da "AURORA" n° 23 (Febbraio 1995)

PROFILI

Camilo Torres:
cristiano e nazional-libertario

GiDi

Camilo Torres, chi è costui?
Oggi, grazie ad una sinistra non conformista e non faziosa (seppur minoritaria) che non ha cessato di essere sé stessa (che tenta di non ripetere gli errori del passato), si mantiene vivo e attuale il ricordo di Ernesto Che Guevara, simbolo della lotta di liberazione sudamericana contro l'imperialismo nelle sue molteplici forme. (1)
Ma il Continente creolo ha annoverato anche altri combattenti per la libertà. Uno di questo è padre Camilo Torres Restrepo, nazionalità colombiana caduto durante uno scontro a fuoco con i «regolari» nel febbraio '66, proprio nel momento in cui, in tutto il mondo, si andavano sviluppando movimenti di protesta, di contestazione e anche di guerriglia, marxisti e non marxisti, che rispondevano ad una esigenza di lotta contro l'imperialismo del dollaro e più tardi (grazie alle migliori interpretazioni di Fromm e Marcuse) al rifiuto globale del consumismo e dall'illusorio benessere economico occidentale.
Camilo Torres Restrepo nasce nella terra che fu anche di Simon Bolivar e, recentemente, di Garcìa Marquez, nel '29. Ordinato sacerdote segue con entusiasmo i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, che sembrano portare la Chiesa Cattolica verso un profondo rinnovamento dopo secoli di dogmi sia esclusivisti che positivisti ormai sclerotizzati che in seguito faciliteranno movimenti di profonda contestazione ecclesiale contro la struttura gerarchica romanocentrica, sia in positivo che in negativo.
Occorre precisare, tuttavia, che il "dissenso" di Camilo (come quello degli italiani Milani, Balducci, La Pira, tutti formatisi in quel "Cenacolo" fiorentino fondato da Giovanni Papini, al pari di tanti altri intellettuali che, invece, trarranno da questa esperienza conseguenze politiche opposte) non ha nulla a che vedere con certa esegesi olandese e nordamericana che altro non è se non la giustificazione teologica di pacifica convivenza con il capitalismo consumistico e alienante. (2)
Gli impegni intellettuali di Camilo, ricercatore di sociologia all'Università di Bogotà e i suoi approfondimenti teorici e pratici lo portano ad occuparsi sempre di più delle condizioni de los pobres, della sua patria oppressa da un regime fantoccio, una sorta di "Governo Quisling" creolo, simile a quello di Somoza in Nicaragua, emanazione diretta delle Multinazionali del petrolio, del caucciù, della Coca Cola, delle banane e, naturalmente, del grande capitale finanziario anonimo e usuraio.
Camilo constata giorno dopo giorno la vastità dei problemi del Paese, le condizioni infami in cui versa la stragrande maggioranza della popolazione; la fame, le malattie (che persino qualche analfabeta nordamericano o europeo sfrutta, spacciando medicinali avariati, residui delle infermerie dei transatlantici, a chi non ha risorse per poterli acquistare nelle farmacie), l'analfabetismo, lo sfruttamento della prostituzione minorile; ma anche la colonizzazione culturale nordamericana che, con mezzi diversi impone un modello che ondeggia tra un esasperato edonismo e un rigido puritanesimo (predicato dalle sette "evangeliche") ad immagine e somiglianza della way of life statunitense che vuole uniformare le popolazioni colombiane ad uno stile di vita ad esse completamente estraneo, come 400 anni prima era avvenuto da parte dei Conquistadores nei confronti degli Indios massacrati «in nome di Cristo». (3)
È il caso di ricordare queste vicende nel momento in cui ciò che resta della sinistra, in gran parte convertita al Mercato e al modello consumista occidentale, cerca le ragioni del proprio esistere nello sciommiottamento del modello liberal-clintoniano d'oltre Atlantico.
Rivoluzione sociale quindi, ma anche nazionalpopolare; difesa della cultura e delle specificità di un popolo, nazionalismo difensivo e non offensivo, aggressivo e imperialista. Camilo Torres non rinuncia alla propria fede religiosa ma ben presto si rende conto che non bastano le preghiere. «Non celebrerò più una messa -dice- finché la giustizia non sia raggiunta nella mia patria».
Di qui i primi contatti con la sinistra all'interno della quale, però, predominano i dogmatici, che si stupiscono che un prete possa diventare rivoluzionario. Sarà oggetto di molte diffidenze soprattutto da parte del Partito Comunista ufficiale che tiene, verso Camilo, lo stesso atteggiamento che quello cubano aveva, in principio, verso Fidel Castro e che quello boliviano terrà verso Che Guevara (praticamente abbandonandolo a sé stesso) e che fino all'ultimo terrà il PC nicaraguegno verso il Fronte e il governo sandinista (addirittura aderendo al cartello delle opposizioni organizzato ed egemonizzato dalla destra conservatrice e reazionaria filo-USA).
Paradossalmente, Camilo Torres, viene accettato da una formazione marxista-leninista di ispirazione maoista che, in quel momento, ancor più degli stessi comunisti ufficiali, era impegnata in una campagna di «educazione» ateista delle popolazioni.
Le gerarchie ecclesiastiche (compresi certi latifondisti) lo mettono al bando. Ma Camilo, ormai incurante di condanne e scomuniche, e polemizzando contemporaneamente e severamente con certi rivoluzionari da salotto e da bistrò, si rende conto di quanto inutili e rituali siano divenute le frequenti chiamate alle urne -da lui ritenute una tragicomica farsa- e si convince che l'unica strada percorribile sia quella della lotta armata. Da qui l'adesione al Fronte Rivoluzionario di Liberazione.
Nei suoi scritti, Torres, si appella a tutte le forze sinceramente rivoluzionarie (al di là degli schemi e delle etichette): «(...) Siamo rivoluzionari e crediamo che tra i rivoluzionari possano essere compresi i comunisti, i cattolici, i liberali, i conservatori, i nazionalisti popolari e i democratici cristiani...». Nel suo ultimo proclama afferma: «La lotta della classe popolare deve trasformarsi in lotta nazionale».
Dopo la morte, Camilo Torres sarà riabilitato con scopi diversi, anche se il prete-guerrigliero fu essenzialmente un uomo libero che scelse (politicamente più che ideologicamente) da che parte stare, fino all'estremo sacrificio. «Un uomo differenziato» ma, «ugualmente capace di generosità, di prontezza all'aiuto... di virtù donatrice, di grandezza d'animo, di superamento della propria individualità...».
Egli non fu, certamente un marxista-leninista ortodosso (anche se proviene da tale area); forse non ha un corrispettivo italiano e/o europeo. Si può, un po' schematizzando, collocarlo fra il cristiano, più che cattolico romano centrico, e il nazionalpopolare pervaso, però, da un forte spirito libertario (in quel filone che va da Josè Marty, della prima APRA peruviana, al sandinismo e alle bandiere rosse e nere degli anarco-sindacalisti), ben lontano, quindi, anche da certi aspetti pesanti del "nazionalbolscevismo" dell'Est Europeo e post-sovietico.
Camilo Torres va ricordato, insieme a tanti libertadores latino-americani -da Simon Bolivar a Francisco De Miranda, da H'Oggins a Manuel Belgrano e San Martin, dal primo Garibaldi a Benito Juarez, da Pancho Villa ad Emiliano Zapata, da Josè Marty a Cesar Augusto Sandino, da Tupac Amaru all'omonimo ten. Torres (che nel Perù degli anni '30 cercò di dare vita ad uno Stato socialista degli Incas) a Evita Duarte e Juan Domingo Peron, da Fidel Castro a Che Guevara e Salvador Allende, da monsignor Camara (transfuga degli integralisti brasiliani negli anni '30) a Mons. Romero, da Chico Mendes fino a Bishop e a tutti coloro che, in questi duecento anni hanno lottato, spesso con visioni diverse e a volte contrastanti, per l'indipendenza dell'America Latina e la Giustizia sociale nella speranza, forse, di costruire una Grande Nazione sudamericana.
Vorrei infine ricordare a tanti cattolici "tradizionalisti", papisti e neo-codini, che occorre riflettere prima di condannare, sempre e comunque il Concilio Ecumenico Vaticano II che, anche se in diverse occasioni il suo messaggio è stato esasperato, ha avuto riflessi positivi soprattutto laddove ha permesso lo svilupparsi di culture autoctone in seno alla Chiesa che giustamente, in un secondo tempo, hanno tentato di sottrarsi alla soffocante egemonia romanocentrica che pretende di reprimere l'autodeterminazione delle chiese locali esattamente come, in ambito protestante, fanno i missionari nordamericani.

GiDi

Note:

1) La verniciatura progressista e liberal (che però non impedisce i bombardamenti nel Golfo) dell'attuale Presidente USA è oggettivamente più pericolosa di quanto non sia stato in passato il rozzo conservatorismo dei predecessori di Clinton. 
2) Recentemente, in un convegno di brillantissimi e yuppissimi giovani industriali rampanti, qualcuno ha urlato istericamente: «Ma la teologia nordamericana, ammette il liberismo!». Evidentemente riferendosi al fatto che, tra le cose buone di questo Papa vi è la severa condanna del capitalismo disumano e del Mercato selvaggio.
3) Se ha qualche fondamento la leggenda riportata da Jacques De Mahieu (v. "La geografia secreta de America antes de Colon", Hachette, Buenos Aires, 1978), contrariamente ai conquistadores spagnoli, le tribù di «indios biondi» scesi nel Sud America, non avrebbero cercato di eliminare gli indigeni, ma, sebbene cristianizzati da Olaf di Norvegia, si sarebbero limitati, molto fraternamente, a predicare il Vangelo.
Per saperne di più:
Mons. German Guzman: "Cattolicesimo e rivoluzione in America Latina (vita di Camilo Torres)", Laterza, Bari 1968.
Padre Camilo Torres "Liberazione o morte!", Feltrinelli, Milano 1969.
"America Latina (la Chiesa si contesta)", a cura di Roberto Magni e Livio Zanotti, Editori Riuniti, Roma 1969.
La canzone "Cruz de Sur" di Daniele Viglietti e il "Proclama di Camilo Torres", musicate da Fausto Amadei, sono riportate nel libro "Canti rivoluzionari nel mondo", a cura di Giuseppe Vettori, Newton Coumpton ed., Roma 1975.

 

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