, il trombone di turno cerca di dimostrare che il popolo italiano è "naturaliter" allergico alla sinistra.
Indubbiamente il popolo italiano, prodotto di secoli di scetticismo religioso e incanaglito da una serie di avvenimenti storici, fra cui, indubbiamente, il prevalere politico-militare del guelfismo sul ghibellinismo nel Medioevo, con conseguente ripudio di tutto quanto quello che di educativo il Sistema imperiale avrebbe potuto lasciare in eredità nella consuetudine civile della popolazione italica; il terrorismo esercitato dalla repressione dogmatica contro il pensiero scaturito dalla esplosione rinascimentale, il ritardo con cui nel nostro Paese è avvenuta la rivoluzione industriale ed il conseguente ritardo con cui gli Italiani si son dovuti misurare con i problemi posti dalla propria indipendenza nazionale, rammollito da mezzo secolo di potere clericale condito da forti dosi di consumismo, permissivismo, colonialismo culturale anglosassone del quale abbiamo accolto solo gli aspetti deteriori. 
Indubbiamente il nostro popolo, nella sua forma di "Massa Amorfa" è sostanzialmente «moderato, trasformista, perbenista, qualunquista e adattabile al cosiddetto meno-peggio».
Ma non è vero che sia stato sempre così, né che, in condizioni particolari, non possa reagire diversamente se ben guidato.
Nel caso specifico del dopoguerra, il trombone Bobbio se la cava con poche parole. Egli dice: «Dopo la 1ª guerra mondiale il Partito Socialista era il primo partito, seguito dal Partito Popolare, che era un partito di Centro. Ma nel 1922, tre anni dopo, Mussolini fiancheggiato dalla Destra conservatrice, prese il potere».
Bella considerazione!
Se una frase del genere, nella sua banale superficialità, potremo concederla ad uno storico del calibro di Montanelli, che peraltro del titolo di storico non ha mai chiesto di volersi fregiare, non possiamo accettarla da un professore universitario che, tra l'altro, pretende di essere considerato un "maitre a penser".
Nell'immediato primo dopoguerra, Mussolini si trovò a dover fare i conti, in primis, con un Partito Socialista incapace di cogliere la realtà sociale emersa dal grande conflitto. Così come il Socialismo italiano, gestito da vecchi tromboni parolai e sostanzialmente mistificatori, non aveva capito le ragioni della guerra, relegando in un pacifismo castrante, altrettanto nel dopoguerra si trovò a contrastare un avvenimento, come il Fascismo che, proprio perché nato spontaneamente, aveva quella carica di «impellenza storica» che l'avrebbe fatto vincere, indipendente dalla personalità eccezionale di Mussolini, personalità che permise di creare quella «sintesi» tra le varie componenti che -giustamente- rivendicavano la vittoria, senza la quale probabilmente, il fascismo sarebbe stato più cruento ed avrebbe accettato meno compromessi. Col senno del poi, ci rendiamo conto che la vittoria del Fascismo era ineluttabile, come sempre accade con chi rivendica una guerra vinta.
Due anni dopo, all'epoca del delitto Matteotti, delitto del quale la matrice sarebbe stata chiara per chiunque, il Socialismo credette, nella sua sordida ingenuità storica, di piegare il Fascismo. E fu il rovinoso Aventino. Manifestazione, quanto altre mai, di presuntuosa impotenza.
Negli ultimi mesi della RSI, Mussolini che non ha mai smesso il suo gioco politico, tenta di convincere i Socialisti Italiani, con la intermediazione della Chiesa, a prendersi la sua eredità. Egli è ben conscio che i comunisti non possono farlo per i ben noti accordi russo-americani.
I Socialisti, per servilismo, per vigliaccheria, ma soprattutto per cecità politica, rinunciano.
Nel dopoguerra, i Socialisti di Nenni si accodano ai Comunisti di Togliatti, che debbono garantire soprattutto a Stalin la stabilità dell'Italia sotto il potere della DC, e con lei, nell'area NATO.
E mentre il MSI, che nasce dalle ceneri della RSI, si sposta sulla destra, nessuna Sinistra emerge nel quadro politico nazionale, che non sia egemonizzata dall'antifascismo.
D'altro canto qualsiasi conato della Sinistra Nazionale, non riscontrando alcuna rispondenza nel quadro politico "di potere", viene sistematicamente risucchiato dal MSI. Con l'ascesa di Craxi, il Socialismo si fa interprete dell'ansia consumistica degli Italiani, e si impone uno yuppismo che ben poco ha a che vedere con una sana politica di Sinistra, mentre il PCI di Berlinguer si fa portatore, in Italia, delle battaglie ideologiche del positivismo americano e del radicalismo consumista (sempre americano).
Oggi la Sinistra pretende di scendere in campo contro un nemico come Berlusconi che rappresenta, oltre il potere persuasivo del "virtual" televisivo, anche l'immagine della colonizzazione del «way of life» americana; proponendo una leadership della faccia mesta ed ipocrita come quella di un Occhetto, vecchio rudere del trasformismo comunista; o di cariatidi di un "azionismo antifascista" ultradatato, alla Adornato; mentre i Verdi, lungi da proporre professionisti seri e competenti per il territorio, espongono la faccia di un guitto di Regime come quella di Ripa di Meana.
Nulla di nuovo, nulla di giovane, nulla di autentico, nulla che corrisponda alla realtà del nostro Paese, alle sue esigenze reali, alle esigenze connesse con la modernizzazione di questa società vecchissima rispetto agli altri paesi europei (basterebbe considerare cosa stanno facendo gli studenti in Francia)!
Non sono gli italiani che temono la Sinistra.
È la sinistra che non esiste... e, se esiste, non è Sinistra!

Giorgio Vitali

 

 

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