da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

L'OPINIONE

Il mercato del consenso

Amedeo Canale

Ossessionante come la pubblicità del Mulino Bianco, ascolto mille volte al giorno, per trecentosessantacinque giorni l'anno, la frase «le ideologie sono cadute, sono finite!».
Bene dico io, ma, al di là della mia personale opinione, mi chiedo che cosa ed in che misura esse siano state sostituite. È innegabile, infatti, che ci debba essere qualcosa che muove le persone e che vada oltre la sfera dei propri personali interessi. Di concreto, a dire il vero, non ho visto niente. Niente idee per cui vivere e, come si faceva ai bei tempi, soffrire; niente comunanza con gli altri individui che si basi su similari valutazioni di problemi spiccioli o di portata planetaria; niente semplice e superficiale attaccamento ad un colore, un inno, un simbolo. 
Niente di niente!
O meglio, se mi è consentito un vergognoso gioco di parole, le ideologie sono state sostituite dal niente. Che poi tale niente riempia alcuni individui più delle nozioni contenute nell'intera opera enciclopedica della Treccani, è altra cosa.
Personalmente credo che le ideologie, revisionate e attualizzate, servano ancora a molto, ma prendendo atto dell'attuale situazione di nullità complessiva, ho cercato di analizzare in che modo esse si trasformino in consenso e soprattutto grazie a cosa. Mi sembra lampante che il mezzo, la macchina alchemica, che rende possibile questo prodigio sia la televisione -o più in generale l'informazione (con qualche vaghissimo riferimento anche alla testata giornalistica)- ma sono sicuro sarà possibile studiare, anche se velocemente, i fini che chi ne ha il controllo cerca, quasi sempre con successo, di raggiungere. Fermo restando che un'analisi come quella che sto accingendomi a fare può avere un riscontro a livello planetario, suggerirei a chi legge di considerare, immaginandolo, un saldo filo conduttore fra essa e l'attuale forma di telecrazia politica italiana.
In una reale mancanza di termini propositivi da parte di una grossa fetta della classe politica e nella traslazione dell'attenzione dell'utente-elettore dai programmi di un ipotetico uomo politico alla figura fisica dello stesso, c'è la necessità della creazione di un terreno adatto che dia la possibilità a tali processi di essere posti in essere con reale profitto. Da qui la convinzione che si debba esercitare una forte, ma impercettibile pressione sull'inconscio collettivo che, a lungo andare narcotizzato, finisce per distorcere con risultati insperabilmente positivi, anche le visioni più orripilanti. (Ciò spiega la miriade di manifesti elettorali affissi per le strade delle città, riproducenti le faccione ghignanti e brufolose dei vari candidati). Tale pressione immette nella mente dell'utente -termine accuratamente ricercato- degli elementi valutativi che influenzeranno gli umori verso questo o quell'uomo politico.
Si cerca innanzitutto di presentare la condizione attuale in un paese o più generalmente la momentanea situazione come qualcosa che difficilmente può essere modificato; ciò induce chi guarda o ascolta a credere di essere realmente impotente, anche per quanto riguarda la propria sfera, di fronte ad avvenimenti che lo vogliono, guarda caso, ancora solo spettatore. 
È invece dovuto alla nuova casta di sacerdoti (i politici - N.d.A.) il compito di dirimere questi ingarbugliatissimi intrecci che ci vengono presentati nelle loro forme più marginali; ritoccati a seconda del momento e della necessità.
Un allontanamento, dunque, dalla realtà reale ed un avvicinamento ad un'altra che potrei definire virtuale e comunque sempre standardizzata. Standardizzata e studiata affinché ne travalichi qualsiasi altra forma e la renda comunque acquistabile da fasce notevolmente ampie in una visione sempre spettacolare, onirica, religiosa della stessa. Tuttavia ci si è accorti che la televisione, la radio, i giornali, hanno una fruizione limitata in termini di tempo anche in persone dipendenti, e ciò significa che esistono momenti, anche relativamente lunghi, in cui l'utente può essere disintossicato dalle sostanze concettuali infiltrate sapientemente tramite transistors, tubi catodici o semplici righe scritte. Ciò comporta, in soldoni, la reale possibilità che il fumo di certi messaggi, quelli che se ossessivamente ripetuti si trasformano in preferenze su schede elettorali, possa essere spazzato via dal soffio di una semplice, superficiale o anche errata analisi che si attenga però a realtà di fatto.
Da qui l'idea di portare, comprimendolo, il dibattito politico all'interno della stessa televisione dove, per quello strano prodigio che porta gli uomini a sentirsi «consumatori» del mondo, ci dovremmo stare proprio tutti. Nascono allora i megaprogrammi che hanno fatto la fortuna dei Santoro, dei Funari e robaccia varia; quelli dove si partecipa ai sondaggi che stabiliranno, per esempio ed in barba a qualsiasi consultazione elettorale, se Berlusconi è simpatico agli italiani o no.
Tutti saremo dunque convinti di avere esaurito la nostra attività di confronto politico e crederemo che il libero scambio di idee con le altre persone sia inutile e che invece sia proficuo dialogare con un analfabeta che appena riesce a riportare un tuo eventuale si o no su un computer che, guarda caso, esprimerà uno scientifico, pilotato, imbonitore verdetto a favore di chi gli fornisce la corrente. Ma questo rientra in uno scenario ancora più vasto e studiato.
Certo! Perché queste mozioni, questi messaggi vengono calati nel grandioso pensiero che in una visione mondiale e mondialistica delle cose, ciò che è maggiormente accettato è giusto e le piccole specificità che si oppongono a tali eventuali stati di cose sono pericolose ed arroccate a vecchi estremistici schemi mentali. Tutto deve quindi rientrare nella norma; essa è rappresentata dalla volontà, labile e facilmente manipolabile, dalla maggior parte della gente la quale, a sua volta e, credo, sadicamente cosciente, risponde alla volontà di pochissimi. Questo stato di cose porta ad un continuo deteriorarsi delle libere coscienze e della loro capacità decisionale, ma ancor peggio comporta l'acquisizione del potere e dei meccanismi di cui ho fino ad ora discusso da parte di personaggi che tenteranno, in virtù di una sempre maggiore carenza di proposte, di accentuarne il degrado.
A far da cornice a questa astuta progettazione, c'è il martellante tentativo di appiattire gli individui fiaccandoli sotto il profilo della loro istruzione e della loro crescita culturale. 
Un livello di preparazione e culturale tenuto a bassi -o persino bassissimi- livelli, permette una più facile breccia nelle coscienze degli individui stessi. Il recepimento quindi dei semplici e martellanti messaggi diviene così più agevole rispetto a quello di un reticolo concettuale ben più complesso, e l'assuefazione ai primi porta ad una progressiva incapacità di comprendere, immagazzinare e recepire e financo seguire nella sua completezza il secondo. Il lassismo mentale che attualmente caratterizza la stragrande maggioranza dei nuovi animali elettorali, provoca una reale incapacità di seguire con profitto la esposizione di tematiche non impostate e caratterizzate da frasi semplici ed ad effetto, slogans demagogici insomma, ed il conseguente sprezzo di tutti quei tentativi di analisi più o meno approfonditi di una qualsiasi realtà concreta.
A tale proposito vorrei fare un esempio che sempre più sovente si erge a massimo sugli altri. 
La figura di Berlusconi, con la sua sincera e profonda convinzione di essere nato per togliere i peccati al mondo e con il suo spiccato senso di vittimismo, viene sempre e comunque contestata da tutte le figure di intellettuali, di destra o di sinistra che siano, e viceversa acclamato con fervore dalle classi che, meno abituate a ragionare autonomamente perché schiave di determinate regole omologanti, vedono nel mezzo televisivo, la cui fruizione in esse raggiunge picchi elevatissimi, l'unica creazione capace di trasmettere valori. Felici di attenersi alle formulazioni che tale mezzo gli propina, le masse, che nella fattispecie omologate e senza volto non possono che essere definite in tal modo, si dirigono felici verso orizzonti che presto gli verranno modificati. Ma la cosa, peggiore è che lo fanno per il Niente.
A questo punto mi corre fare una precisazione. Non sono assolutamente uno studioso di materie sociologiche e riconosco che quanto ho scritto può sembrare retorico e in odore di vecchi proclami degli Anni Settanta; se così è sembrato mi scuso con chi legge, tuttavia ho cercato di affrontare un tema i cui riscontri percepisco opprimenti sulla mia stessa pelle, nel modo più scientifico -absit iniuris verbis- ed accurato possibile. Se poi i termini adoperati sono apparsi eccessivamente propagandistici e, ripeto, retorici, mi arrigo il diritto di chiedere a voi venia per coloro che, in tutti questi anni, ne hanno fatto cattivissimo uso. Fatta tale precisazione sarei tentato di continuare l'analisi che però, a mio avviso, implicherebbe valutazioni più ampie e complessive di fatti e soprattutto personaggi che, in questa sede, ho volontariamente tenuto fuori.
Cosa viceversa d'obbligo, mi sembra, sia la definitiva constatazione che certi meccanismi vanno carpiti e neutralizzati. Così facendo ci si riapproprierà delle rispettive identità e ... soprattutto si eviterà di voltarsi per strada e di vedere ovunque, insopportabilmente, quelle facce grignanti e brufolose che, personalmente, non ce la faccio più a reggere.

Amedeo Canale

 

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