da "AURORA" n° 20 (Settembre 1994)

EDITORIALE

Una sinistra con le «palle»

Luigi Costa

La vicenda delle nomine RAI delinea assai meglio di qualunque discorso, qual è la reale natura delle sedicenti "nuove" formazioni politiche italiane, sia di maggioranza che di opposizione.
Già su queste pagine ("Aurora" n° 6, giugno 1994 nell'editoriale "Ma lo spot non basta") indicavamo in quale direzione marciasse il cosiddetto «Polo della Libertà» in tema di informazione. Vi sostenevamo, infatti, che uno dei primi obiettivi, della «squadra» berlusconiana era di ridurre ai minimi termini le voci dissenzienti, arrivando, in tempi brevi, al controllo totale, anche, della TV di stato.
Nessuna sorpresa, quindi, allorquando, con un «colpo di mano» degno delle «mitiche» tradizioni spartitorie del defunto Centrosinistra, le truppe del Cavaliere, sostenute dalla fattiva collaborazione degli «ascari» di "Alleanza Nazionale", hanno espugnato il malconcio fortino di Xaxa Rubra, incontrando in verità una men che simbolica resistenza.
Se quanto accaduto alla RAI era ampiamente scontato, meno prevedibile, perché apparentemente illogico, è l'atteggiamento che sull'intera vicenda hanno assunto le opposizioni; in particolar modo quella del PDS che, con la segreteria D'Alema sembrava aver in parte ritrovato la lucidità e la vitalità oppositoria smarrite durante la lunga, scialba e incolore gestione occhettiana.
Ci era, infatti, parso di cogliere, nelle prime mosse dalemiane una volontà precisa: quella di riacquistare una propria autonomia dal pesante atteggiamento di sudditanza che, da qualche anno, la Sinistra in generale e il Partito Democratico della Sinistra in particolare, mostravano verso il cosiddetto «partito di Scalfari».
Sennonché, il «basso profilo» mantenuto dalla sinistra istituzionale, prima, durante e dopo la «normalizzazione» dell'Ente radiotelevisivo, smentiva queste nostre, prime e positive, impressioni. 
Né possiamo, seriamente pensare che la posizione defilata del PDS, nella questione, possa imputarsi alla momentanea e per certi versi comprensibile incapacità, dell'acerba segreteria dalemiana, ad organizzare una pronta ed adeguata risposta alla "protervia" lottizzatorie messa in campo da Berlusconi ed af(Fini). Anzi, si ha la netta e piuttosto sgradevole percezione che la reazione sotto tono sia da collegare (e vorremmo, una volta tanto, essere smentiti dai fatti) con la sostanziale tenuta, nei nuovi organigrammi della Terza Rete, delle precedenti posizioni. Quelle, per intenderci, acquisiste dal PDS nelle "tornate" spartitorie gestite dal "CAF", poi ribadite e confermate durante la breve stagione di Mino Martinazzoli alla segreteria scudocrociata.
Questi nostri timori sono ampiamente suffragati dal modo limpido e lineare con cui la maggioranza di governo, attraverso il duo Tatarella-Ferrara (il primo benché "istituzionalmente" responsabile delle Telecomunicazioni è rimasto "stranamente" defilato nelle polemiche di queste settimane); politicamente più "vocato", alla bisogna, dei "grigi" funzionari Fininvest, tenta di pervenire ad una riedizione aggiornata del consociativismo. Con l'intento, attraverso un tacito accordo con le opposizioni, di "blindare" l'informazione, televisiva e non. Utilizzando, per conseguire lo scopo, oltre alla promulgazione di leggi "ad hoc" e nomine mirate nei punti chiave (per quanto riguarda la RAI), anche la gestione delle quote pubblicitarie controllate, per oltre il 50%, da Pubblitalia, azienda di proprietà del Presidente del Consiglio.
Che i post-comunisti si prestino ad una simile operazione (magari mostrando la "faccia feroce") non deve sorprendere più di tanto; già nella lunga stagione del Centrosinistra, furono accordi di questo tipo a garantire la "pax informativa", senza che il PCI prima e il PDS poi rinunciassero a blaterare sull'esigenza «per un Paese democratico di "poter contare" su un'informazione indipendente e corretta».
Una maggioranza e un'opposizione, insomma, che sembrano alla disperata ricerca di un "modus vivendi", a conferma che la «Seconda Repubblica altro non è che la prosecuzione, con gli stessi mezzi, della Prima».
Solo l'ira di Umberto Bossi, sentitosi defraudato della parte di "bottino" che riteneva "legittimamente" gli spettasse, ha impedito che la vicenda RAI si concludesse senza eccessivi clamori.
Se l'assetto della RAI è stato in qualche misura riaperto dalle "protese" di Bossi, anche sulla «Legge Finanziaria» la Sinistra ha mostrato tutta la sua inadeguatezza, nonostante le proteste spontanee di larga parte dei lavoratori dipendenti che, come al solito, risultano essere i più colpiti dalla manovra governativa e che appaiono destinati a sostenere, anche in futuro, il peso maggiore del cosiddetto «risanamento dell'economia».
La pretesa equanimità della "Finanziaria" si risolve in un'ulteriore spoliazione delle residue garanzie che lo Stato sociale assicurava, e ne risultano colpiti oltre che salariati e pensionati anche i ceti intermedi, in modo particolare le piccole-medie imprese artigiane ed agricole.
Anche in questa occasione, la reazione della Sinistra si sta risolvendo nel solito e improduttivo "chiacchericcio" parlamentare, senza nessun ricorso alla mobilitazione popolare, unico mezzo per impedire, alle oligarchie liberiste, di cancellazione e definitivamente il sistema di garanzie sociali. Né crediamo che lo sciopero generale indetto dai sindacati sia una risposta adeguata alla gravità dei provvedimenti assunti dal Governo.
Occorre ben altro; molto di più di quanto questa Sinistra è in grado di dare, cioè un'alternativa credibile, radicale, come lo può essere solo un modello di società e un'idea di Stato irriducibilmente contrapposti e antagonisti al modello dominante.
Questo andiamo da tempo ripetendo, e non certo perché avviluppati in nessuna infatuazione «estremistica». Ed è questo che dovrebbero capire anche i militanti della Sinistra Nazionale che ritengono che PDS e Rifondazione Comunista vadano blanditi, in quanto sarebbero, a loro dire il «male minore» rispetto al pericolo immediato del «male maggiore» rappresentato dalle Destre al governo.
Questo assunto ha una sua validità tattica (e il Movimento Antagonista per la Sinistra Nazionale ha in tutte le occasioni possibili fatto blocco «a sinistra»), ma unicamente, e solamente, un valore contingente, che non può in alcun modo inficiare né l'analisi della situazione politica complessiva, né inibire le prospettive strategiche del Movimento. 
Né possono essere tali da impedirci di considerare che il «male minore» rimane ed è, sempre e comunque, un «male».
Cosa importantissima se si ritiene, come noi riteniamo, che il «male minore» rappresentato al momento dalla Sinistra istituzionale può nel tempo rivelarsi un «male maggiore», specie nel caso in cui certo capitalismo "liberal", non riuscendo ad accordarsi con Berlusconi & C., riesca con il contributo del Polo progressista, a scalzarlo e a sostituirlo nelle responsabilità di Governo.
Perché, e non ci stancheremo di ripeterlo, quello che oggi viene definito come sinistra, nulla conserva, o quasi, delle idee, dei programmi, dei valori che storicamente identificano la "sinistra".
Siamo seri, può il Partito Democratico che D'Alema va teorizzando, e che è una sorta di "melting pot" ideologico (alla pari della "Carovana" di Occhetto; che arrivò a corteggiare persino un pluritrasformista come Pannella), che oltre ad inglobare, presumibilmente, al suo interno, forze dichiaratamente ultraliberiste (: pensiamo al "Partito di Scalfari", ai fuoriusciti repubblicani -Visentini in testa- Mariotto Segni e via elencando), esclude che i suoi referenti privilegiati possano essere i salariati, i ceti medi, i meno abbienti, e che anzi rivolge sfacciatamente le sue attenzioni e lusinghe al capitalismo cosmopolita, antinazionale, antieuropeo, filo-imperialista che, seppure al momento si trovi schierato contro Berlusconi e le Destre, in prospettiva non è, di questi, meno pericoloso.
Altro fatto, che ci sembra il caso ai rimarcare con grande attenzione è, che questa Sinistra, nonostante tutti i suoi compromissori cedimenti a certo laicismo "liberal", non è riuscita a darsi nessuna strategia in grado di impensierire le Destre vincenti. Intendiamoci, una strategia politica seria che non sia la rimasticatura di certo "tardo-azionismo" che, come già dicevamo, con la Sinistra non ha nulla da spartire.
La stessa infatuazione "azionista" che, durante la segreteria Occhetto, ha finito col far convergere milioni di voti di tecnici, operai, pensionati, artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori (basti pensare al successo delle Destre, il 27/28 marzo, a Mirafiori) su Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Che la Sinistra istituzionale abbia da tempo abdicato al ruolo che è proprio a qualsiasi organizzazione socialista (: la difesa dei più deboli, la rappresentanza degli interessi e delle esigenze dei ceti produttivi) è lampante.
Di ciò dobbiamo prenderne atto senza manicheismi "anticomunisti", ma anche senza cadute nel vizietto storico proprio del peggior marxismo. Quello, per capirci del determinismo dialettico che pretende di catalogare, con presunti criteri "scientifici" tutto l'esistente, criminalizzando quanto non traeva origine e legittimazione dal marxismo: Fascismo = reazione capitalista, Socialismo = socialfascismo, Religione = oppio dei Popoli e via dicendo. Tutto questo è fuori, definitivamente dalla storia, anche se, a nostro avviso continuano ad avere una loro utilità nella battaglia della Sinistra Nazionale alcuni pensatori di scuola marxista (: basti pensare a Gramsci, e ad una parte rilevante dello stesso Lenin), ma non ci pare serio continuare a considerare se non un immenso, tragico disastro tutte, ripetiamo tutte, le esperienze di "socialismo reale".
Per questo ci appaiono sempre più ridicoli coloro che continuano a misurare, in centimetri, le differenze che intercorrono tra «mali minori» e «mali maggiori», quando la realtà stessa è evidente come il pugno in un occhio.
Ed è con la realtà di questa Sinistra anchilosata, banale, incoerente, neo-liberista, arruffona (incapace, persino di sfruttare tutte le occasioni di "contropiede", che la «squadra» berlusconiana le ha generosamente offerto); priva di progetto politico, di identità e di certezze che non siano quelle derivanti da un puerile e ridicolo antifascismo, il quale è stato la ragione vere, la rampa di lancio, da cui si è proiettato Gianfranco Fini per costruire la sua fortuna elettorale, divenendo, piaccia o non piaccia (e a noi sicuramente non piace!), il nerbo attorno al quale ruota l'attuale quadro politico.
È quindi scandaloso, con queste premesse, definirsi alternativi; oltreché alla Destra, anche di "questa" Sinistra? O non è più scandaloso udire, dalla viva voce, di qualche "funzionario" pidiessino (con il quale ci capita -verbalmente- di polemizzare), che sino a qualche anno addietro predicava la rivoluzione proletaria definire la nostra Sinistra, la Sinistra Nazionale «una Sinistra inaudita».
Quasi che quanti osano oggi parlare di Socializzazione delle imprese, diritto dei deboli, interessi dei produttori, nonché della necessità di evitare che "mercato" e "profitto" divengano il metro con cui si misura tutto, persino la dignità di ogni essere umano, siano pericolosi sovversivi. Più pericolosi, persino, di coloro che sino all'altro ieri guardavano con una certa simpatia ai manicomi sovietici e alla Cambogia di Pol Pot.
Noi abbiamo sempre detto e sostenuto altre cose. Nessuno si illuda, non esistono mezzi per convertire la Sinistra Nazionale in un "circoletto" estremista di marxisti ritardatari e "ritardati", magari accusandoci di essere scherani travestiti delle Destre. Sono i fatti che dimostrano, e dimostreranno ancor più in futuro, l'infantilismo di certe posizioni.
Comprendiamo benissimo che alcuni ritengano più "confortevole" cercare "asilo" sia dalle parti del governo che da quelle della opposizione istituzionale e che le incrostazioni di certi cervelli siano così "solidificate" da non poter essere "rimosse".
Noi "viandanti" della Sinistra Nazionale siamo persuasi che il ruolo di avanguardia «di nuove sintesi politiche», che abbiamo coscientemente assunto, ci obblighi a non prendere in considerazione "comode" scorciatoie.
D'altra parte, chi misura bene il significato delle parole sa, che proprio per il «pericolose compito» che le avanguardie sono chiamate ad esplicare, spesso, in esse si verificano delle diserzioni.
«I deboli non combattono»; è quindi naturale che si arrendano!
Sono i «veterani», quelli che sopravvivono alle lunghe e logoranti battaglie in cui le avanguardie si impegnano, ad essere destinati a divenire il nerbo dell'esercito che vincerà la guerra.
Solo questo camerati e compagni vuole essere la Sinistra Nazionale: una fucina di «veterani».
Capace di costruire la Sinistra di domani.
Una Sinistra con le «Palle»!

Luigi Costa

 

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