da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

PROFILI

Nicola Bombacci e il socialismo mussoliniano

Bruno Rassu

Nicola Bombacci nacque a Civitella di Romagna (Forlì) nel 1879. Aveva dunque quattro anni più di Benito Mussolini e, come lui, iniziò la vita politica nel partito socialista (era il 1903) tre anni dopo, malgrado la maggiore età, del futuro Duce (furono i socialisti per primi a chiamarlo così ...) che, lo ricorda E. Gentile su "Mondo Operaio" nel 1982, aderì al PSI nel 1900.
Bombacci, come Mussolini, si schiera con l'ala più intransigente del partito, che diviene maggioranza dopo il congresso di Reggio Emilia. Furono poi le fasce popolari più scontente e ribelli che, entrando nel partito socialista e raddoppiando il numero degli iscritti, riusciranno al congresso di Ancona (1914) a riconfermare questa maggioranza. A tale proposito, nella "Storia del socialismo italiano" di Gaetano Arfè (Einaudi, Torino, '65) si dice: «... l'incremento numerico del partito (...) è l'abbattimento di ogni barriera tra il proletariato e la teppa ...». Di Bombacci un altro osservatore di quel periodo, Ugo Ojetti, riferisce che: «... il deputato romagnolo, magro, gentile e piccolino, vestito di nero (...) è angelico».
Addirittura al congresso socialista del settembre '18, a Roma, Nicola Bombacci viene eletto segretario del partito. Leadership che gli fu riconfermata nei primi mesi del '19. (In quegli anni Mussolini intravede, in una visione patriottica, i postulati di quella che diverrà l'unica vera rivoluzione Italiana. Nasce infatti dal Risorgimento attraverso il pensiero di uomini come Mazzini, Garibaldi, Pisacane e l'epopea della grande guerra '15-'18, è quel filo ideale che arriva al Fascismo, punto di partenza di un nuovo Stato che trent'anni dopo giungerà, come tappa ultima e fondamentale, alla Repubblica Sociale di Mussolini, ma anche di Gentile, Marinetti, e dello stesso Bombacci).
Quindi Bombacci, ritornando al '19, non era un semplice tribuno locale o un folcloristico Lenin della Romagna, ma una autorevole personalità nonché uno dei capi del socialismo italiano dell'epoca. La sua visione massimalista del socialismo e del suo filo-sovietismo lo portano, lasciata la segreteria socialista al rientro di Lazzari, dopo la detenzione di quest'ultimo come disfattista, a fondare nel '21 a Livorno, con altri compagni, il P.C.d'I. (Partito comunista d'Italia). Già nel 1920, fece parte della prima delegazione parlamentare che si recò, assieme a Serrati, Graziadei, D'Aragona ed altri sindacalisti, in URSS.
La sua posizione politica, come quella di Gramsci e il gruppo "Ordine Nuovo", non traccia confini invalicabili con i futuristi di Marinetti, che appoggiano l'impresa Fiumana di D'Annunzio. Tra le due rivoluzioni del secolo sembra esserci, da parte di alcuni esponenti già in odore di eresia, uno scambio di segnali che travalica la dura realtà degli scontri fisici che contraddistinguono la cronaca di quei giorni.
Nella carriera politica del deputato comunista On. Bombacci vi fu poi un grave «incidente». Esso avvenne quando Mussolini, nel suo intervento alla camera del 16 novembre '22, già nominato Capo del governo, pronunciò in quel suo sorprendente discorso la seguente affermazione: «... Per quanto riguarda la Russia, l'Italia ritiene sia giunta l'ora di considerare nella loro attuale realtà i nostri rapporti con quello Stato, prescindendo dalle condizioni interne nelle quali come governo non vogliamo entrare ...». Così l'Italia, guidata da Benito Mussolini, fu il primo paese occidentale a riconoscere l'Unione Sovietica, seguendo una linea già abbozzata dall'On. Nitti, il più capace dei governanti pre-fascisti. Bombacci che, come si è detto, era particolarmente vicino ai sovietici, rispose euforicamente al discorso di Mussolini, facendo un paragone fra le due rivoluzioni. Molti fascisti, che vedevano nel comunismo italiano il disfattismo antinazionale, rifiutarono questa interpretazione; altrettanto la ritennero improponibile per diversi motivi i comunisti e Bombacci, nel '27, dopo un lungo braccio di ferro con l'Internazionale che ne sosteneva la riabilitazione (aveva partecipato nel '24 a Mosca ai funerali di Lenin), venne definitivamente espulso dal P.C.d'I.
Devo segnalare che nemmeno Berto Ricci, il fascista eretico fondatore della vivacissima rivista "Universale", tentò in seguito di recuperare agli ambienti fascisti, sia pur non ufficiali, Bombacci e gli ex-comunisti espulsi con lui dal partito comunista. Malgrado ciò Bombacci da quel lontano «'27» guardò sempre con interesse al fascismo di «sinistra» e, in quello spirito, Mussolini gli permise la pubblicazione di una sua rivista mensile di politica, "La Verità" che imitava il titolo della "Pravda". Il suo primo numero uscì nel '36 con la collaborazione di parte del vecchio mondo socialista, nomi quali Walter Mocchi, Giovanni Renato Bitelli e il sindacalista Alberto Malatesta.
Quello fu anche il periodo in cui Ivanoe Bonomi stava progettando la costituzione di una "Associazione Socialista Nazionale" con gli ex-deputati Bisogni, D'Aragona, Caldara, disposti a collaborare con il regime. Interessante è uno scritto di Walter Mocchi, pubblicato sulla rivista di Bombacci nel numero del 31 ottobre '40 (era il momento del breve idillio Stalin-Hitler): «... eppure giorno verrà, in cui il sovieto, permeandosi di spirito gerarchico e la corporazione di risoluta anima rivoluzionaria, s'incontreranno sopra un comune terreno di redenzione sociale ...».
Un altro episodio di riconciliazione avviato da Bombacci che è giusto segnalare, fu il suo interessamento verso Gramsci quando questo ultimo fu arrestato, (e sarebbe interessante, in un diverso scritto, appronfondire il caso Gramsci), sollecitando il Duce a considerarne la malferma salute. Il permanere di contatti con il vecchio mondo socialista, portarono Bombacci a farsi interprete e intermediario, nel '34 assieme all'ex-sindaco di Milano Caldara, nel sollecitare, con Nino Levi, un colloquio con Mussolini per proporre il rientro nei sindacati fascisti di personaggi come Bentivogli, ex-sindaco di Molinella, Massarenti, Rigola e, cautamente, Romita.
A tale proposito esiste un documento di ambienti socialisti romagnoli, citato anche da Renzo De Felice, a favore del Fascismo corporativo, considerato di «sinistra» e del suo Capo. Molti tentativi rimasero tali, ma è giusto ricordare quando Bombacci indirizzato a Mussolini, dopo i tragici avvenimenti di quel periodo che dimostra la lealtà e la profonda dedizione dell'ex-deputato comunista: «Duce, già scrissi in "Verità" nel novembre scorso -avendo avuto una prima sensazione di ciò che massoneria, plutocrazia e monarchia stavano tramando contro di Voi- Sono oggi più di ieri con Voi. Il lurido tradimento di Badoglio che ha trascinato purtroppo nella rovina e nel disonore l'Italia, vi ha però liberato di tutti i componenti pluto-monarchici del '22 ...».
Nella RSI evidente fu il ruolo di Bombacci, con Mussolini e Tarchi artefice della legge più rivoluzionaria del fascismo: quella sulla socializzazione. Questa legge dimostra e testimonia il percorso avvenuto in quel tormentato periodo nell'animo dell'ex-comunista: la socializzazione è il traguardo del primo come dell'ultimo movimento fascista. Nei vari discorsi pronunciati in tutto il Nord-Italia (tema che mi riprometto in un altro scritto, di riprendere), soprattutto l'ultimo a fine marzo '45 a Genova, in piazza De Ferrari, di fronte ad oltre trentamila operai, vi è tutta la sua dedizione a Mussolini e l'entusiasmo per il recupero del Duce alle sue radici socialiste, cosa che permette di capire il comune destino di sangue nell'imminente tragico aprile.
Mussolini lo volle dunque vicino negli ultimi giorni della Repubblica Sociale; in proposito cito il libro "L'ora di Dongo" di A. Zanella edito da Rusconi nel '93, perché rivedeva in quella comunanza il ritorno agli ideali del '19. La sua volontà di dedicare la conclusione della propria vita terrena al tentativo di un radicale rinnovamento delle istituzioni sociali non fu atto velleitario, come qualcuno vuole far credere, ma accelerazione di un progetto già intravisto durante il regime con le grandi riforme popolari del mondo del lavoro e della tutela sociale. È con il Fascismo repubblicano della RSI che Bombacci ottiene da Mussolini lo spazio per interpretare, assieme a lui, le linee programmatiche della grande, incompiuta, riforma socializzatrice. Lo scempio di piazzale Loreto è la sintesi della ortodossia eretica delle due rivoluzioni; i cadaveri di Mussolini e Bombacci massacrati dalla alleanza capitalista stalinista ne sono la prova storica.
Beppe Niccolai il 14 maggio '88 a Forlì, alla Sala Gaddi, tenne una conferenza, la prima in Italia, sul tema «Nicola Bombacci - passione e rivoluzione». E certo non è casuale l'incontro ideale di due personalità quali quelle di Bombacci e Niccolai: due vite apparentemente lontane, ma entrambe vicine a quel progetto di rinnovamento sociale dell'Italia voluto dal «Mussolini che scende dal piedistallo», l'ultimo, quello a noi più caro.

Bruno Rassu

 

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