da "AURORA" n° 24 (Marzo 1995)

RAGIONAMENTI

Per una alternativa al nuovo

Alberto Ostidich

E dunque in politica c'è stata la grande svolta, destinata a fare epoca: tutto ormai è destinato a mutare e nulla a restare uguale a prima.
Così van dicendo i tanti nuovisti d'Italia, scesi da ogni dove in campo, e tutti decisi a restarvi, in virtù e grazia del cambiamento.
La mia artigianale interpretazione dei segnali d'epoca, però, diverge. Diversamente da costoro, credo infatti avremo presto modo di scoprire che il nuovo -rivelatosi tale fra l'autunno '93 e la primavera '94- di nuovo avrà sicuramente avuto il nome, il nome d'arte, e magari pure l'allestimento, le luci, gli spots, i costumi... ma -quanto alla regia, ai ruoli di scena, alla trama- quelle, beh, quelle erano rimaste sempre le stesse!
Già, io credo -basandomi sulla mia personalissima sfera di cristallo- in prossime occasioni d'accertamento (a spese nostre) della verità. Vale a dire, che a metà degli anni '90 si era verificata in Italia una rivoluzione, ma nel senso di ritrovarsi al punto di partenza, dopo una rotazione a 360°: Stesso modo d'amministrare la cosa pubblica, uguale uso clientelare dei rapporti sociali, identica concezione patrimoniale del potere ecc.
Affidiamo dunque fiduciosi al tempo -notoriamente rispettabile perché galantuomo- il compito di darci ripetizioni sulla rinnovata "mancanza del senso dello Stato" dei nuovi gestori, ovvero d'insegnare a tutti noi -illusi e delusi, ingenui e scettici, generosi e pessimisti...- che il peggio del peggio della Prima Repubblica le sopravviverà. Anzi, grazie all'impiego di cure omeopatiche e allo sviluppo degli anticorpi, il peggio riuscirà di certo rafforzato.

Ciò detto e predetto in via ufficiosa, ufficialmente la politica qui da noi sta per «voltar pagina». O meglio, i contendenti si stanno inumidendo le punte degli indici, in attesa di.
Siamo o non siamo il Belpaese del compromesso, del rinvio codificato, dei drastici «forse» e degli immarcescibili «può darsi»? Il «sia qua che di là», delle italiche vicende, risulta di gran lunga il favorito di partenza. Certamente, e numericamente, assai più popolare del celebre «o di qua o di là». Per non dire poi dello sfortunato «né di qua né di là», da sempre praticato da un'infima minoranza di (casuali?) abitatori della penisola.
Insomma il nuovo avanza, fermo restando il modo di «essere» politica. Perciò le «vecchie regole» vanno rispettate. Perciò la commedia va recitata, come da copione, sino in fondo: è lo spettacolo che deve continuare. Pena la morte dei paganti spettatori, che giulivamente si credono protagonisti.
Che la recita abbia dunque inizio! Fra squilli di trombe ed effetti speciali, in un clima di apocalisse virtuale, nella spasmodica attesa del giorno del giudizio (elettorale)! Giorno in cui la Bestia verrà sciolta dai suoi vincoli infernali... e immancabilmente sconfitta. Beninteso: dalle forze del Bene, con l'aiuto di Dio, della Patria, del Progresso, della Famiglia e della Libera Iniziativa.
Nel frattempo, in attesa del verdetto, non ci si risparmierà l'un contro l'altro le accuse più sanguinose: «Assistenzialista!», «Nemico del Mercato!», «Illiberale!», «Consociativo», «Antiamericano!».
Nulla, proprio nulla, viene tralasciato per mostrare al popolo sovrano la perfidia e/o la incapacità dell'avversario. Gli economisti, gli opinionisti, gli imprenditori più prestigiosi sono equamente divisi. Per la causa si schierano le tette più famose: a destra la Marini, a sinistra la Parietti. E se, putacaso, Maurizio Costanzo (show) si arrocca di qua col Centrosinistra, ecco che puntualmente Telemike (Buongiorno) si trincera di là col Centrodestra...
Differenze di programma? Inesistenti. Idee? Intercambiabili. Passioni? Inesigibili. Il confronto vero, anzi lo scontro, sta tutto sul piano del sorriso (nel caso di specie: pacioso nell'uno, piragnesco nell'altro), nel modo di vestire (dignitoso-borghese «contro» rampante-elegante), fra diversità di eloquio (palloso-professorale, oppure piazzistico-imbonitorio), fra gestualità alternative (composto-rassicurante nel primo, aggressivo-vincente nel secondo). Se c'è un «nodo importante da sciogliere», questo non potrà che riguardare le rispettive cravatte, aventi anch'esse due distinte e opposte tifoserie...
In un simile processo «dialettico», chi avrà la meglio? Il candidato liberalconservatore «o» quello liberalprogressista?
I pronostici sono tutti per il primo, che meglio interpreta il ruolo più richiesto dal momento.

Il cambiamento -in fondo- e la sorpresa del cambiamento stanno qui: nessuno aveva previsto una così rapida inversione di tendenza nei gusti e negli umori della gente. D'altro canto, solo le anime belle han ragione di stupirsene; di stupirsi del fatto acclarato che la democrazia moderna -la cosiddetta democrazia plebiscitaria- risulta più che mai fondata sulla credulità popolare, sulla «emozionalità» popolare.
Qualsiasi studioso di politica lo sa bene (anche se non è conveniente ammetterlo): la democrazia è simbionte della demagogia e perciò si traduce sempre in cachistocrazia (= governo dei peggiori)...
A tale proposito, può essere interessante notare che, sino ad un paio d'anni fa, il nostro sembrava essere l'unico Paese europeo-occidentale «a democrazia bloccata», ovvero il solo a non consentire la cosiddetta alternanza.
Per ovviare all'inconveniente, si è operato a sinistra come a destra. E in particolare su quest'ultimo versante, dove è stata ricostruita una «Destra perbene» -spendibile e credibile- in grado di ricoprire il ruolo equilibratore già appartenuto alla vecchia D.C.
Il sistema, in tal modo, ha potuto superare l'«handicap» iniziale e, al contempo, ha posto in essere quel processo di autorigenerazione oramai necessario dopo decenni di forzosa e precaria stabilità.
Contestualmente gli «avversari» (o presunti tali) della Nuova Destra vincitrice -anziché avvertire l'esigenza di un accurato lavoro di analisi e di revisione, al fine di isolare gli elementi di stortura di quella vittoria- si sono dati alla caccia all'untore, alle demonizzazioni, alle fantasiose accuse di fascismo, golpismo, peronismo -e «ismi» simili- verso Berlusconi & C. È stato (e continua ad essere) un inutile e stupido esorcismo. È stato, ed è, un atteggiamento perdente e autocastrante, che "Aurora" non si è stancata di confutare. Inutilmente, a quanto ci è dato di capire.
La persistente miopia altrui, non ci impedisce peraltro di scorgere i numerosi e concomitanti segnali che si agitano attorno a noi. Segnali di prossime turbolenze, che potranno sì risolversi nella classica tempesta in un bicchiere d'acqua (: così è stato predisposto a cura dei cosiddetti poteri forti, i quali necessitano dell'equilibrio conflittuale destra-sinistra), ma che potranno anche risolversi, anziché in una calma piatta, periodicamente percorsa da increspature controllate, in una vera tempesta.
Esistono infatti elementi e forze che fuoriescono dagli schemi lineari di quei «poteri forti», che non si adattano ai ruoli preordinati di destra o di sinistra...
Voglio più semplicemente dire: se «il cambiamento» è questo, quello già realizzato, c'è d'attendersi la riapertura e il riacutizzarsi di vecchie ferite giammai rimarginate.
L'esasperato liberismo, l'avventurismo politico, l'amoralità hanno finora segnato molti punti a favore della spregiudicata compagine di centrodestra. Ma, alla lunga, quando risulteranno irrisolti ed anzi aggravati i problemi, soprattutto economico-sociali, è impensabile che la gente non ne chieda conto ai venditori di sogni!

Portando a termine il ragionamento, ritengo che noi, noi Sinistra Nazionale, non dobbiamo sentirci in alcun modo rappresentati dalla Sinistra Liberale, delegandole le nostre scelte. E nemmeno dovremmo sentirci legati elettoralmente al male minore, alias a Romano Prodi.
Comunque sia o sarà (: ce lo dirà il caso, o il realismo politico del momento), importante è continuare hic et nunc nella costruzione di un soggetto politico, visibile e riconoscibile. Un soggetto nostro che divenga punto di riferimento per quanti (il 66,8%, secondo i sondaggi "Datamedia" del 14 marzo u.s.) non hanno alcuna fiducia nei politici, per fare un esempio. Un soggetto il nostro che possa agire in autonomia e stretto collegamento con altri, compatibilmente con il nostro progetto e la nostra identità.
Né accetteremo, o richiederemo, abiure a chicchessia. E nemmeno di passare, o di far passare, per entrate di servizio alcuni di noi, o dei nostri interlocutori.
A questo spirito di comune ricerca ci siamo attenuti e ci atterremo, qui su "Aurora", convinti come siamo dell'esistenza di molte e diverse vie per chi voglia davvero percorrere la via dell'alternativa. Verso quel «Socialismo che non c'è» e che ci siamo impegnati insieme ad altri di ricercare.

Alberto Ostidich

 

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