da "AURORA" n° 19 (Luglio - Agosto 1994)

IL MOVIMENTO

Signor Ministro vogliamo sapere...

L. C.

Puntualmente, da oltre trent'anni, ad ogni cambio dell'esecutivo, tornano d'attualità i Servizi d'Informazione. Non sono bastate le condanne dei tribunali, le innumerevoli riforme, l'istituzione di Comitati di controllo parlamentari per riportare nella legalità gli «spioni di Stato». Dalle schedature di massa e dal tentato "golpe bianco" del generale De Lorenzo sino ai "fondi neri" del SISDE, dalla strage di Piazza Fontana a quella della Stazione di Bologna, dalle deviazioni piduiste del generale Santovito ai rapporti con Camorra e Mafia, gli 007 italiani, sono stati un ausilio prezioso dei governi che si sono succeduti nel Paese. Le motivazioni che accompagnano le condanne di ufficiali dei "servizi" per le stragi di Bologna e Peteano non lasciano dubbi sul ruolo preminente che costoro hanno svolto.
Ben conoscendo questi precedenti, non siamo rimasti sorpresi dallo «scoop» del Ministro dell'interno Roberto Maroni che, bontà sua, si è degnato di informare il Parlamento, e la pubblica opinione, dell'esistenza negli archivi del SISDE (Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica), di 45 fascicoli informativi su movimenti e organizzazioni politiche, dei quali ben due ci riguardavano direttamente; il primo come Movimento Antagonista; il secondo come Sinistra Nazionale.
Ora, quanti ci conoscono, anche superficialmente, sanno bene che il nostro movimento non rappresenta un pericolo per le istituzioni, che accettiamo le regole del confronto democratico, che ricerchiamo con mezzi leciti il consenso su delle tesi politiche, che nessun nostro militante è mai stato coinvolto in atti di violenza o sopraffazione a danno di istituzioni o persone. Quindi non ci sembra vi fossero, e ci siano, motivi tali da giustificare l'apertura di indagini e fascicoli nei nostri confronti. Indagini senza dubbio illegali, nell'ambito delle quali sono state compiute azioni contemplate come reati dal Codice Penale in vigore. Da cittadini ligi alle regole abbiamo rivolto a chi di dovere la richiesta di visionare i fascicoli che ci riguardavano. Siamo stati informati che non siamo «abilitati, per evidenti ragioni di opportunità» a conoscere quante e quali informazioni i «deviazionisti» del SISDE hanno «accumulato» nei nostri confronti. E, badate bene, la nostra curiosità era legittima, non solo dal punto di vista umano (conoscere il giudizio del «potere» è di per se «stuzzicante»), ma anche, anzi soprattutto, per chiarire se in quei due «faldoni» vi sono tracce di reati compiuti a nostro danno.
Non ci riferiamo alle piccole angherie quotidiane; ai militanti convocati in caserme e questure per rispondere a domande su riunioni, attività e progetti politici «precisi», che possono essere conosciuti solo da chi, attraverso una rete capillare di intercettazioni telefoniche e d'altro tipo, tenga strettamente controllata ogni nostra iniziativa e conversazione, né a qualche perquisizione intimidatoria, ma all'incursione notturna, previa effrazione della serratura esterna e sfondamento delle porte interne, avvenuta nel mese di gennaio presso la sede del movimento.
«Incursione notturna» ritenuta dagli stessi inquirenti, intervenuti per i rilievi di rito, «inspiegabile sia per le modalità, che per le risultanze».
Se gli «incursori», penetrati nella nostra redazione, fossero stati semplici ladruncoli, avrebbero sicuramente fatto razzia di tutti quegli oggetti appetibili per la piccola criminalità, perché facilmente smerciabili: fax, macchina da scrivere, fotocopiatrice, radioregistratore, megafoni, impianti d'amplificazione. Se la "visita" fosse stata opera di avversari politici, questi avrebbero sicuramente danneggiato gli oggetti e la sede stessa.
Ebbene, nulla di tutto questo. Tutto è stato lasciato com'era, neanche un foglio fuori posto, esclusa la scomparsa di una ventina di audiocassette nelle quali erano registrati comizi e conferenze. Nei locali non erano custoditi indirizzi o agende telefoniche.
Ora, non per smentire quanto ha affermato il Ministro Maroni: «non credo che gli italiani siano davvero interessati al contenuto di quei faldoni», noi, che siamo cittadini italiani, «siamo interessati» anche per appurare se all'interno di quei due fascicoli vi sono le prove di quella «incursione» notturna da noi subita. Abbiamo il sospetto che quei «visitatori» avessero il compito di reperire materiale per aggiornare ed ingrossare quei "faldoni", che dovrebbero avere una certa consistenza visto che lo stesso Maroni ha dichiarato nella sua esposizione al Senato che: «un settimanale avrebbe materiale almeno per quattro anni».
Questa vicenda dimostra, se ancora ve ne fosse bisogno, quanto sia demagogico, nel nostro Paese, parlare di diritto di riunione e associazione garantito dalla Costituzione. Ci dimostra quanto puerile e falso sia parlare di «nuovo» che ristabilisce regole e garanzie uguali per tutti.
Questo «nuovo» ha ereditato le peggiori abitudini del «vecchio», perché, un Ministro dell'Interno che ordina un'indagine: «per analizzare l'arcipelago della destra e della sinistra extraparlamentari» e (sic) «sulle organizzazioni pericolose per la stabilità democratica», che, contestualmente, si rifiuta di rendere pubblici -o di portare almeno a conoscenza degli schedati- i fascicoli illegalmente costituiti, dimostra di essere in perfetta sintonia con gli Scelba, i Cossiga, i Mancino che hanno precedentemente ricoperto lo stesso incarico, operando nell'ottica della conservazione del potere, spiando e reprimendo illegalmente i movimenti politici svincolati dalle centrali di potere tradizionali.
Se così non è, il Ministro Maroni deve dimostrarcelo con i fatti, rendendo agibili quei fascicoli.
Certo, da uno che accusa i propri «soci» di governo di averlo truffato e ingannato non ci aspettiamo risposte.
Ogni popolo ha il governo e i ministri che si merita. Ma un Roberto Maroni, per quanto l'Italia sia malmessa, proprio non lo meritiamo!

L. C.

 

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