da "AURORA" n° 20 (Settembre 1994)

RECENSIONI

 

Renato Pallavidini

Itinerario politico (Diario di un militante)

Ed. Barbarossa Milano, '92    pp. 88 £. 14.000

 

Destra e sinistra, fascismo e antifascismo, comunismo e anticomunismo, rivoluzione e reazione, rosso e nero e via elencando: una serie di antitesi, contrapposizioni dialettiche che hanno fatto la storia del XX secolo dell'era cristiana in Europa e oltre.
Una storia di sangue, di guerre civili europee, di passioni laceranti non solo tra nazioni e popoli, ma anche all'interno degli stessi, fino a dissociare all'interno le coscienze stesse degli uomini che militarono sui fronti contrapposti e complementari nell'era oscura della civilizzazione moderna, nell'Europa della «morte di Dio».
Tutto ciò sembra oggi molto lontano, un qualcosa che appartiene al passato, consegnato definitivamente alla storia, anche alla luce (si fa per dire) degli avvenimenti recenti dell'Est Europa, con l'ingloriosa implosione del marxismo-leninismo, almeno, per quanto concerne il vecchio continente.
Ma è pur sempre un passato che milioni e milioni di donne e uomini, anziani e giovani hanno vissuto" drammaticamente sulle più diverse barricate, interiorizzandone per sempre ideali e miti, filosofie e stili comportamentali, ricordi e speranze, pensiero e azione militanti, rimanendone profondamente segnati.
Renato Pallavidini, autore di "Itinerario politico (Diario di un militante)" è appunto uno di costoro e qualcosa di più. Perché egli, nell'incessante ricerca di una palingenesi sociale rivoluzionaria attivizzata dai grandi miti vitalistici di massa della sua e nostra generazione, ha percorso entrambe le vie, aperto le tante porte sul mistero offerte da differenti opzioni politico-esistenziali; fino a smascherarne la falsità dicotomica, la vuotezza ed inconsistenza politica come umana che tutte le caratterizzò. Per andare oltre...
Già il sottotitolo del suo diario militante, del suo breviario ideale-esistenziale, ora edito dalla Società Editrice Barbarossa, è una sintesi del suo contenuto: «Esperienze personali di un militante nazionalpopolare all'interno e oltre le contraddizioni dei modelli rivoluzionali marxista e fascista».
Ecco allora come un giovane idealista degli anni '70 potè aderire all'organizzazione giovanile missina, per poi passare, nella seconda metà degli stessi anni '70, «dall'altra parte della barricata», nell'ex-partito comunista italiano. Vivendone, come nella precedente esperienza, tutte le enormi contraddizioni tra la teoria socialmente rivoluzionaria e operaistica e una prassi politica squallida, di piccolo cabotaggio socialriformista borghese, fino ad arrivare all'estremismo berlingueriano ed infine all'autoliquidazione Occhettiana dello stesso PCI, oggi diviso tra rinnegamento e nostalgismo, proprio come il MSI a destra.
Bruciata in breve anche questa esperienza, il congresso missino di Rimini e l'inattesa elezione di Rauti alla segreteria nazionale, dettero al nostro (e a molti altri illusi dell'area nazionalrivoluzionaria) una nuova speranza di superamento dei vecchi schematismi ideologico-politici, per una politica veramente nuova.
Pia illusione, ancor più breve delle precedenti, naufragata a pochi mesi nello squallore dell'impotenza, della confusione, del naufragio elettoralistico, del più incredibile reazionarismo rispetto alle originarie posizioni antimperialiste e antisioniste, subito rinnegate per un piatto di lenticchie ...vuoto!
Tetragono ad ogni scoramento, ribelle al destino, Pallavidini non si arrende. Continua la sua cerca, per trovare l'Erba voglio, il fortunato quadrifoglio che non c'è! Di nuovo in pista, nell'agone politico; di nuovo in prima fila nella scuola, davanti alle fabbriche oramai disertate anche dai sindacalisti felloni d'ogni colore. Ancora illusioni e delusioni, ma disillusioni mai!
E la queste continua, verso una nuova azione politico-sociale, creatrice di inedite, ardite sintesi creatrici.
Tutti i "dinosauri" dalle arterie dure di entrambe le parti certo considereranno l'autore di esperienze così diverse poco più che un voltagabbana dalle idee confuse. I più avveduti e seri penseranno comunque che sia perlomeno un ingenuo nella sua fiduciosa attesa volta a volta verso i vari mestatori dei politicume nazionale; vecchie puttane della politica, cialtroni del rivoluzionarismo da salotto o da cattedra che hanno blasfemamente scimmiottato i grandi esempi del passato, o anche soltanto sprovveduti capetti di borgata incollati a schematismi e prassi politiche, vecchie almeno di un paio di generazioni.
Se veramente lo è, ingenuo, certamente siamo in presenza di quella nobile "ingenui(ni)tà" che denuncia l'uomo di razza, il militante antiborghese e veramente "rivoluzionario', nel senso etimologico del termine.
Un "Don Chisciotte" della politica? Forse, per quello almeno che suscita in tutti di melanconico rispetto e stima la figura sfortunata dell'eroe di Cervantes, l'ultimo cavaliere errante riarso da quella febbre inestinguibile che è l'amore per la Giustizia, la Verità, l'Onore, in questo popoloso deserto dei Valori che è il mondo moderno.
Ben altri e più famosi, del resto, sono stati nel nostro secolo, gli esempi di uomini audaci, forti anticipatori dei tempi, che vagarono da una sponda all'altra della rivoluzione politica e sociale, nazionale ed internazionale; ma sempre in totale disinteresse personale e dedizione alla Causa. Furono loro i Creatori, i Condottieri, i Forgiatori delle Nuove Sintesi, sempre in anticipo sui loro tempi.
Quella di Pallavidini, come di tanti altri come lui, è stata comunque militanza attiva, vissuta nel quotidiano dell'impegno sociale, anche nel rischio personale e professionale, non semplice, "dotta" disquisizione ex-cathedra, da intellettuale organico solo al sistema dominante e teso solo al riconoscimento sociale e professionale da parte dell'intellighentia al potere.
La qual cosa non esclude, bensì presuppone una ricerca teoretica funzionale allo scopo, una lucida analisi dei meccanismi sociali e dei modelli rivoluzionari marxisti e fascisti, ben delineati nella seconda parte, dello scritto di Pallavidini dal titolo: "Verso una grande forza etnica e popolare rivoluzionaria".
Un testo dunque questo "Itinerario politico" che va ben oltre l'esperienza personale del protagonista ed autore per coinvolgere tutta una «generazione perduta» e ora forse «ritrovata» di giovani idealisti di tutte le provenienze. Pagine a volte amare che inducono alla riflessione, all'introspezione, all'analisi spietata della vita e dell'opera di ognuno dei lettori; almeno di quelli che hanno comunque deciso di non arrendersi mai, neanche di fronte alla cosiddetta evidenza. Che poi tanto evidente non è, come ci hanno insegnato (speriamo) le vicissitudini di idee rivoluzionarie che sembravano marciare vittoriose spiegando le bandiere al vento della Storia. Per poi finire in breve come sappiamo.
Una considerazione questa che, lungi dallo scoraggiarci, deve al contrario sollevarci gli animi alla speranza, all'ottimismo della ragione e a quello della Volontà: perché se «tutto è scritto, nulla è scritto».
L'"Itinerario politico" suo e nostro continua nella serena certezza che i sentieri solitari dell'animo, dipartitisi dai più lontani orizzonti, dalle più aspre vette del dolore e della disperazione, sono destinati a convergere, incontrarsi, fondersi e infine aprirsi alle assolate distese dell'Ultima Valle.

 

 

articolo precedente