da "AURORA" n° 18 (Giugno 1994)

L'INTERVENTO

Torino, 27 maggio '94

Si parla in quest'ultimi tempi di riappacificazione nazionale, sia sul versante antifascista (vedi Scalfaro) sia su quello fascista (vedi Fini), tra chi, insomma, mezzo secolo fa fece una scelta e chi, invece, ne fece un'altra.
Come comunista libertario, non conformista ed "eretico", la cosa potrebbe andarmi bene. In fondo, gli idealisti, gli avventurieri e gli assassini ci sono stati da entrambe le parti e dopo cinquant'anni appare infantile sia per gli uni che per gli altri, stare a scannarsi su chi fu più buono e/o più cattivo (mi viene in mente quella canzone di Bennato, alla fine della quale il cantautore si chiede come mai; «i cattivi sono così tanti da eliminare...»).
Comunque, bando agli equivoci giornalistici, che quando riportano una notizia, sembra sia sempre una rarità inedita, debbo precisare che l'idea della riappacificazione degli italiani è molto vecchia. Già l'amnistia Togliatti, fece si che un consistente numero di ex-combattenti della RSI nel dopoguerra si iscrivesse a quel PCI che allora mostrava un'oscillazione tra un internazionalismo staliniano di osservanza moscovita e una via nazionale che, ispirandosi a Gramsci, teneva conto della cultura del popolo italiano, e che nelle politiche del '48 affiggeva i manifesti con Togliatti in divisa da ufficiale degli Alpini.
Ed è inutile qui elencare i grossi nomi dello spettacolo, della cultura, della commedia all'italiana, conosciuti dal pubblico normale come progressisti, come uomini di sinistra (spesso attaccati dalla stampa di destra) fossero in realtà reduci della RSI. In campo letterario un esempio di personaggio passato all'area comunista, fu l'ex-milite Giose Rimanelli, che però negli anni sessanta ritornerà a destra, per l'ostracismo ricevuto nell'ambiente snobbistico e sofisticato subalpino, dove una casa editrice di grosso calibro, rifiuta la pubblicazione del libro "Il tiro al piccione". 
E non importa che il libro fosse a-fascista, non importa che criticasse l'opportunismo di certi ufficiali repubblichini. Bastava che Rimanelli provenisse da quella parte.
Nel '60 o '61, fu Almirante a lanciare l'appello alla riappacificazione.
Qualche anno dopo, in campo antifascista e sulla scia del gollismo, il repubblicano dissidente Randolfo Pacciardi (già comandante delle Brigate Garibaldi in Spagna) accettò nella sua area Giano Accame, che alle politiche del '68 si presentò come capolista in Liguria per Nuova Repubblica, mentre pochi anni prima a Milano, Giorgio Pisanò dalle pagine del "Secolo XX", rubava l'idea a Pacciardi fondando la seconda Repubblica a cui aderirono diversi partigiani (tra cui l'azionista piemontese Gianni Bandioli).
C'è solo un piccolo fatto da notare però: sia l'iniziativa di Almirante, che quelle di Pacciardi e/o Pisanò, come del resto le ultime ricordate, avevano e hanno un brutto difetto: sono state e sono sempre in funzione anticomunista. In fondo si faceva, si fa appello al badogliano, al monarchico, al liberale, al cattolico o, al limite, all'azionista o al riformista, ma la discriminante resta sempre l'anticomunismo.
E ciò fece e fa molto comodo agli USA e alla CIA. I comunisti restavano e restano i cattivi, e fascisti e antifascisti non comunisti, uniti si limitarono e si limitano a fare dell'anticomunismo, raggruppando a destra e a manca persone di diversa astrazione, senza fare alcun discorso di rinnovamento culturale, anzi... incrementando l'american way of life in Italia (allora ancora in piccole proporzioni e, non faccio il nome, ma a Milano, durante la guerra del Viet-Nam, un notorio "fascista-dissidente", superava per filo-americanismo lo stesso MSI di provenienza e faceva sventolare dai militanti del suo gruppo la bandiera a stelle e strisce alle manifestazioni!).
Fascisti e antifascisti non comunisti, uniti nel nome della sacra patria (quale?) si posero al servizio della CIA in Italia, con tutte le conseguenze che conosciamo: infiltrazioni, stragi, piste "nere" e "rosse" (mentre molto spesso erano bianco-rosa!), logge massoniche, mafie e chi più ne ha più ne metta.
Una simile riappacificazione non posso certo accettarla, come non penso la possano accettare quei fascisti veramente puri, idealisti e rivoluzionari.
Non vedo di malocchio invece una riappacificazione, più che «degli italiani», degli europei e dei rivoluzionari, questo si!
Tale operazione in Italia è sinora quasi sconosciuta, se si eccettua un'organizzazione piccola, ma attiva, che operò, superando veramente gli schemi e le ideologie, durante gli anni '60. Pur provenendo dall'ambiente neo-fascista, questo gruppo fece subito la sua evoluzione, riuscendo a recuperare anche gente di provenienza socialista, qualche comunista e, dopo il '68, persino libertari di cultura hippye. Ufficialmente non si parlava di riappacificazione, ma una volta entrati nel gruppo si era semplicemente militanti per la futura Europa unita, mettendo al bando tutte le nostalgie fasciste o resistenziali che fossero, e guardando invece avanti, verso il futuro. Vi furono contatti fra questo gruppo, che non agiva solo in Italia, con alcuni governi dell'area comunista che cercavano di emanciparsi dal controllo sovietico, con movimenti di liberazione del Terzo Mondo e con rivoluzionari sudamericani. Poi il gruppo si sciolse, e i suoi militanti (pochi, ma incisivi) si diramarono su fronti diversi. Chi ritornò nell'area neo-fascista di provenienza, chi aderì ai partiti centristi e chi approdò a sinistra, compresa quella extraparlamentare.
Non vedo quindi impossibile una riappacificazione tra i rivoluzionari. Anche perché, da sinistra (forse scandalizzando la sinistra ufficiale italiana), ci sono esempi concreti di tale operazione, soprattutto in alcuni paesi del "socialismo reale": contatti del PC romeno con alcuni ex-membri della Guardia di Ferro (che nel dopoguerra, quelli sopravvissuti, avranno pienamente gli stessi diritti e doveri di tutti i cittadini), allo sconosciuto (anche se "satellite" della SED) Naktional Partei della DDR, che raggruppava gli ex-iscritti alla NSDAP nazista, al gruppo cattolico nazionalista polacco PAX, che, simpatizzante per i falangisti durante la guerra di Spagna, diverrà nel dopoguerra organo del governo "comunista" di Gomulka e Gierek, fino alla collaborazione con i sovietici di elementi Ustascia in funzione antititina, e al recente "nazionalcomunismo" sovietico in funzione anti-Eltsin che tutti conosciamo.
Non è utopia, dunque, una vera riappacificazione tra rivoluzionari.
Certamente ho molte riserve sui contenuti ideologici e culturali di ambo le parti potenzialmente disposte. Mi spiego. 
Non si deve trattare di far tornare lo Zar o Giuseppe Stalin (il mondo va avanti!), il potere temporale dei Papi o il feudalesimo; né tantomeno di abbracciare tradizioni estranee alla nostra, o qualsiasi forma di integralismo religioso o filosofico.
La parte "fascista" deve riscoprire la sua ottica libertaria e "nichilista" propria del Sindacalismo Rivoluzionario, del futurismo, mentre la parte comunista deve riscoprire il senso della nazione (europea). Solo così si potrà creare una forza socialista, libertaria e nazionale al contempo. So che è difficile, che ci sono delle resistenze da tutte le parti interessate.
Ma un domani... chissà...

GiDi

 

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