da "AURORA" n° 25 (Aprile 1995)

I PROBLEMI

Immigrazione:
basta col falso umanitarismo

Michele Del Dosso

Noi Italiani, colpa della cultura di una certa Sinistra, abbiamo una paura folle delle etichette.
Se non pronunciano certe parole d'ordine coniate negli anni da una sinistra stupida ed ottusa, si è automaticamente razzisti o fascisti. Bene, ora proverò, senza preconcetti ideologici, ad affrontare un problema qual'è quello della immigrazione cercando di essere razionale e non «politico».
Sono sicuro che ci sarà comunque qualcuno che avrà apprezzamenti poco lusinghieri nei miei confronti. Ma di ciò ho già tenuto conto.
A parte il discorso della società multirazziale, verso la quale, per più ragioni, sono fortemente contrario, voglio ora presentare il fenomeno nella sua realtà oggettiva, lasciando che sia essa stessa a parlare. Poi per i muti, i ciechi e i sordi indicherò le soluzioni che mi sembrano più appropriate per far fronte a questo drammatico problema.
Iniziamo con delle cifre; secondo gli ultimi dati del Ministero dell'Interno gli extracomunitari presenti sul territorio nazionale in possesso del permesso di soggiorno sono oggi 837.629; mancano i dati sui clandestini, ma fonti autorevoli affermano che potrebbero essere anche molto più numerosi dei regolari. Nella sola Milano, gli extracomunitari regolari sono 60.000, e 145.226 sono le persone in attesa di permesso di soggiorno. Il fiasco della Legge Martelli non potrebbe essere più evidente.
È ormai, «cosa normale» assistere ogni notte a vomitevoli spettacoli a luce rossa sotto casa da parte di prostitute perlopiù clandestine; all'egemonia delle bande nordafricane nel traffico di sostanze stupefacenti, a risse ed accoltellamenti per contendersi la piazza della droga.
In una mia intervista al Direttore del carcere di San Vittore, dott. Luigi Pagano, questi mi disse che su una popolazione carceraria di 2.400 persone, ben mille sono extracomunitari.
E allora a coloro che si ammantano di falso umanitarismo, che affermano che il mondo è di tutti, che sostengono che dobbiamo aiutare il prossimo e farci carico dei problemi del Sud del mondo, io ribadisco che non è aiutare il prossimo ospitare gli extracomunitari nelle celle delle carceri italiane, che non è dignitoso costringerli a rubare. 
Che poi tutta questa situazione sia determinata dallo sfruttamento dei Paesi del Sud del mondo da parte dei Paesi ricchi è innegabile ed anche noi Italiani abbiamo di che vergognarci a questo proposito, anche noi italiani dobbiamo batterci il petto per la scandalosa e vergognosa gestione della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, dove -vedi Somalia- a beneficiarne erano sicuramente più gli Italiani, imprenditori e politici, che le popolazioni locali.
Ma, pur sottolineando le nostre responsabilità, non si può non considerare l'entità è la pericolosità del fenomeno immigratorio.
L'Italia, per usare una metafora, è come una nave passeggeri che oltre al suo carico normale, ad ogni porto imbarca clandestini e non né scarica mai nessuno. L'Europa ci accusa di essere un Paese inaffidabile nel contenimento dell'immigrazione clandestina, di far entrare migliaia di extracomunitari nel nostro territorio per poi, con questi, inondare gli altri paesi CEE.
E allora, alle vuote chiacchiere, alle analisi pseudo-sociologiche che dopo aver, mi pare esaurientemente esposto i fatti, voglio ora suggerire la cura per rimettere in sesto la situazione. 
Poche cose, ma chiare.
1) Introdurre, come nella vicina Svizzera, il numero chiuso, cioè determinare la quota di extracomunitari che il nostro Paese è in grado di accogliere dignitosamente, offrendo loro casa e lavoro, ed espellere l'eccedenza.
2) Portare il fermo amministrativo, per la identificazione del clandestino dalla 12 ore, com'è oggi assurdamente previsto in Italia, ad almeno quaranta giorni, come da tempo avviene in Francia.
3) Considerare la clandestinità un'ipotesi di reato, come avviene in gran parte dei Paesi, compresi quelli del Nord e Centro Africa a forte immigrazione.
4) Abolire di conseguenza la possibilità, data agli extracomunitari, di presentare ricorso al TAR per chiedere la sospensiva del provvedimento di espulsione.
5) Operare nella direzione di una vera e seria cooperazione con i Paesi in via di sviluppo; «non portando loro il pesce, ma insegnando loro a pescare».
Solo così, questa è la mia opinione, si potrà costruire il mondo delle patrie e ognuno potrà vivere e prosperare nel proprio Paese di origine, ove ha le proprie radici, la propria famiglia, le proprie tradizioni, il proprio cuore.

Michele Del Dosso

 

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