da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

LE IDEE

Partecipazione e Socializzazione

Giorgio Vitali

Per quanto si voglia criticare la Società nella quale ci troviamo a vivere, non possiamo che prendere atto che questa Società esprime modalità comportamentali, soprattutto nel campo del lavoro, della produzione, della vita associata, che in altri Paesi sono diventati routine, mentre da noi sono iniziative sporadiche non politicamente strutturate. È inutile che noi parliamo di socializzazione senza sapere cosa avviene all'estero, con la testa rigirata a momenti della nostra storia nei quali, per la consistenza della «forza lavoro» la rivendicazione della giustizia sociale non si intrecciava necessariamente con la complessità.
Oggi viviamo nella società della complessità, nella società post-industriale, nella società della informazione, della comunicazione, ove la cultura specifica, la cultura professionale, la cultura umanistica, hanno una valenza sempre più consistente sulla mentalità precedente produttrice di oggetti, di beni vendibili, di servizi fruibili. Queste cose, oggi, in Italia, non le ha capite nessuno.
Alla cieca ricerca di un consenso elettoralistico che deve servire solamente all'usufrutto di fette misere di potere, al riparo dell'Alta Finanza Internazionale, i nostri Satrapetti gestiscono quote di lottizzati da sballottare or qua or là (a carico di qualche Ente o direttamente della Collettività e tanto basta ai cialtroni raccomandati).
Ma la partecipazione è cosa troppo importante. Ma per chi? Per quali categorie sociali?
Quali sono le categorie sociali che saprebbero comprendere questo progetto, farlo proprio, identificarvisi e divenirne l'elemento portante?
Che significa il termine «socializzazione» senza una preventiva partecipazione sociale, individuale, psicologica, antropologica?
Il Ministero del Lavoro degli Stati Uniti d'America riporta che le Aziende americane investono ogni anno l'equivalente di 120.000 miliardi di Lire in addestramento (e formazione) del personale.
Ormai si parla della trasformazione del professionista dipendente specializzato in «pensatore professionale». Mentre il nostro Sindacalismo ufficiale consuma gli ultimi sforzi per il mantenimento del sistema Consociativo, vero rudere post-marxista e molti sindacati autonomi fanno rivendicazioni ottocentesche, negli USA i Sindacati impiegano consulenti nel campo della qualità e dei processi di lavoro, per aiutare le compagnie in cui lavorano i loro associati ad essere più competitive.
Non voglio dire che questo sia il sistema migliore di fare il Sindacalismo, specie in un Paese come il nostro sottomesso ai flussi dell'Alta Finanza internazionale, ma certamente la nostra mentalità è antiquata: nei padroni, nei servi, nei lacchè dei padroni, nella classe politica in generale, estratta ancora dalla vecchia burocrazia papalina, corretta ora da alcuni managers berlusconiani, formati nello yuppismo finanziario.
Perché è evidente essere la formazione la prima forma di partecipazione. 
Perché il lavoratore al quale si fa fare, nelle ore di lavoro regolarmente retribuite, formazione, aggiornamento e addestramento, non è il lavoratore manuale, alternativo alla macchina; è un uomo al quale «durante il lavoro», viene sollecitata la parte più nobile, il cervello.
Non è più una macchina per produrre «oggetti», ma è una persona che nel lavoro si sta realizzando (umanesimo del lavoro). Ed allora acquistano piena cittadinanza politica termini come: Nuovi modelli organizzativi del Lavoro, Ergonomia, Gestione della Complessità, interazione fra società civile e Centri di produzione, ricerca privata e pubblica, scuola-università e produzione. Ecco allora che possiamo parlare di socializzazione, ma solo tenendo conto di quanto ci avviene attorno, di quanto si sta muovendo e che la classe politica di tutti i colori ignora, come è ampiamente dimostrato dagli scandali e dagli arresti causati dai falsi «Corsi» regionali, organizzati da gente che, ancor prima che criminale, si è dimostrata ampiamente incapace di capire l'importanza della cultura nella società post-moderna e che, soltanto per questo, dovrebbe essere eliminata nell'interesse del Paese.

Giorgio Vitali

 

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