da "AURORA" n° 22 (Gennaio 1995)

LA POLEMICA

Mala tempora currunt

Vito Errico

L'inchiesta «Mani Pulite» ha raggiunto il culmine del suo sviluppo. Con l'avviso di garanzia al Cavaliere l'indagine proietta il suo spettro su un piano inclinato. D'ora in avanti tutto rotolerà in basso. Assisteremo, in questi giorni, ad una ridda di dichiarazioni che andranno dalla dietrologia più bieca alle manie di persecuzione. 
Ma c'è poco da fare, da un verso e dall'altro. Ha poco da spergiurare il Piduista, con quel suo fare da incantatore di serpenti. Suo fratello confessò di aver pagato gli uomini della Guardia di Finanza. C'è quella differenza che i corruttori accampano per lenire le responsabilità; affermano d'essere stati concussi piuttosto che aver praticato la corruzione.
Il filone è quello craxiano; tutti colpevoli e pertanto nessuno colpevole. Ma restano alibi deboli, poi regolarmente smontati in sede processuale. 
Per confessione resa il gruppo finanziario, che faceva capo al Cavaliere, aveva sborsato trecento milioni di mazzette per eludere gli accertamenti che avrebbero acclarato una evasione fiscale. 
Non c'è comunque da scandalizzarsi: chi conosce la storia del padrone della Fininvest ha i conti che tornano. E noi la conosciamo, la storia. Il valore morale dell'uomo è di basso livello. Semmai c'è da scandalizzarsi che l'avviso di garanzia sia giunto così tardi. 
Questo è lo scandalo: verificare che alle soglie del Terzo Millennio sussiste ancora una giustizia di classe, che procede celermente e duramente soltanto quando il reo o presunto tale appartiene ai ceti meno abbienti della società. Per gli eccellenti la giustizia va con i piedi di piombo. Ancora una volta dobbiamo registrare che la giustizia non è uguale per tutti perché tutti non sono uguali per la legge. 
Anche per quanto riguarda le situazioni ambientali c'è differenza, I «terremoti» si verificano soltanto nella giurisdizione di Borrelli. Perché fuori di quel mandamento non succede nulla?
Sembra che il connubio affaristico fra politica ed altri centri di potere sia avvenuto solo a Milano. E il resto d'Italia? Domanda oziosa, al cospetto d'una considerazione che va fatta: la magistratura è stata potere mentre nelle contrade d'Italia infuriava la razzia. 
Va da sé che ci siano lunghi silenzi mentre il ceto politico si sta riciclando e ricompattando sotto le nuove insegne d'un vecchio potere. Ma è proprio la questione politica, creatasi in seguito alla messa sotto accusa del Cavaliere, a farsi pesante. Sembra il gioco della roulette russa, un gioco drammatico dalla posta tragica per l'Italia. 
Berlusconi viene battuto, più che sul terreno giudiziario, su quello politico. L'ultimo appuntamento elettorale decreta questo risultato che non proviene dal mancato radicamento nel territorio di Forza Italia. C'è un sommovimento nella società, un senso di ripulsa per una «squadra» ch'era «scesa in campo» predicando bene e razzolando male.
La sinistra ha poco da gongolare. Ha avuto un notevole recupero ma, da un primo esame dei flussi elettorali, salta fuori un travaso di voti da Forza Italia ad Alleanza Nazionale ed un incremento dell'astensionismo. La sinistra, se vuole essere veramente alternativa, deve darsi un progetto e ripensarsi. Non può continuare a masturbare il cervello della gente con le «uscite» di D'Alema per il quale il Governo Berlusconi sa «d'olio di ricino e manganello». Queste sono scempiaggini che non si giustificano più nemmeno nelle più fumose sezioni di periferia.
Un discorso diverso meritano i conservatori di Alleanza Nazionale. L'ultimo dato elettorale amministrativo conferma una tendenza al rialzo della compagine di Fini. Questo significa che il processo politico di trasformazione del MSI in AN è irreversibile. Se Fini avesse subito una battuta d'arresto, coloro i quali cercano di mantenere in rianimazione il MSI avrebbero potuto sperare. Alla luce dei risultati elettorali tutto ciò si appalesa impossibile. Rimane solo da convincersene: il MSI è morto.
Certo, a questa constatazione dovrebbero seguire delle prese di posizione conseguenti. Tutti coloro che sono rimasti in quell'ambiente, abbacinati dalla fiammella che ormai sta lì soltanto come foglia di fico a coprire la vergogna, dovrebbero avere un guizzo di coraggio.
Dovrebbero rendersi conto che tenere ancora in tasca la tessera firmata da Fini costituisce offesa alla propria storia, alla propria dignità politica, alle proprie idee. Ma noi siamo sicuri che simili guizzi non si verificheranno. La pusillanimità ormai ha preso le coscienze e le ha perse. Al di là del mugugno non si va e non si andrà. Ci sarà tutt'al più qualche riflusso nel privato ma la maggior parte si sistemerà «a cassetta».
Eppure i rischi per il partito di Fini sono grandi, sembra paradossale ma è così. La destra gioca con il revolver e non può sottrarsi.
Culturalmente Fini non è diverso da Berlusconi. Ambedue sono i rappresentanti e l'espressione d'una cultura borghese. I loro continui richiami al liberismo, con tutto quello che ciò comporta sul piano del pensiero politico, sortisce un siffatto giudizio.
Fini ormai ha trasformato il suo ambiente. Chi non lo capisce ancora è solo un utile idiota. Con buona pace di Peppe Rauti lo «zoccolo duro» non esiste più. Fini, che si è bruciato i vascelli alle spalle, deve per forza legarsi sempre più al «mondo» di Berlusconi, più che all'«uomo». Ma le disavventure giudiziarie del Cavaliere rischiano di trascinarlo a fondo per effetto di risucchio.
In aggiunta non va dimenticato un dato, che è sconvolgente. Il 2 dicembre la CISNAL minacciava di scendere in piazza e scioperare contro la legge Finanziaria del governo Fini-Berlusconi-Bossi. È una mazzata terribile per il «giovanotto» di Bologna.
La possibilità di tornare all'opposizione per la destra si fa più concreta. Ma se il governo Berlusconi cadesse e Fini andasse all'opposizione, sarebbe davvero l'inizio della fine. Le illusioni di resistenza che a destra allignano in nome d'un passato lungo mezzo secolo, trascorso in minoranza, hanno fondamenta di sabbia. Il MSI era un'altra cosa. C'era alla base una fede, si attuava una testimonianza, si credeva in un destino.
Se Alleanza Nazionale andasse all'opposizione, un minuto prima, i riciclati, di cui è zeppo l'orcio, scapperebbero come i topi prima dell'affondamento. Fini resterebbe solo, a confortarsi con le stupidaggini scritte dal "Jerusalem Post": «Fini è un politico dai modi civili, giunto alla segreteria dopo essersi battuto contro gli elementi estremisti e facinorosi nel partito. Non è certamente uno Zhirinovsky e non ha connessioni con i neo-nazisti tedeschi. Per il momento gli può essere concesso il beneficio del dubbio come democratico. Tanto più che lui e AN possono almeno fornire un'utile guardia pretoriana alle porte del governo quando la mafia tenterà di avvicinarsi ai corridoi del potere».

Vito Errico

 

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