da "AURORA" n° 25 (Aprile 1995)

EDITORIALE

Nessuna ambiguità

Luigi Costa

Non pensavamo che la lettera aperta a Pino Rauti, pubblicata in febbraio, provocasse una così vasta reazione. Molti lettori, infatti l'hanno letta come un'apertura verso uomini ed ambienti ritenuti inaffidabili, cogliendovi anche segnali d'involuzione della nostra linea politica.
Tra i tanti, pubblichiamo quanto sostiene un lettore romano che, con lucidità e chiarezza, così sintetizza le sue preoccupazioni: «Ribadisco quanto ti dissi per telefono: la via della Sinistra Nazionale non può che essere dura ed i successi vanno previsti per tempi medio-lunghi. (...) Nei momenti di confusione e riaggregazione, ambiguità e tentennamenti (anche solo apparenti), possono risultare esiziali per gli sviluppi futuri. Si pone, come sempre, il dilemma: optare per successi immediati ed effimeri o puntare al sodo nel tempo; educando, orientando e combattendo. (...) "Aurora" può fare l'una e l'altra cosa. (...) Rauti, invece, non può che ripetere il giochetto che fece Almirante con Michelini ai tempi del "rinnovamento"...»
A noi, in tutta onestà, non pare di aver, in quella lettera, per quanto educata e rispettosa nei toni, fatto concessioni di nessun tipo a Rauti e Pisanò. In verità, ne abbiamo sottolineato tutti i limiti, evidenziando la strumentalità di un'operazione che mirava a riaggregare un'area politicamente inconsistente, ma ritenuta elettoralmente appetibile, attorno ad una prospettiva il cui fattore coagulante non era dato da contenuti ideali e progettuali, ma dall'astiosa volontà di rivalsa per il presunto tradimento di Gianfranco Fini.
Ritenevamo errati atteggiamenti aprioristicamente ostili che, a nostro avviso, sarebbero risultati incomprensibili a quanti, in specie giovani, sono per natura sensibili ai retorici, quanto strumentali richiami, alla «fedeltà» e alla «continuità ideale» e quindi propensi ad attribuire alla «cosa» di Rauti e Pisanò contenuti e valenze che essa non aveva, non ha e che non potrà avere.
A posteriori, questa «apertura» può essere giudicata un errore, ma unicamente in virtù degli sviluppi successivi che hanno ampiamente dimostrato che proprio dai giovani sono pervenute le maggiori riserve per la nostra «benevolenza». Ma per onestà, dobbiamo anche dire di avere nell'insieme del quadro, sopravvalutato un'altra variante: la capacità attrattiva del «mito» Rauti, alla prova dei fatti rivelatasi di molto ridimensionata, sopravvivente, ormai, unicamente come componente residuale all'interno di ristrette frange nostalgiche, quindi destinata a rapido e definitivo esaurimento.
Ciò puntualizzato, non crediamo che in quella lettera, siano rintracciabili concessioni, implicite od esplicite, tali da infirmare, anche solo in parte, i contenuti della nostra linea. La Sinistra Nazionale (e "Aurora" che ne è uno degli strumenti operativi) è sempre stata coerente con la sua impostazione di fondo; quella, per intenderci, desumibile dai dieci punti della Piattaforma programmatica che ben delinea e sintetizza gli ambiti, tattici e strategici, all'interno dei quali ci muoviamo. A quella Piattaforma ci siamo costantemente attenuti, nulla concedendo al suadente e coinvolgente richiamo della quotidianità spicciola.
Una linea comportamentale ispirata alla chiarezza e alla coerenza, che ha richiesto un grosso tributo in termini di «perdite umane», e oggi si rivela pagante; qualora si consideri sia la crescita esponenziale della Sinistra Nazionale -gratificata dall'adesione di tanti giovani-, sia la credibilità acquisita in ambito politico. Una credibilità che ci consente oggi di instaurare un rapporto dialogico con il multiforme mondo della sinistra sul piano della pari dignità; senza abiure e pentimenti, senza atti di contrizione e sudditanze, gratificati dal rispetto e, ci pare giusto rilevarlo, dalla «sorpresa» di chi si rende conto che in «campo nemico» non solo si coltivano idee e progetti di grande rilevanza, degni della massima considerazione, ma sono anche rintracciabili comunanze di Valori e insospettata convergenza di analisi.
Non ci pare, infatti, irrilevante e priva di un preciso significato la partecipazione ai convegni della Sinistra Nazionale di esponenti di alto livello dei Verdi, del PDS e di Rifondazione Comunista. Ben conoscendo la disciplina di queste Organizzazioni siamo consapevoli della valenza politica che assume questa loro presenza, certo non attribuibile alla sola iniziativa delle strutture periferiche. Ne prendiamo atto senza iattanza, ma ben attenti a non sottovalutare l'attenzione e la considerazione di cui siamo oggetto, convinti che il muro della incomunicabilità è finalmente frantumato.
In rapporto stretto con queste rilevanti novità ed in coerente attinenza con quella Piattaforma programmatica alla quale prima ci siamo riferiti -e che noi consideriamo esaustiva ed esplicativa delle ragioni ideali della Sinistra Nazionale- noi riteniamo sia necessario meglio precisare le motivazioni della nostra indisponibilità a prendere in considerazione qualsiasi ipotesi politica che, con quella Piattaforma, non sia compatibile, né tantomeno di tollerare qualsiasi, anche marginale, commistione con quanti, a parole, sostengono di riconoscersi ed ispirarci a quei «dieci punti programmatici» e aggregazioni della destra, ancorchè variamente denominate e aggettivate.
Questa posizione non è il frutto di considerazioni personalistiche o settarie, come qualche passatista va cianciando, ma è una costante da tempo; ed è determinata da consistenti motivazioni politiche implicanti insanabili divergenze progettuali e ideali, non riducibili ad atteggiamenti di strumentalismo tattico o camaleontismo politico, ma imposte dalla sostanza e dallo spessore dei contenuti. Ed anche i duri d'orecchi, prima o poi, dovranno prenderne atto.
Dalle contrapposte «convinzioni» culturali, progettuali e «ideologiche» emerge un irriducibile antagonismo fra la Sinistra Nazionale e tutto ciò che è destra; se qualcuno ha coltivato l'illusione si trattasse di sole varianti dialettiche, tese a preservare la «rendita» del proprio «orticello», oggi finalmente appalesa tutta la malafede e l'ambiguità che permeavano la sua collaborazione a questo mensile e la sua militanza nella Sinistra Nazionale. Gli è che le dissonanze sono enormi e non solo nella valutazione delle problematiche sociali e nazionali, ma soprattutto nel significato e valenza attribuito a termini e concetti quali democrazia, libertà, partecipazione, giustizia sociale, comunità nazionale, famiglia, religiosità, integralismo spiritualità, patria, Europa, mercato. Insomma, quella che potremmo definire la nostra Weltanshauung non ha nulla in comune con persone ed ambienti che, consapevolmente o inconsapevolmente, sono da sempre subordinati a forze politiche ed entità economiche antinazionali e antipopolari.
Per essere più precisi: il «nostro» fascismo è incommensurabilmente lontano da qualsiasi nostalgismo acritico e non ha nulla in comune con maggioranze silenziose, sciovinismi nazionalistici, razzismi e intolleranze, tesi neo-corporative, istanze patriottardo-occidentaliste da sempre patrimonio del neo-fascismo. E, pur considerando il giovane Mussolini un irrinunciabile punto di riferimento ideale e culturale, condanniamo, senza mezzi termini, e con cognizione di causa, l'involuzione reazionaria e liberticida del Ventennio. D'altro canto il Fascismo-movimento e la Repubblica Sociale sono solo parte di una ben più ariosa e composita riflessione storica.
Rilettura, persino antecedente al Mazzini e al Pisacane -come qualsiasi lettore ha potuto rilevare negli ormai innumerevoli saggi pubblicati negli ultimi due anni in queste pagine-, che si sofferma su Proudhon, passa attentamente al vaglio il Socialismo utopistico e le sue emanazioni partecipazioniste (cooperativismo) e solidaristiche (la mutualità), si sofferma a lungo sul Sindacalismo Rivoluzionario sia nella sua fase di critica interna al marxismo che in quelle susseguenti del «Socialismo rivoluzionario», del «Sovversivismo impolitico» e dell'«Imperialismo proletario»; quel «magma», per intenderci, che incontrando le avanguardie artistiche del Futurismo e la sinistra socialista capeggiata da Mussolini si condensò nella sintesi interventista e partecipazionista da cui scaturirono la "Carta del Carnaro" e il "Programma di Piazza San Sepolcro". Né sono secondari, per questa nostra analisi gli apporti di un Nietzsche e di un Sorel, né quelli del Kautsky di "Die soziale Revolution" e della Rosa Luxemburg di "Die Akkumulation des Capitals"; sino a certe pagine del Lenin e del Gramsci nazionalpopolare, in parte debitore, nella parte terminale della sua riflessione politica, dell'attualismo e del volontarismo gentiliano. Per concludere con i Berto Ricci, gli Angelo Tasca, i Nicola Bombacci, i Beppe Niccolai.
Nessun riferimento meccanico, come si può rilevare all'esperienza fascista, ma solo a momenti di questa, ben delimitati e precisi.
Ne consegue che la Sinistra Nazionale non è culturalmente e idealmente assimilabile ad esperienze neo-fasciste o post-fasciste, e pur facendo propri aspetti importanti del fascismo «Movimentista» e «Repubblicano», li estrapola dalla più vasta avventura mussoliniana, ripulendoli dalle incrostazioni liberticide e reazionarie del Ventennio, per riportarli nell'alveo naturale delle esperienze socialiste a cui, sul piano culturale, ideale, filosofico, progettuale e, perfino sentimentale, questi aspetti del fascismo appartengono.
Ed è perlomeno curiosa e comunque significativa la circostanza, tralasciata dagli immemori, che la Sinistra Nazionale è nata attorno ad un preciso progetto: «Ricomporre gradualmente tutte le fratture interne al movimento socialista, che si sono prodotte fra il 1912 e il 1917, in modo da creare le condizioni per un soggetto antagonista unitario che funga da riferimento politico e sindacale per le lotte dei lavoratori e dei popoli contro l'imperialismo e il capitalismo».
Da qui il nostro essere sinistra e nella Sinistra; di ricercare nell'ambito della sinistra sinergie e alleanze, senza per questo venir meno alla nostra identità, originalità e peculiarità. Ben sapendo che il modello al quale questa Sinistra si ispira è quello occidentale, quindi tenendo presenti le differenze strategiche esistenti tra la Sinistra Nazionale e questa Sinistra moderata che ha scelto la strada della compatibilità col capitalismo e che, nonostante il crollo epocale del marxismo-leninismo, rimane prigioniera delle suggestioni antistoriche e fallimentari dell'internazionalismo.
Ma pur non sottovalutando la fase di travaglio che la Sinistra moderata attraversa, in virtù del collasso che l'ha privata di riferimenti ideologici e d'identità, noi con essa dobbiamo e vogliamo confrontarci. Non solo criticandone i cedimenti al liberismo, denunciandone le latitanze e le contraddizioni, ma anche affiancandola nelle sue giuste battaglie, condividendone le vittorie e le sconfitte. Non vi sono percorsi alternativi. A questa sinistra, ieri prigioniera del «mito» proletario, oggi in parte succube del suo nemico storico o affascinata dal modello «liberal» e dal capitalismo anglosassone, noi indichiamo altre strade e portiamo in dote altri vessilli: la Patria e la Socializzazione.
Affermiamo convinti che solo a Sinistra e nel «popolo di sinistra», le nostre idee e i nostri progetti abbiano possibilità di attecchire. E ciò lo si evince con impareggiabile chiarezza anche dalle ultime vicende che, seppure in misura del tutto marginale, ci hanno coinvolto. Deve pur esserci una ragione profonda che spiega in virtù di quale dannata logica una o due persone che pure collaboravano a questo mensile sono saltate, come se niente fosse, con naturalezza, nel carro di Rauti e Pisanò. Certo tutto può spiegarsi con le difficoltà di «tenuta» dei singoli, con i problemi finanziari che ci assillano, trasformando ogni iniziativa in un'impresa improba e logorante. Possono avervi giocato un ruolo imponderabili componenti dell'animo umano: il desiderio di contare, la piccola gratificazione, il bisogno, per alcuni fisiologico, di una più vasta e pagante platea. Ma tutto ciò non è esaustivo! Non è abbastanza!
Il nodo è a monte, non si può andare a sinistra se si è di destra. Se l'«eresia» è un sottile involucro estetico. Se vi è un problema non risolto di identità culturale e politica per cui, senza infingimenti, in tutta onestà, ci si dice di «sinistra» pur continuando a cogliere a «destra» ogni possibile occasione di commistione; e si superano brillantemente tutte le aporie che derivano da questa condizione e ci si intruppa, alla prima occasione utile, tra quella varia umanità che da tempo ha rinunciato a pensare, delegando ad altri questo importante compito.
Così tutto rientra nel vago, le convinzioni prima espresse e sostenute con dovizia d'argomenti, divengono solo esercitazioni letterarie. Diamine. Le virgole erano al posto giusto, i punti anche. Per il resto tutto è discutibile!
Allora diventa irrilevante che la destra «nazionale» abbia espletato la funzione di cane da guardia dell'imperialismo USA. Allo stesso modo, certi «personaggi», che oggi blaterano di indipendenza e dignità nazionale, e nel passato erano contigui agli Stati Maggiori della NATO -sempre naturalmente nel nome dell'anticomunismo, peraltro ben remunerato-, tornano miracolosamente ad essere credibili. Particolare trascurabile, non degno di nota, è anche che la destra «sociale» sia stata per decenni lo strumento del crumiraggio e della provocazione antioperaia, al servizio delle mafie padronali e democristiane. E persino questi misfatti, per quanto supportati da un'immensa pubblicistica, dalle sentenze della Magistratura e dalle stesse ammissioni dei «personaggi» (che oggi pretendono di «ritornare alle origini nazionali e sociali»), divengono peccatucci veniali, non inficiano la credibilità di chi li ha commessi, ma solo quella di chi si ostina a non dimenticarli e li ripropone non per acredine o spirito di rivalsa, ma unicamente per senso del dovere. Per mettere in guardia quanti, giovani e anziani, rischiano di farsi abbindolare dalle affascinati affibulazioni dei falsi profeti. Ma per noi questi sono anche frammenti di memoria storica che nei momenti di confusione vanno ricordati e sottolineati per ristabilire le differenze a marcare bene le distanze.
Abbiamo di proposito utilizzato, in questa nostra esposizione, una crudezza di toni non usuale affinché il senso ne risultasse chiaro.
Ognuno può trarne le conclusioni; epperò sapendo che non abbiamo in soverchia simpatia le «maddalene» pentite, le «madonne» pellegrine, essendosi da tempo esaurita la nostra riserva di comprensione e tolleranza.

Luigi Costa

 

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