da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

LETTERE

 

San Ginesio, 22 Aprile '95

 

Gentile direttore,
la rinascita del Movimento Sociale nella sua forma originaria, quale forza politica alternativa alla destra e alla sinistra del partito unico della borghesia, costituisce oggettivamente una occasione irrinunciabile di incontro e d'impegno comune per i «nuovi masnadieri» che, nell'epoca della mediocrità, si sono dati al mare selvaggio dell'eresia. È una novità assoluta, da cui non si può prescindere, con buona pace dei «savi» che storcono il naso, acidi e polemici come sempre. 
Adesso però, non c'è bisogno di zavorre; tutti gli antagonisti sono chiamati all'avventura della ricostruzione e restarne fuori, magari con l'alibi della purezza ideologica e dell'autonomia organizzativa, significherebbe gettare la spugna, cioè condannarsi al flusso implosivo o dispersivo. I nazionalpopolari che non intendono chiudersi nel ghetto di una fanta-sinistra marginale ed élitaria, né confondersi tra i sedicenti progressisti, all'ombra della Quercia, debbono ritrovarsi in uno spazio politico nuovo, mitico e utopico, sulla scorta delle più avanzate idealità fasciste. L'area che si estende oltre la destra e la sinistra, cioè al di fuori del bipolarismo egemonico, costituisce propriamente il luogo delle nuove sintesi come fasci di eresia.
Il Movimento Sociale, finalmente libero dalle pastoie e dai compromessi, potrà dare voce, unità e forza a quanti, non riconoscendosi nella topologia politica del sistema liberalcapitalista, decidono di andare oltre. 
Penso che il gruppo di "Aurora", quale fulgido antesignano della odierna svolta nazionalpopolare, sia naturaliter vocato al sostegno teorico-pratico del progetto a cui Rauti sta dedicandosi, pur se in ritardo, fra mille ostacoli e qualche passo falso. 
È un'illusione pericolosa? Forse, ma noi non siamo fatti per le comode certezze, il quietismo e la retroguardia. Francamente mi sa di spirito vetero-missino e nazionaldestrorso, la messa in guardia sulla pericolosità delle illusioni e dei percorsi ereticali, nel momento in cui un realismo debole e incapacitante, che si risolve nell'attaccamento al proprio orticello. 
«Siete un binario morto» ed è proprio quello che abbiamo sentito dirci dai finiani; è l'accusa che l'integrato muove da sempre a chi va contro corrente; «non avete speranze» questo è il ritornello. Questo monito è stato rivolto anche a voi e adesso mi rifiuto di credere che gli antagonisti si siano fatti benpensanti. 
Non eravate voi a parlare di ottimismo tragico, caro direttore? 
Ebbene non vedo come l'ottimismo della volontà, possa conciliarsi con lo spirito rinunciatario o disfattista. Chi crede nella forza espansiva delle proprie idee, non teme l'impenetrabilità di un ambiente in fermento, men che meno quella di un mondo rivoluzionario, cioè ricondotto alla sua vitalità primigenia. 
In realtà la «cosa» missina è tutta da fare e in questa fase magmatica, di appassionata ridefinizione, ognuno può offrire il suo contributo determinante; spero che il vostro non manchi, sarebbe davvero un peccato: un altro appuntamento mancato.
Ti saluto cordialmente.

 

Francesco Maria Castiglioni

P.S. Quale appassionato lettore della vostra rivista, cui mio padre è «abbonato», spero che queste mie riflessioni possano trovare posto (sotto forma di lettera o di articolo) in uno dei prossimi numeri di "Aurora".

 


 

Risponde L. C.

 

Verrebbe come prima cosa da domandarsi quale sia la forma originaria del MSI: quella di Giorgio Pini: « Noi siamo repubblicani ed abbiamo una concezione della vita nazionale che ci pone a sinistra. (...) Chi concepisce il MSI esclusivamente in funzione anticomunista, conservatrice e reazionaria non è di casa», o quella di Nino Tripodi: «unire le forze nazionali in nome della difesa dal pericolo comunista. (...) anche i monarchici e i badogliani sono preziosi alleati nella lotta antibolscevica»? 
Andare oltre la destra e la sinistra? Parole, slogans ad effetto. 
Destra e sinistra sono termini ben precisi: il MSI è da sempre collocato a destra, anzi alla estrema destra. 
Che gli ex-ascari della Democrazia Cristiana e gli ex-agenti della CIA «navighino nel mare selvaggio dell'eresia» fa ridere. 
L'«eresia» delle «poltrone»? Forse! 
Quale purezza ideologica? 
Quella della Destra perbene di Michelini, della Destra Nazionale di Almirante, della Destra filo-americana e conservatrice di Pisanò o quella strumentalmente nazionalpopolare del «terzomondista» Rauti (ma Saddam Hussein è o no un beduino?).
Chiudersi nel «ghetto»? Ma caro amico, non scorgi il filo spinato che vi circonda. Guardati attorno: non sei tra plaghe vergini e inesplorate, ma tra montagne di rifiuti che ammorbano l'aria. «Utopia, mito, fasci d'eresia, idealità avanzate»: paccottiglia riciclata. È da cinquant'anni che la menano. Qualcuno ci casca ancora. 
Pazienza! Ci siamo passati in parecchi. 
Non preoccuparti, prima o poi si guarisce: la malattia è letale solo col concorso della «poltrona» e visti i risultati elettorali il pericolo mi pare scongiurato.
Il gruppo di "Aurora" non è disponibile. 
Pur non riconoscendosi nel sistema liberalcapitalista ha altre ambizioni: «sinistra élitaria e marginale»? Forse, non abbiamo certezze! 
Abbiamo scelto di percorrere la strada più ambiziosa e per questo più difficile e rischiosa. 
I tempi non saranno brevi. Ne abbiamo coscienza, per questo evitiamo di consultare troppo spesso il calendario e contare i giorni.
In quanto alla retroguardia e ai nazional destrorsi: chiedi a Rauti, Pisanò e compagnia, saranno più esaurienti del sottoscritto, vista la loro specifica esperienza.
Non equivochiamo! Il nostro ottimismo non ha propensioni tragiche. Il senso della tragedia non ci è estraneo; rileggiamo spesso Schopenhauer e Nietzsche, ma più che nel «volontarismo pessimistico» crediamo nella volontà che si nasconde dietro le passioni e i moti vitali che danno all'uomo il suo più alto strumento: l'intelligenza. Privilegiamo, quindi, l'aspetto solare, apollineo rispetto a quello dionisiaco e farsesco.
Non tifiamo né per i Filistei né per Sansone, sono entrambi estranei alla nostra concezione del mondo. Antonio Gramsci non è, per fortuna, quello che Gianfranco Fini pretende di annoverare tra i precursori della sua Alleanza Nazionale; l'«ottimismo della volontà» non esclude il ricorso alla ragione. 
L'intelligenza non è un optional.
Né credo che si possa pensare a noi come un'accozzaglia di disfattisti solo perché evitiamo di frequentare i sepolcri, anche se imbiancati di fresco.
La Rivoluzione è una cosa seria. 
«La vitalità primigenia» una frase fatta. Un luogo comune, senza senso alcuno se riferita al cosiddetto «ambiente»; il seme avvizzito non produce germogli, i contadini esperti lo sanno bene, per questo selezionano le sementi. 
L'«appassionata ridefinizione»; è lo stesso concetto che utilizzò al II Congresso del MSI un certo Ernesto Massi, era il 29 luglio del '49. Qualche tempo dopo finì fuori dal Movimento Sociale. 
Di appuntamenti ne abbiamo mancati tanti; ma non eravamo noi a stabilirne i luoghi e i tempi. Speriamo di migliorare in futuro. 
La determinazione non manca.
Saluti 

 

L. C.

 

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