da "AURORA" n° 26 (Maggio - Giugno 1995)

RECENSIONI

 

Roberto Billi

Seneca: la vita come milizia

Ed. all'insegna del Veltro, Parma '87    pp. 47    £. 8.000

 

«Trovare la formula per perpetuare nella vita quotidiana il comportamento eroico della guerriglia è, dal punto di vista ideologico, una delle nostre missioni fondamentali». In questa frase di Ernesto Che Guevara è possibile ritrovare un'eco contemporanea di quella che Evola chiamò la «dottrina aria di lotta e vittoria». È la stessa dottrina che si riassume nella celebre sentenza di Seneca: «Vivere militare est».
Ed è appunto dall'opera dell'esponente dello stoicismo romano che l'Autore del presente studio ha estratto, ordinandole organicamente in un unico quadro, decine di espressioni di significato analogo. Ne risulta, secondo quanto ne aveva dedotto Max Pohlenz, che «il Romano rimane volentieri affezionato all'idea che la vita è una battaglia», anche in tempi in cui la virtus «non consiste più nel sacrificarsi per lo Stato in guerra e nella vita pubblica, ma si identifica con un atteggiamento fermo e incrollabile, che sente sì come un dovere anche il servizio della collettività, ma soprattutto aiuta l'individuo a realizzare il proprio destino e a raggiungere l'eudaimonìa».
La dottrina senecana della vita come militia viene dunque ricondotta dall'Autore, attraverso l'arcaica nozione romana del bellum vissuto come rito sacro e come azione restauratrice dell'ordine cosmico, all'analogia tradizionale tra «grande guerra santa» e «piccola guerra santa», per usare una terminologia che si fonda su un celebre hadîth del Profeta Muhammad. Il quale, tornato da una spedizione militare, disse: «Siamo tornati dal gihàd minore al gihàd maggiore» e specificò che il «gihàd maggiore», la «grande guerra santa», altro non è se non il quotidiano sforzo contro le insorgenze dell'anima inferiore.
Il confronto fra lo stoicismo di Seneca e le dottrine tradizionali evidenzia, secondo Billi, il limite inerente alle filosofie morali, limite che l'Autore coglie e chiarisce nell'ultima parte del suo saggio. Insomma, se un noto passo del "Mârkandeya-Purana" («la vita come un arco, l'anima come una freccia, lo Spirito Assoluto come bersaglio da trapassare») presenta la vita umana come continua tensione in vista del riassorbimento nel Principio Supremo, con Seneca pare che si sia perso di vista proprio il bersaglio. E, se è vero che «chi vuole lanciare una freccia deve sapere quale è il bersaglio è allora potrà dirigerla e regolarla» (Sen., "Epist" 71, 3), è anche vero, come rileva Billi, che «la via tracciata da Seneca, priva di una vera prospettiva trascendente, non può sfociare che in un dominio di sé, nobile e degno di ammirazione, ma fine a sé stesso».

 


 

M. De Vries De Neekelingen

Il Talmud e i non ebrei

Ed. all'insegna del Veltro, Parma '81    pp. 16    £. 8.000 

 

Grazie al generoso e inconsapevole contributo del contribuente italiano, si sono riuniti a Roma, presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, i più illustri talmudisti contemporanei. Tra questi, il più illustre di tutti: il rabbino gerosolimitano Adin Steinsaltz, «uno studioso che appare una volta ogni mille anni», secondo la definizione dell'autorevole "Time". A Steinsaltz si deve, infatti, la più recente traduzione, in inglese, dei testi talmudici. 
L'illustre rabbino ha rivendicato, nel corso del convegno in quel che fu il santuario della cultura italiana, il fondamentale contributo dato dal popolo eletto all'edificazione della cultura occidentale moderna, anzi, alla religione cristiana stessa, che -ha ricordato- senza la nozione della «redenzione» non esisterebbe neppure. 
L'ebraismo, ha detto Steinsaltz, deve adesso realizzare un intervento definitivo nella storia della umanità, e tale intervento avverrà sotto il segno del Talmud.
Dato un tale scenario di progetti escatologici annunciati dai più significativi esponenti del popolo eletto, risulta opportuna e meritoria l'iniziativa editoriale che ripropone ai goyim questo breve ma interessantissimo studio di M. De Vries De Meekelingen sul concetto che degli stessi goyim ha il Talmud, concetto che è ben rappresentato dalla descrizione riprodotta, in ebraico e in italiano, sulla copertina della pubblicazione: «dalla nascita, l'israelita deve cercare di svellere gli sterpi della vigna, cioè sradicare ed estirpare i goyim dalla terra, poiché non può essere data a Dio Benedetto maggior letizia che quella di adoprarci a sterminare gli empi e i cristiani del mondo» (Sefer Israel, 180)

 


 

Ion Banea

Il Capitano

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '83   pp. 125    £. 18.000

 

Arrestato nel corso della persecuzione scatenata nel 1938 dalla dittatura oligarchica e trucidato in carcere il 21 settembre dell'anno successivo, Ion Banea era stato annoverato da Corneliu Codreanu tra i suoi possibili successori alla guida della romena "Guardia di Ferro". 
Questo libro di Banea venne originariamente pubblicato dall'ufficio propaganda del movimento legionario al fine di alimentare la popolarità della figura di Codreanu; descrivendone l'itinerario esemplare, dall'infanzia all'ingresso in Parlamento, passando per le lotte studentesche e le detenzioni carcerarie, il testo rientra in un genere letterario che caratterizzò un periodo avido di personalità carismatiche da contrapporre allo squallido grigiore delle classi dirigenti.
Il libro di Banea proponeva quindi al suo pubblico, con questa biografia del Capitano, un modello esemplare, un modello da cui spirava quel tipico stile di vita legionario che si tradusse in una milizia politica fatta di dedizione totale.
Il libro non ambisce ad essere qualcosa di più di un documento. Ma si da il caso che esso costituisca, se si esclude il libro autobiografico dello stesso Codreanu, l'unica biografia del Capitano della "Guardia di ferro" attualmente disponibile.  

 


 

Jean Robin

UFO - La grande parodia

Ed. all'insegna del Veltro, Parma '84   pp. 103   £. 15.000

 

La figura mostruosa e repellente di E.T., creazioni del regista ebreo-polacco-americano Steven Spielberg (che dalla fantascienza è poi passato alla fantastoria) è stata a suo tempo propinata a tutta una generazione di bambini e di adulti sprovveduti. È significativo che nel film di Spielberg si ritrovi quell'elemento caricaturale e parodistico (si pensi alla scena del «cuore radioso» del mostriciattolo e a quella della sua «ascensione al cielo») che contrassegna sinistramente l'ufologismo, al pari di altre manifestazioni contemporanee del neo-spiritualismo. L'ufologia infatti non è altro che un fenomeno neo-spiritualistico rivestito di panni «scientifici»; costituisce quindi uno dei sintomi della massiccia diffusione di influenze dello psichismo inferiore, sicché astronavi, dischi volanti, marziani, extraterrestri, alieni altro non sarebbero -secondo l'interpretazione di Jean Robin- che manifestazioni del mondo sottile, avanguardie di quelle orde di Gog e Magog che il Bicorne del racconto coranico (Alessandro Magno) aveva temporaneamente imbrigliate entro una muraglia di ferro e di rame. 
Il libro in questione inquadra dunque l'ufologia nella casistica della spengleriana «seconda religiosità» e si presenta come un classico della critica al neo-spiritualismo, sulla scia del Guénon di "Errore dello spiritismo" e de "Il Teosofismo" e dell'Evola di "Maschera e volto"

 

 

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