da "AURORA" n° 22 (Gennaio 1995)

CONSIDERAZIONI

I « savi» ed i « pazzi»

Gianni Benvenuti

«L'Italia perì perché i pazzi erano pochissimi, e i più erano savi», così si esprimeva il letterato Francesco De Santis.
Ciò equivale pressappoco all'affermazione di Jünger: «Meglio delinquenti che borghesi».
Come «savio» si può e si deve intendere, per usare termini più espliciti e comprensibili, il borghese, il perbenista, il moderato o se si vuole l'«atterrito» alla cui figura dedicò intere pagine "l'Universale" di Berto Ricci. «Savio» è colui che riesce a dire sempre di si. Il «pazzo» o il «delinquente» jungeriano o l'«eretico» è chi sa dire di no. L'anticonformista. L'irrequieto. Il «ribelle», tanto per restare ancora a Jünger. Colui che non accetta, per andare nel concreto e nel quotidiano, la violenza e la prevaricazione negli ospedali, nei tribunali, nei posti di lavoro. Colui che non tollera ingiustizie e soprusi. Colui che conosce un solo padrone: la propria coscienza. A differenza del «savio» che di padroni ne ha tanti, troppi.
Colui che, per dirla con Beppe Niccolai che ha «la follia nel difendere noi stessi (ed il sale della vita), difendendo l'albero, il fiume, il mare, il cielo, il castello, la torre, la cattedrale, il borgo. Contro l'urbanesimo miserabile, devastante».
L'esatto opposto del «savio» che, in nome del profitto o del quieto vivere, accetta e consente che tutto venga distrutto.
Il «savio» è egoista e pigro. Non ha slanci. Spesso vivacchia. Sempre si adegua. Nuota in favore della corrente.
Il «pazzo» è generoso. Altruista. Pronto a dare, costi quel che costi. La storia d'Italia e del mondo si snoda su questi ritmi: i «savi» ed i «pazzi».
Moltissimi i primi, assai pochi i secondi. Qualche esempio più recente? Mussolini, Bombacci, Zapata, Sandino, Toro Seduto, Geronimo, Che Guevara.
La loro «pazzia» ha perso, Questo è vero. Hanno vinto i savi. E il mondo e L'Italia sono quel che sono. Ingiustizia, prevaricazione, violenza, sopruso, ovunque si volga lo sguardo. Il moderatismo, figlio legittimo della mentalità borghese, ha massacrato e sta massacrando tutto. Nel suo nome, e per suo conto, si commettono le nefandezze più abiette.
I «savi» bombardano Bagdad. Fingono che a Sarajevo non accada nulla. Pongono l'embargo a Cuba. Consentono i massacri nel Ruanda. E tanto altro ancora. Si sfrutta, si bombarda, si calpesta, si umilia. E loro, i «savi» sono sempre li. O a manovrare o ad applaudire. Comunque cinici e complici. Ora padroni indiscussi della economia e dei mezzi di comunicazione, ora loro servi beoti.
Pullulano a destra, al centro e a sinistra, se vogliamo ancora usare distinzioni e collocazioni che ci facilitano nella comprensione, ma che non hanno più senso e assolutamente non condividiamo. Distinzioni e collocazioni che hanno origine, come quasi tutti sanno, con la Rivoluzione francese. Stando ad indicare la «destra» conservatorismo e reazione, la «sinistra» progressismo ed emancipazione, il «centro» moderatismo e mediazione.
Veri e propri imbrogli e guazzabugli ideologici e dialettici che proprio oggi vengono allo scoperto. Perché appare finalmente chiaro che tutte e tre le sopraccitate categorie hanno un minimo comune denominatore: il capitalismo.
È l'humus in cui da sempre guazza a suo piacimento il «savio». E l'esempio viene proprio dall'Italia nel momento in cui un ibrido sistema maggioritario costringe, si dice, ad allearsi. Ecco che i cosiddetti poli che si sono andati formando si assomigliano sempre di più e si differenziano sempre di meno. «Destra», «sinistra» e «centro» si mescolano e si amalgamano. Ma ciò non è affatto una novità.
Nei precedenti oltre quarant'anni del sistema consociativo le suddette categorie si erano comportate allo stesso modo. A prevalere erano, e sono, sempre i «savi» tenuti saldamente legati dal cordone ombelicale dell'interesse e dello sfruttamento. Così si giura fedeltà al libero mercato; così si smantella lo Stato sociale; così si privatizza tutto e tutti; così ci si genuflette davanti al «savio» tra i «savi», cioè il padrone americano; così ci si attesta sulla pervicace difesa dell'esistente; così si difendono sporchi e specifici interessi.
I «savi» prevalgono, manovrano, manipolano. La massa si fa come sempre «savia», e li segue, si schiera. Da una parte o dall'altra. Niente cambia. Ecco che allora è necessaria, come sempre una sana e disinteressata «follia». C'è bisogno del «pazzo» che rompa gli schemi, che vada controcorrente, che faccia emergere imbrogli e contraddizioni. C'è bisogno di uno sparuto drappello di «eretici». Ribellarsi diventa un dovere, un obbligo. Avvicinare, parlare e confrontarsi con tutti coloro, pochi o tanti che siano, che non ci stanno. Perché non accettano più gabbie e collocazioni sempre più uguali e sempre più funzionali al sistema capitalistico e consumistico. Una «pazzia» che ci fa stare accanto a chi si alza presto la mattina per andare a lavorare. A chi a lavorare non ci può andare perché il sistema perverso dei «savi» lo impedisce; che ci fa essere accanto soprattutto, ad Occidente e ad Oriente, agli indifesi, a coloro che soffrono in nome della giustizia, e al diritto di essere Popolo, a non essere cancellati. Quindi con i Palestinesi, con i ribelli messicani, come da sempre con i pellerossa. Che ci fa stare accanto a chi una casa non ha, a chi ha pensioni da fame, a chi non accetta soprusi e prevaricazioni, a chi non ha più voglia di genuflettersi ai millantatori e agli incantatori di serpenti ai corrotti e corruttori; a chi aspira ad una autentica giustizia sociale e ad una riconquistata dignità nazionale. Ecco lo stare oggi in politica del «pazzo». La sua funzione. Coniugare il sociale con il nazionale. Ricucire antichi strappi e incomprensioni, superare vecchi e logori steccati volutamente creati, e tenuti in piedi, dai «savi». Guardare indietro, alla nostra storia soprattutto più recente (fascismo e socialismo autentici).
L'«eretico» e «pazzo» Benito Mussolini nel '24 così si esprimeva rivolto ai socialisti di allora: «Cercate di studiare, voi che fate dell'opposizione, se non sia il caso di tirare una sintesi, di non fermarsi in queste due posizioni antagonistiche, di vedere se queste esperienze possono essere feconde, per dare una nuova sintesi di vita politica».
Ma, a quell'epoca, vi fu il cadavere di Matteotti brutalmente buttato fra la nazione e il sociale. I «savi» ancora una volta ebbero il sopravvento. La «nuova sintesi di vita politica» si fermò. Dopo settanta anni è ancora ferma. Antifascismo e anticomunismo sono le parole d'ordine dei «savi». Ma quella sintesi è ancora praticabile e possibile. Soltanto i «pazzi» possono tentar di rimetterla in movimento. Senza manganelli, gulag o falci e martelli. Ma con l'unica arma che è propria di chi sa di possedere una sana pazzia: il coraggio delle proprie convinzioni. Il sapere essere ardita minoranza, portatrice di valori antichi e di speranze nuove.
«L'essenziale in questo momento non è di riuscire, ma di avere una volontà. Se noi non possiamo essere fecondi mietitori, siamo almeno seminatori fidenti e arditi».
Così si esprimeva lo Shurè. Così hanno da essere i «pazzi» di oggi, come lo erano quelli di ieri: «seminatori, confidenti e arditi».
Questo, per ora può bastare. Poi si vedrà.

Gianni Benvenuti

 

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