da "AURORA" n° 24 (Marzo 1995)

LA POLEMICA

Strategie e scelte strategiche

Gianni Benvenuti

Sul numero di Febbraio di "Aurora", mensile al quale credo di avere dato nel corso di questi anni un contributo di spunti e di idee, ho letto con grande attenzione gli interventi di Luigi Costa e Vito Errico.
Entrambi riguardano quanto avvenuto l'indomani delle sciagurate cinque giornate di Fiuggi. Non poteva essere altrimenti anche se l'amico Errico, salendo forse un po' troppo in cattedra, afferma in premessa «intervengo su una questione che mi è estranea». Ma poi interviene e lo fa a testa bassa, senza peli sulla lingua; a modo suo, per chi lo conosce.
Devo dire subito che il taglio dei due articoli è assai diverso, nella forma e nella sostanza. E qui niente di male, soprattutto per la sostanza, e di strano. Ognuno può e deve esprimere le proprie opinioni in completa libertà. Guai se non fosse così! La tradizione di "Aurora" è inequivocabilmente in tal senso.
Scettico, ma possibilista Luigi; intransigente e un po' «cattivo» Vito. Posso comprendere lo scetticismo, un po' meno il possibilismo. L'ho detto fin dal primo momento: o si sale, pur con tutte le perplessità ed i dubbi, sul treno che passa veloce, o si lascia scorrere il medesimo sui binari e si continua sulla strada che si ritiene più opportuna, e forse più comoda. Non possono esservi vie di mezzo e lunghi pensamenti
È, forse, una occasione irripetibile. Perché, diciamocelo chiaro, in questi ultimi quattro anni (il tempo trascorso dalla nostra uscita dall'allora MSI-Destra Nazionale) non abbiamo aspettato altro. La possibilità cioè di poter tornare a fare politica militante. Ma, sia ben chiaro la «nostra» politica. Non comprendo affatto la preconcetta intransigenza e la gratuita «cattiveria», quando peraltro non sono supportate e questa è ovviamente una mia opinione, da pezze di appoggio politiche lineari e perseguibili.
L'amico Errico dice «No, a destra no!». Niente da eccepire. Per chi scrive è la cosiddetta conditio sine qua non. Ma poi afferma: «Cercare agganci nel mondo omogeneo della sinistra e lasciar perdere vecchie cariatidi» E qui il progetto politico si fa debole, non ha gambe per camminare. Ma quale sinistra? Quella, forse, di D'Alema, Prodi, Rosy Bindi, Cossutta o chi altro? Quali differenze vi sono fra Prodi e Berlusconi? Fra D'Alema e Fini? Ma soprattutto che differenze esistono tra i due Poli? Esse sono sempre più impercettibili. Con un denominatore oramai comune: il mantenimento ed il perpetuarsi di questo tipo di società, di questo modo di fare ed intendere la politica. Senza idee né valori. Con alla testa gli interessi personali o di gruppo. E le vecchie cariatidi? Si sono posizionate ovunque. E continuano a saltar fuori come funghi o ranocchi. Ed ancora: perché continuare a dare credito alla strumentale e ottocentesca dicotomia destra-sinistra? Non abbiamo sempre sostenuto di essere oltre questi logori e pasticciati schematismi? Non è un tornare indietro anni luce? Significa, in definitiva, accettare questo sistema con tutte le sue logiche perverse. Prima fra tutte quella maggioritaria, che ci sta vertiginosamente portando verso una totale americanizzazione.
Un acuto politologo e ottimo giornalista quale Massimo Fini ammonisce: «La destra e la sinistra van bene oramai per le canzoni di Gaber e per i demenziali giochini radical chic con i quali si diletta una società che sta ballando sull'orlo del vulcano».
Ortega Y Gasset andava ben oltre: «Qualificarsi di destra, di centro o di sinistra è uno dei modi che un uomo ha per autoproclamarsi imbecille».
Mi sembra talmente ovvio per quanto ci riguarda, la necessità di cercare, e ve ne sono sempre di più, spazi politici e sociali al di là della destra e della sinistra. Superando sul serio e definitivamente la logica dell'antifascismo e dell'anticomunismo. Ma non con le abiure ed i tradimenti. Dopo Fiuggi si è antifascisti a destra come a sinistra. Dopo la Bolognina si è anticomunisti a sinistra come a destra. Così i due spauracchi restano. Proprio perché fanno comodo a tutti per conservare il vecchio. Il dopoguerra, che poi ha significato partitocrazia, consociativismo e tanto altro ancora, continua.
Qui non si tratta di essere «traditori» o «traditi». Qui si tratta di difendere e attualizzare un patrimonio culturale e sociale che da sempre ci appartiene e che sicuramente non è né di destra né di sinistra. Originariamente forse apparteneva ad un certo tipo di sinistra. Inutile ripercorrerne le tappe. Lo abbiamo fatto milioni di volte e conosciamo tutto alla perfezione. Oltrettutto sicuramente non appartiene a quella sinistra -borghese, benpensante e moderata- che si è andata conformando e radicalizzando nel nostro Paese. Noi siamo ben altra cosa. Noi parliamo di socializzazione, di partecipazione, di Stato sociale, di giustizia sociale e tanto altro ancora.
La sinistra, a cui Errico dice di guardare, come la destra del resto, parla ormai il linguaggio del liberismo e delle privatizzazioni selvagge. Va, al pari della destra, a Wall Street; fa il gioco delle Multinazionali. La sinistra, come la destra, rende omaggio al padrone americano. Morto il socialismo reale s'è prostituita anch'essa al capitalismo. A Roma come a Mosca. Ed allora perché non vedere se, anche con il nostro contributo, sia possibile portare tra la gente quel discorso politico e sociale che per decenni ci è rimasto strozzato in gola? Ma per fare questo occorre uno strumento politico. Il circolo, il centro culturale, la rivista fine a sé stessa non bastano
L'occasione è proprio il dopo Fiuggi. Là è successo quello che per decenni abbiamo auspicato. Finalmente è finito un equivoco. Le carte si sono scoperte. Le due anime del fascismo potrebbero avere preso la strada che a loro compete. Il «fascismo regime», conservatore e reazionario, con Fini, Berlusconi & Soci; il «fascismo movimento», libero di esprimersi in tutta la sua dinamicità, positività e potenzialità. Ed allora tutto a posto? Sicuramente no. Ma i presupposti ci sono. Le idee poi, come tutti sappiamo, camminano con le scarpe degli uomini. È il famoso treno che passa. Perché non salirvi? Rauti con il suo gesto, senza dubbio tardivo, ma meglio tardi che mai, ci ha offerto l'occasione. Non metto in discussione la buona fede. Non metto in discussione le qualità morali e culturali. Ho dubbi sulla gestione. Ma questa appartiene anche a chi su quel treno salirà. Occorre tornare a sporcarsi le scarpe. Stare alla finestra ed attendere non è da noi. Non si confà a chi, come giustamente dice Errico, ha sempre combattuto con «la cara al sol». Liberi da pregiudizi e «cattiverie» varie. Questo sì. Da uomini liberi come sempre siamo stati e dovremo continuare ad essere. Senza alcuna «preconcetta ostilità» come sostiene il camerata Luigi. «Con la severità del giudizio» certo. Ma non solo verso gli altri, anche verso noi stessi. Umili, sereni e, questo sì, forti nelle nostre convinzioni. Agendo in prima persona, senza delegare alcuno. Senza fare processi alle intenzioni. I processi si fanno e le condanne si comminano quando vi sono le prove.
Il MSI del dopo-Fiuggi ha bisogno di gente come noi. Refrattari ai compromessi, irrequieti, insofferenti, fedeli alla parola data, con il coraggio delle proprie idee. La nostra storia personale ne è lucida testimonianza. Questo nessuno ce lo potrà mai togliere. Come nessuno potrà mai convincermi, e con ciò rispondo anche alla affermazione di Errico «Può un soggetto politico sorto nel '95 riportare i connotati di quella che era la situazione storica di cinquanta anni prima?», della non validità di certi postulati originari ai quali il Movimento Sociale deve continuare a guardare con forza e convinzione. Mi riferisco a quanto si affermava nel '47 su "Rivolta Ideale", organo ufficiale del MSI: «Sì siamo fascisti, ma quei fascisti che si sono battuti per dare all'Italia una legislazione sociale e sindacale; siamo i fascisti dei contratti collettivi di lavoro riconosciuti come leggi, dei sindacati concepiti come libere associazioni di liberi lavoratori democraticamente organizzati... Siamo i fascisti che si sono battuti per la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese».
Ebbene se il Movimento Sociale che ha appena ripreso a camminare tornerà a fare propri questi postulati ed altri ancora che più sopra ho soltanto schematicamente enunciato, calandoli nella realtà attuale, sarebbe veramente delittuoso prendere le distanze o peggio ancora andare a cercare altrove improbabili ed impossibili agganci e progetti politici.
A meno che anche noi, consapevolmente o inconsapevolmente, non siamo stati contaminati ed inquinati da cinquanta anni di antifascismo rozzo, becero e acritico. A meno che anche noi, consapevolmente o inconsapevolmente, non accettiamo questa aberrante logica bipolare.
Ma voglio sperare, anzi sono convinto, che non sia così. Ci conosciamo troppo bene. Mettiamo da parte rancori, delusioni, scetticismi, indecisioni, presunzioni e quant'altro ancora. La partita ce la dobbiamo giocare fino in fondo. Al di là della destra e della sinistra.

Gianni Benvenuti

 

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