da "AURORA" n° 21 (Ottobre - Dicembre 1994)

L'UOMO E L'AMBIENTE

Vegetarismo contro mondialismo

Giorgio Gramolini

In questa epoca spettacolarmente consumistica (nel senso che ogni manifestazione ed espressione individuale o collettiva vale solo in quanto utilizzabile e manipolabile dai mezzi di comunicazione, televisione in testa, che la trasformano, come ogni altro "prodotto" in un oggetto di consumo); in questa epoca in cui si cerca di "etichettare" il più in fretta possibile ogni evento ed atteggiamento non già per coglierne la profonda essenza ma per poterlo più rapidamente "spacciare" sul mercato dell'informazione; in quest'epoca, dicevo, uno dei giochi preferiti da taluni intellettuali (?) e da talune riviste di cultura (?) e di attualità, sta nel cercare di attribuire una qualifica politica ("di destra" o "di sinistra") non solo a personaggi della vita pubblica o istituzionale, bensì anche a fatti, problemi, tendenze, comportamenti della vita quotidiana, magari connaturati all'uomo e antichi come il mondo.
Lo si è fatto, ad esempio, con il sesso e l'amore, chiedendosi senza ovviamente venire a capo di nulla e dando semplicemente prova di un preoccupante bipolarismo mentale, come se certi atteggiamenti, sentimenti e comportamenti erotici appartenessero all'uno o all'altro schieramento politico.
Non è quindi da escludere, dato l'interesse che sempre più si sta concentrando sull'argomento, che a qualcuno possa venire in mente di appioppare un'etichetta politica anche all'alimentazione vegetariana; una scelta di vita e di cultura che per chi la compie, ma anche per chi non la compie, invade senz'altro la sfera ideologica e dei rapporti sociali.
Sarà bene pertanto affermare che il vegetarismo, o vegetarianismo o vegetarianesimo (: insomma, la scelta di cibarsi unicamente di verdure, cereali, frutta e tutto quanto proviene dal mondo vegetale, con eventualmente l'aggiunta di latte, latticini e uova, escludendo assolutamente qualsiasi alimento o parte di alimento tratta dal corpo di qualsiasi animale; dai bovini ai suini, al pollame, sino ai pesci, molluschi e crostacei), questa scelta, insomma, anche se per molti aspetti sicuramente rivoluzionaria, anzi, proprio per questa ragione, non è, né mai potrà essere né di destra né di sinistra (né di centro, ovviamente, aggiungiamo per chi potrebbe essere colto da questa atroce prospettiva). 
A dimostrare ciò potrebbe bastare l'enumerazione della lunga schiera di vegetariani famosi che si snoda nel corso della storia e che comprende santi e condottieri, religiosi e laici, filantropi e spregiatori dell'umana stirpe, ultraconservatori e rivoluzionari, come l'esoterico Pitagora; il geniale Leonardo Da Vinci -che rifiutava anche il latte e le uova-, a tedeschi della linea Wagner, Nietzsche, Hitler; il pedagogo Steiner; il Mahatma Ghandi e tanti altri: in breve esseri umani accomunati da questa scelta anche se non necessariamente da altre.
Tale scelta può avere le più svariate origini personali, sociali, culturali, ideologiche, che però sono generalmente e molto schematicamente riconducibili a tre fondamentali:
1) la prima, anche se non la più diffusa, almeno in Europa, è una motivazione religiosa, in quanto alcune religioni, in particolare dell'area induista, vietano il consumo di carni perché ogni animale reincarna in sé un'anima degna di raggiungere, in altre vite successive, i massimi livelli di perfezione;
2) vi è poi una motivazione che potremmo definire salutista: il consumo di carne e di grassi animali è tra le cause di numerose malattie dall'infarto ai tumori che mietono vittime nelle società a maggior livello di benessere materiale o che sono o erano presenti in società meno progredite o in epoche passate solo tra le categorie sociali benestanti, cioè economicamente in grado di poter consumare carne. Di fronte a questi pericoli, accentuati dai numerosi additivi chimici che letteralmente inquinano le carni di ogni tipo oggi in commercio. Tutti i medici e gli esperti in dietologia consigliano una notevole riduzione di tali consumi e addirittura il prof. Veronesi, massimo cancerologo italiano, si dichiara da anni vegetariano. Non pochi sono inoltre i medici che esplicitamente esortano i propri pazienti ad una scelta alimentare rigidamente vegetariana e l'annuario dell'Associazione Culturale Vegetariana ne elenca parecchie decine nel nostro paese. Inutile dire che di fronte risulta sempre più vana e ridicola la replica di quanti ancora affermano la carne «necessaria alla nostra alimentazione». Un paio di anni fa il Giurì pubblicitario impose il ritiro di una pubblicità apparsa sulla stampa in cui si affermava, con tanto di fotografia di un medico in camice bianco, che la carne sarebbe appunto «indispensabile» per chi fa attività sportiva; affermazione peraltro smentita dalle prestazioni di non pochi campioni dichiaratamente e notoriamente vegetariani tra cui molto noti sono stati in passato il campione olimpionico Edwin Moses e recentemente la fondista Emanuela Di Centa;
3) una terza ragione, probabilmente la più diffusa nel mondo occidentale in chi compie la scelta vegetariana, è quella etica, ovvero il rifiuto di usare violenza ad esseri indifesi che nessuna colpa hanno se non quella di costituire potenziali pietanze per i pasti degli umani. Questa motivazione si è venuta rafforzando negli ultimi decenni con la presa di coscienza dell'assurdità, oltreché dall'atrocità, dei moderni sistemi di allevamento intensivo: non pochi sono, infatti, i casi di conversione all'alimentazione vegetariana di visitatori di tali impianti o anche semplicemente di spettatori di filmati che li riguardavano. Questi ultimi, guarda caso, trovano ben poca attenzione presso le reti televisive pubbliche o private, con la differenza semmai che sono sempre pronte a trasmetterli "tagliati" e in terza serata. In effetti lo spettacolo non solo di una macellazione, che è soltanto l'ultimo atto di un'esistenza di oppressione e sofferenza, ma ogni fase dell'allevamento farebbe storcere il naso a tanti fedeli consumatori che regolarmente si sottomettono ai riti di un sistema alimentare che, sia ben chiaro, è parte integrante del più vasto sistema politico-economico cui siamo sottomessi. La barbarie degli allevamenti industriali, ennesima contraddizione di una società che si vuole civile, ed è prima di tutto una spaventosa offesa rivolta alla natura. Il vitello viene tolto alla madre molto prima dello svezzamento, allevato in uno spazio ristrettissimo in cui non può neppure distendere le zampe, viene portato in sei mesi alle dimensioni e al peso cui naturalmente arriverebbe in due anni; per ottenere ciò viene ovviamente imbottito di estrogeni, mentre la sua carne e mantenuta bianca, per la gioia dei consumatori, con la somministrazione di sostanze anemizzanti che un giorno non lontano potrebbero rendere anemico anche chi di questa carne si ciberà; il maiale -la cui intelligenza è considerata dagli etologi almeno pari a quella del cane- subisce una sorte analoga, dato che in alcuni casi viene addirittura incatenato per impedirgli ogni movimento e ingrassarlo più in fretta; i polli allevati "in batteria" tanto per la carne che per le uova e che sono alimentati con mangimi chimici e coloranti, arrivano al punto di impazzire a causa del sovraffollamento nelle gabbie e subiscono da parte dei solerti allevatori l'amputazione del becco onde evitare che si ammazzino fra di loro, Questi esempi, ed altri numerosi che qui non è il caso di elencare (su questo e altri argomenti si veda ad esempio uno dei testi base dell'animalismo: "Liberazione animale" di Peter Singer, edito da Mondadori) che costituiscono senza dubbio uno stimolo a riflettere su certe abitudini alimentari.
Ma alle tre fondamentali appena viste potremmo aggiungere almeno altre due motivazioni al vegetarianesimo che toccano la sfera politico-sociale:
4) la difesa dell'ambiente troverebbe nella diffusione del vegetarismo un potente alleato, se si considera che una grave fonte di inquinamento è costituita proprio dagli scarichi degli allevamenti intensivi; la presenza nella pianura Padana di numerosi allevamenti di suini è, ad esempio, una delle cause dell'inquinamento del Po e, di conseguenza, delle varie alterazioni del mare Adriatico, compresa la famosa e preoccupante proliferazione delle alghe;
5) anche la lotta alla fame nel mondo potrebbe ricevere un grosso contributo dal cambiamento delle abitudini alimentari almeno 

Giorgio Gramolini

 

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