da "AURORA" n° 23 (Febbraio 1995)

RECENSIONI

 

Geticus

La dacia iperborea

Ed. all'insegna del Veltro, Parma '84    pp. 128   £. 18.000

 

Dietro lo pseudonimo di "Geticus", con il quale furono firmati tra il '36 e il '37, su "Etudes Traditionnelles", gli articoli raccolti nel presente volume, si nasconde il romeno Vasile Lovinescu (1905-1984). Esponente del "tradizionalismo integrale", autore di saggi e ricerche concernenti per lo più l'etnografia e la favolistica della Romania, nel '36 Lovinescu entra in Islam diventando il rappresentante dell'ordine sufico alauita per tutta l'area danubiano-balcanica. Fu lui il primo a far conoscere nel proprio paese l'opera di Julius Evola; e fu lui ad organizzare l'incontro che Evola ebbe con Corneliu Codreanu nel '38, a Bucarest. Durante il periodo nazional-legionario fu sindaco della cittadina moldava in cui era nato; e fu proprio la benevolenza dei suoi concittadini a impedire che, dopo la guerra, si abbattesse su di lui la repressione del nuovo regime. Lovinescu potè così dirigere, nel massimo segreto, l'attività del gruppo alauita e potè dar vita, nel '58, a una "confraternita di Iperione" che teneva riunioni pressoché settimanali. I frutti di questa attività sotterranea si videro già nel 1981 e nel 1989, quando due libri di Lovinescu uscirono presso la massima casa editrice della Repubblica Socialista di Romania. Oggi, nella situazione politicamente confusa e fluida della Romania post-comunista, sono diversi gli ex-allievi di Vasile Lovinescu che ricoprono cariche ufficiali. Altri suoi discepoli hanno dato impulso ad un'intensa attività culturale, che si è tradotta nella pubblicazione di vari titoli di Guénon, Evola, Schuon ecc. In questa fioritura editoriale, ovviamente non possono mancare le edizioni degli scritti dello stesso Lovinescu: nella Moldavia ex-sovietica ha visto la luce, nel luglio '94, la prima edizione romena de "La dacia iperborea".
Ecco dunque un nuovo motivo che incrementa l'interesse di questo libro e lo rende ancora più attuale. La tesi che il saggio di Lovinescu vuole dimostrare, è che l'antica Dacia sia stata, per un certo periodo, un centro iperboreo, nel senso che gl'Iperborei, spostandosi dalla originaria sede artica verso sud, avrebbero sostato in Dacia e avrebbero fatto di questo paese una loro sede secondaria. Al fine di suffragare un tale assunto, l'Autore passa in rassegna un vasto materiale documentario, spaziando dal folklore alla geografia sacra, alla numismatica, alle fonti greche e latine, alla storia del principati romeni. Tutto ciò sembra avvalorare la tesi secondo cui la tradizione dacica sarebbe sopravvissuta fino a tempi relativamente recenti, almeno finché la protezione esercitata dall'Impero Ottomano riuscì a impedire che le correnti del modernismo liberale devastassero l'atmosfera spirituale dei principati romeni. Comunque, anche a prescindere da tale tesi, resta il fatto che il territorio della antica Dacia è rimasto, fino al nostro secolo, particolarmente fecondo di energie spirituali.

 


 

Julius Evola

Esplorazioni e disamine (vol. 1)

Ed. all’insegna del Veltro, Parma ’94   pp. 280    £. 30.000

 

È, questo, il primo dei due volumi con cui viene restituita alla conoscenza del lettore di oggi una delle più rilevanti e tuttavia dimenticate attività pubblicistiche svolte da Julius Evola: la collaborazione fornita, tra il ’34 ed il ’43, a "Bibliografia Fascista", rassegna mensile a cura della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti, diretta all’epoca da Alessandro Pavolini. Nel primo volume dunque troviamo una quindicina di articoli e una dozzina di recensioni librarie che Evola pubblicò tra il ’34 ed il ’39 e che per lo più non sono stati ripubblicati nelle raccolte di scritti evoliani compilate prima e dopo la morte dell’Autore. La maggior parte di questi testi (che riguardano in primo luogo le correnti e gli ordinamenti politici del ventesimo secolo, nonché alcuni aspetti caratteristici quali il mito nordico-ario della razza) riguarda argomenti che Evola non affrontò più successivamente, se non, talvolta, in qualche articolo ormai reperibile con difficoltà. Ciò vale per l’esame critico cui viene sottoposta l’opera letteraria di Erich Maria Remarque; con gli esaurienti ragguagli che ci vengono forniti circa le idee del generale Ludendorff e di Justus Schmitt sulla «guerra totale» e sulla «mobilitazione economica»; per le considerazioni svolte a margine della biografia del Barone Ungern Sternberg, della celebre opera di Pirenne su Maometto e Carlo Magno, dei libri di Merezkovskij su Dante e su Tolstoj e Dostoevskij, dello studio di Angelo Brelich sull’epigrafia sepolcrale romana dell’età imperiale, dei saggi di Coudenhove-Kalergi padre e figlio e così via.
In alcuni casi si tratta di veri e propri saggi; fra questi segnaliamo l’ampia esposizione sulla "Dottrina del fascismo" di Costamagna, la critica del "Mito del XX secolo" di Alfred Rosemberg, le pagine in cui viene demolita la teoria biologica e zoologica della guerra formulata da René Quinton. Infine, rivestono un certo interesse storico alcuni articoli di attualità politica come, ad esempio, l’acuto e circostanziato commento sulla crisi cecoslovacca e sull’annessione dei Sudeti al Terzo Reich. Dalla lettura di quest’ultimo testo si apprende che Evola frequentava a Praga «alte personalità céche in carica di governo», tra le quali lo stesso Ministro degli Esteri, e che aveva condotto a termine «personalmente un’inchiesta a Berlino e a Praga» circa l’ipotesi della concessione di uno statuto autonomo ai Sudeti all’interno della Cecoslovacchia. Si tratta di un risvolto ignorato dell’attività svolta da Evola nell’Europa centrale - un episodio che sembra confermare quanto ha scritto recentemente Giorgio Galli circa i «progetti politici» di Evola, progetti «non privi di possibilità operative».

 


 

Horia Sima

Il crollo di un'oligarchia

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '85-'87

2 vol., pp. 260 + 313 £. 25.000 + £. 30.000

Nel '40 Indro Montanelli scrisse per "Il Corriere della Sera" una serie di corrispondenze da Bucarest, tra le quali ce n'è una, intitolata "Le cento evasioni di Horia Sima", che intende presentare al pubblico italiano il nuovo capo del Movimento legionario, divenuto da poco più di un mese Vicepresidente del Consiglio nel governo nazionallegionario presieduto dal generale Antonescu.
Quelle avventurose vicende che Sima racconterà nei due volumi di memorie usciti in italiano con il titolo "Crollo di un'oligarchia", si trovano riassunte nell'articolo di Montanelli uscito sul "Corriere" del 22 ottobre '40. Varrebbe la pena di ripubblicarlo, magari insieme con le altre corrispondenza di Montanelli in cui vengono denunciate le trame dei «pezzi grossi della cricca giudaica» e viene rievocato Corneliu Codreanu - «detto tra noi, una figura eccezionale», per citare le parole dette dallo stesso decano del giornalismo italiano all'editore di questo "Crollo di un'oligarchia". Qui ci limiteremo a trascrivere un brano significativo di tale articolo, che presentiamo come una sorta di recensione ante litteram delle memorie di Sima.
«A Berlino (Horia Sima) reclutò fra i rifugiati un nucleo di combattenti con cui tornare in Romania e tentare la rivolta. Lo allenò militarmente nel cortile di un'autorimessa. Nel maggio (e siamo già nel '40) partono in cinque, con passaporti ceduti loro da studenti romeni che si trovavano a Berlino. Partono dopo aver cambiato la foto e alla spicciolata. Patrascu ha appuntamento con Sima a Ofcea, un villaggio del Banato serbo. Vi giunge infatti alla data indicata e vi incontra il capo con due compagni. Ma dopo tre giorni la polizia jugoslava, in sospetto, procede ad arrestarli. Ne arresta due soli. Sima e Patrascu fuggono di notte e, a piedi, raggiungono Vladimirovaz. E di nuovo i gendarmi li scoprono e di nuovo essi fuggono inseguiti dalla cavalleria; finché a Varsetz incontrano una confraternita di contrabbandieri che li aiutano ad attraversare il confine romeno. (...) Ora è la polizia romena che li tallona. Inseguiti a fucilate, decidono di separarsi per confondere gli inseguitori e così fuggono per i boschi, ognuno convinto che l'altro sia stato acciuffato. Patrascu erra una intera notte, perde la strada e si ritrova al punto di partenza, dove viene arrestato. Sima si rifugia in un bosco. Ma una tribù di zingari lo vede e lo denunzia. Circondato, è arrestato anche lui. Il capo dei gendarmi che lo identifica è convinto di avere fatto un grande colpo, manda telegrammi su telegrammi alla capitale e vi avvia il prigioniero su un treno carico di gendarmi. Il treno arriva a Bucarest, ma invece della polizia è alla stazione per ricevere Sima un messo del Re che lo conduce a Palazzo Reale. Carol è a Canossa , cerca a tutti i costi un riavvicinamento con la gioventù e sa che la gioventù è con Sima. Sima tergiversa. Poi, il 27 giugno, finge di cadere. Entra a far parte del Governo Gigurtu e con tal gesto fa cadere tutte le accuse che pendevano sulla sua testa. Ventiquattro ore dura la sua permanenza al Governo. Quando il Re gli impone di indossare la divisa del Partito della Nazione, Sima risponde che, di divise, egli non conosce che la Camicia Verde del Capitano e dà le dimissioni. Il primo impulso di Carol è quello di far fucilare l'indocile legionario. Ma per le fucilazioni non si trovano più gli strumenti. Tuttavia Sima, che ha ripreso con più vigore il suo lavoro di organizzazione rivoluzionaria, non si sente sicuro e cambia domicilio ogni notte, protetto da un corpo di suoi fidi. Quando sente prossima la catastrofe, clandestinamente parte per Brasciov, dove il 3 settembre, vestito da tenente d'artiglieria, alla testa di 300 legionari occupa con un colpo di mano la Questura, le centrali telegrafica e telefonica e tiene in ostaggio alcuni ufficiali. Per suo ordine a Constantza si procede in identico modo. Sono gli avvenimenti che decidono Carol all'abdicazione»

 

 

articolo precedente