da "AURORA" n° 18 (Giugno 1994)

LA POLEMICA

Su una disputa fra intellettuali

Giorgio Vitali

Marco Tarchi ha scritto su "L'Indipendente" del 17 maggio un articolo dal titolo: "Alleanza nazionale nella stanza dei bottoni".
In questo articolo, che parte dall'analisi delle varie reazioni al successo del MSI-Alleanza Nazionale, il noto politologo della "Nuova Destra" si pone il solito vecchio quesito: nel caso della "pacificazione", basata sul riconoscimento reciproco, fra ex-nemici della "Guerra Civile", dei propri meriti e dei propri demeriti, così come proposto da Michele Salvati sul "Corsera" del 14 maggio, che ne uscirebbe fuori? Tarchi esclude che il PDS di Occhetto e D'Alema possa accettare una situazione che lo priverebbe della massa di manovra dimostrata il 25 aprile scorso, e per quanto riguarda il MSI il discorso sarebbe lo stesso, essendo, questo partito, vissuto sempre sull'identità nostalgica che lo ha tenuto a galla per mezzo secolo, mentre ora dovrebbe confrontarsi con programmi di destra allineati ai tempi.
In buona sostanza, Tarchi sostiene cose risapute: un partito con una politica interna, basata sul nostalgismo e sulle leve del sentimento nonché sulle formule socializzatrici, ed una politica esterna che si è dimostrata, fino ad oggi, quale supporto, da destra, al centro democristiano (alla politica vaticana, ed alle linee direttrici dell'americanismo). E si riferisce esplicitamente al cinismo di Fini pari se non superiore a quello del suo predecessore.
Stesse cose Tarchi ribadisce in un recente articolo in risposta ad una serie di interventi da parte di Alleanza nazionale.
L'intervento di Enrico Nistri, pubblicato sul "Secolo" del 24 maggio è a mio avviso abbastanza significativo. A parte le larvate accuse di «risentimento» e di «superbia intellettuale» attribuite a Tarchi, Nistri dice alcune cose su cui riflettere.
Ad esempio: «un partito perseguitato con tutti i mezzi possibili... tenuto per quarant'anni sotto la spada di Damocle di una legislazione liberticida». Il primo commento che si può fare è che prendere queste considerazioni per buone vuol dire ignorare la storia e la geografia, e soprattutto ignorare che, a quanto avviene in Italia, non è estraneo ciò che avviene nel Mediterraneo, nel Mondo, ed anche al di là del Tevere.
«Hanno fatto o lasciato mettere le bombe sui treni per criminalizzare una generazione, hanno portato l'Italia sull'orlo della guerra civile per difendere il loro diritto di continuare a rubare» Anche a questa frase bisogna pensare. Infatti, credere che chi ha messo le bombe sui treni lo abbia fatto per innervosire i giovani di Destra italiani è cosa grave. Vuol dire credere che i giovani di Destra rappresentino una qualche entità per chi deve gestire gli equilibri geopolitici! Per chi ha sott'occhio, 24 ore su 24, tutte le aree geografiche di questa ristrettissima Terra! 
Qui, ovviamente, non si vuol negare l'importanza e la necessità del pragmatismo, ma questo pragmatismo va inserito in un contesto più grande.
Qual'è oggi il problema?
Quali sono le motivazioni degli Italiani? Quali le esigenze primarie? Che cosa si vuole salvare del passato? L'identità di un gruppo di amici legati da vecchi ricordi e vecchie battaglie? L'aspetto sentimentale, che è pur un elemento costitutivo del temperamento individuale e dei legami di gruppo? Quale è l'idea dell'Italia, e quella della Europa, e quella dell'Italia in Europa, che si vuol sviluppare e sulle quali ricercare il consenso? (Quello vero, e non quello sentimentale o pubblicitario!!) Quali i rapporti col dominatore americano, che è arrivato in questi giorni in Europa pretendendo l'ossequio servile dei paesi europei, «per averli liberati»?
Ed allora lasciamo l'ideologia, le recriminazioni reciproche, le accuse, i risentimenti. La politica è concretezza. I primi fascisti che affrontavano gli avversari nell'immediato primo dopoguerra potevano avere una base sentimentale nei ricordi di guerra e degli amici lasciati a svaporare sulle pietraie del Carso, ma avevano elementi concreti di azione davanti agli occhi, per cui non potevano avere dubbi sulle scelte. Similmente, alla nascita della RSI, molti che si erano fregiati delle aquile scoprirono che non erano fascisti (pur senza essere degli opportunisti e dei vigliacchi... ne ho conosciuti molti!) ed altri che non erano mai stati fascisti si scoprirono fascisti. Sono le situazioni storiche che determinano le scelte politiche. Fino a qualche mese fa, l'Italia era un paese totalmente bloccato. Il trattato di pace, le strategie e dei vari potentati interessati al controllo del Mediterraneo, l'interesse del Vaticano che aveva, ed ha, necessita di un supporto geografico alla sua politica mondiale, la pace di Yalta, la pseudo-minaccia russa, l'integralismo religioso, avevano creato una serie di veti incrociati che attanagliavano il nostro paese costringendo la vecchia classe dirigente a barcamenarsi fra tanti Erodi e altrettanti Pilati.
Oggi noi assistiamo ad una schiarita, dovuta al crollo del Muro di Berlino, ad un processo di integrazione europea che, se pur lento, è ben visibile a chi vive, come il sottoscritto, nel mondo professionale, ove iniziano a far capolino leggi di carattere europeo che costringono l'Italia, ferma da decenni anche nella evoluzione culturale del corpo sociale, a fare salti in avanti di straordinaria lunghezza.
Ma questo processo di integrazione europea, comporta necessariamente dei grossi pericoli e quindi delle scelte. Con l'Europa o con l'America?
Con l'Europa, o con un'America che senza mezzi termini viene a chiedere l'ossequio servile, l'ossequio che sempre si chiede al vinto: di ringraziare il vincitore per averlo vinto, e che questo sistema politico, il sistema dei Berlusconi e dei Rutelli, oltre che quello degli Scalfaro, è ben lieto di prosternarsi a fare... (o non ha altre alternative)?
Questi non sono fatti marginali, ma elementi sostanziali che comunque lasciano il segno. Il MSI, costretto a barcamenarsi, come ha sempre fatto, tra forze politiche forti del supporto di potentati esteri, che scelte potrà fare?
La cosa mi lascia indifferente, perché il compromesso alla lunga uccide.
I fatti si incaricheranno di far nascere nuovi soggetti politici, necessariamente al di fuori dei vecchi schieramenti, e nessuna forza di compromesso potrà bloccare questo processo perché le modificazioni dell'assetto geopolitico sono tali da determinare necessariamente la creazione di nuove forme di aggregazione umana, in Italia come negli altri paesi del mondo. 
Una prima forma di novità ci viene dal successo di Berlusconi. Successo che va al di là delle stesse previsioni Fininvest.
Qualunque cosa si possa pensare del fenomeno, qualunque dietrologia si possa escogitare, sta il fatto che ha vinto il "grande fratello".
Ha vinto perché Berlusca è comunque il grande fratello, che oggi si autopropone come esportatore del "modello americano", ma domani, sulla spinta del Mercato (Marketing), o vuoi di qualche altra cosa, potrebbe autoproclamarsi e videoimporsi in altra veste.
Niente di strano in tutta ciò. Il potere si sostanzia sempre con il controllo della comunicazione. La Chiesa può ancora dettare legge grazie al fatto che per saecula saeculorum ha controllato l'informazione e la comunicazione, fino alla invenzione della stampa, quando le è scappato di mano il controllo del pensiero..., ma da quel tempo fin quasi ai giorni nostri, colui che aveva scritto e diffuso pensieri "cattivi", se veniva acchiappato, finiva male! Sono fatti che non dobbiamo mai dimenticare!!!
Le Guerre Galliche, come ho più volte scritto, non le ha documentate Vercingetorice, ma Giulio Cesare!
È chiaro che nei confronti del grande Fratello sta nascendo un consenso ed una opposizione che non sono più quelli che aggregavano i Partiti politici prima dell'Era Berlusca, ma è qualcosa di nuovo che oppone chi è per la Libertà vera contro chi della Libertà se ne frega.
E qui non si tratta più di superare i vecchi steccati fra repubblichini e partigiani, riconoscendo i reciproci torti.
Nei confronti dell'Europa, e dei suoi futuri rapporti con l'America, nel nostro paese avverrà una spaccatura identica.
Chi non accetta l'americanismo e le sue forme consumistico-permissive e propende per un europeismo austero germanocentrico, chi propende per una Teocrazia Cattolicocentrica, che sviluppi una sua strategia panreligiosa accordandosi con l'Islam ed il Buddismo... ecc.
Una cosa è certa.
Gli eventi sono e saranno tali da determinare nette prese di posizione, non paragonabili a quelle precedenti, perché il punto di riferimento non potrà essere più la dimensione nazionale, diventata ormai troppo piccola, tanto in rapporto alle esigenze dei nuovi mercati, quanto in rapporto all'informazione (villaggio globale) e quanto alla trasmissione delle nuove conoscenze, oltre all'amplificarsi in modo imprevedibile dei mezzi di trasporto che trasferiscono giornalmente da un capo all'altro del mondo, masse sempre più numerose di esseri umani, che si muovono per lavoro e per turismo...
Quindi, le future scelte politiche da proporsi in Italia saranno vincenti nella misura in cui riusciranno a proporre alternative reali e credibili, capaci di riallacciarsi al passato per sottolineare la propria credibilità con la continuità e prospettare soluzioni tali da essere recepite dalle persone come concrete possibilità di appagamento di fondamentali esigenze.
Non credo che coi compromessi si possa affrontare il problema con la speranza di uscirne fuori in qualche modo. Insomma, frasi come quella che ho letto sulla copertina de "L'Italia Settimanale", relativa alla conquista di Roma da parte degli Angloamericani: «Ci portarono la Libertà e ci tolsero l'indipendenza», chiarissima nel tentativo disperato di cercare ad ogni costo un compromesso, perché non esiste libertà dove manca il presupposto stesso della medesima, cioè l'indipendenza; frasi di questo tipo che denunciano il bisogno di trovare comunque un qualche punto di connessione fra le "forze di governo", nel breve periodo saranno prive di significanza per la stragrande maggioranza degli Italiani, e così come con grande rapidità sono caduti nella polvere personaggi che fino al giorno prima si ritenevano inamovibili, con la stessa velocità gli eventi politici imporranno scelte che chi non è pronto non potrà fare delegandole di fatto agli altri.

Giorgio Vitali

 

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