da "AURORA" n° 27 (Luglio 1995)

MALI D'ITALIA

Fine di «Mani Pulite»?

Renato Pallavidini

Sembra esserci in giro una gran voglia di chiudere il capitolo di "Mani pulite", di cui l'attacco personale a Di Pietro è solo l'aspetto più eclatante.
In questi anni l'operazione è stata tentata più volte, ma con scarso successo. L'ultimo tentativo di imbavagliare le inchieste sulle tangenti e sui rapporti politica-affari era stato fatto la scorsa estate, dal ministro Biondi, con l'evidente intenzione di impedire sul nascere il coinvolgimento della Fininvest e di Berlusconi che, d'altra parte, si era dato alla politica con il solo scopo di salvare l'azienda iper-indebitata dal fallimento e dall'attacco della magistratura.
Il tentativo di Biondi fallì, per la sollevazione dell'opinione pubblica, comprese fasce di quel ceto medio nordista che aveva votato per il Polo delle libertà, per la mobilitazione unitaria della opposizione, PDS in testa, che aveva tutte le convenienze politiche a sfruttare sino in fondo una probabile indagine giudiziaria su Berlusconi, per la posizione defilata della Lega, che, certa anche della protesta spontanea della società civile settentrionale contro la corruzione e il malgoverno, non poteva certo rovesciare il suo fronte contro Borrelli e Di Pietro per assecondare gli interessi di Berlusconi (con il quale Bossi, per nostra fortuna, meditava già la rottura politica).
Dunque l'estate '95 come fotocopia del '94? Non proprio. Negli ultimi mesi sono maturate condizioni politiche nuove, che possono rendere oggi molto più pericolosa l'operazione di delegittimazione e di smantellamento delle inchieste su Tangentopoli e «derivati vari».
Ne cito almeno tre. La prima è la grande volontà d'accordo istituzionale che sta animando i due maggiori schieramenti politici, che si fronteggeranno alle prossime imminenti elezioni politiche, il Polo e il Centrosinistra. I risultati delle amministrative e dei referendum hanno fatto, in un certo senso, tremare tutti. Anche i maggiori collaboratori di Berlusconi (lui forse no, perché troppo idiota, almeno politicamente parlando!) hanno aperto gli occhi, comprendendo, dopo le amministrative, che il Centrosinistra, con o senza Lega, era ed è nelle condizioni di vincere le prossime elezioni politiche. Nel contempo Prodi, D'Alema e compagnia si sono resi conto, visti i risultati referendari, che la sconfitta di Berlusconi è tutt'altro che scontata; anzi la sua lercia figura esce rilanciata dalla vittoria ai referendum di giugno. Insomma entrambi i contendenti sanno di poter perdere le elezioni e temono dunque che, in un clima di scontro politico e istituzionale al limite della guerra civile strisciante, l'avversario vincitore possa massacrarli. 
Quale miglior modo per finire politicamente il nemico, sconfitto alle urne che usare con spietata determinazione l'arma della magistratura. Berlusconi, si sa, è il più esposto, ma anche il PDS ha i suoi problemi con le inchieste sulle cooperative (che non avevano funzioni di riciclaggio del denaro sporco della mafia, come Publitalia e Fininvest, ma è fuor di dubbio che hanno dovuto inserirsi nel perverso meccanismo globale dei rapporti politica e affari). Se questo è il filo rosso, quale migliore garanzia politica reciproca che una «normalizzazione istituzionale» dell'inchiesta su tangentopoli, a partire dal pool milanese e dal suo simbolo vivente che risponde al nome di Antonio Di Pietro?
Seconda condizione, che rende oggi particolarmente efficiente l'attacco a "Mani pulite", è rappresentata dall'esaurimento quasi fisiologico della funzione politica essenziale da essa assolta sin dall'inizio. Come più volte denunciato dalle colonne di questo giornale, l'inchiesta è iniziata perché le componenti più autonome del potere economico si sono orientate a denunciare gli abusi del sistema politico confidando che l'inchiesta giudiziaria avrebbe determinato un suo rinnovamento interno, di cui l'intera società civile avvertiva l'urgenza e senza il quale l'insieme delle tensioni e delle contraddizioni della società italiana rischiava di esplodere in modo devastante, forse sul modello sovietico o Jugoslavo.
Insomma "Mani pulite" serviva, sin dall'inizio, ne fosse o non ne fosse cosciente Di Pietro, ad un ricambio di classe politica. Fra le politiche del '94 e le amministrative di quest'anno il ricambio, bene o male, c'è stato. Forse non si è svolto nelle forme, e con la radicalità auspicate da determinati ambienti economici e intellettuali, forse non è piaciuto il carattere trasformistico da esso nuovamente assunto (in linea con la tradizione politica italiana), ma il ricambio c'è stato a tutti i livelli; ed è un ricambio che ha proiettato, al vertice della politica italiana e alla guida delle istituzioni, gli esponenti degli ambienti economici capitalistici, imprenditori, professionisti, ecc, come qualcuno auspicava. Finalmente una classe politica diretta espressione delle classi imprenditoriali! In questo nuovo quadro politico, "Mani pulite" è diventato oggettivamente un elemento di eccessiva destabilizzazione che deve essere superato.
Infine, terza e collegata condizione politica è rappresentata dalla esigenza di normalità che si sente nel Paese, anche in molti di quei settori di società civile che, l'estate scorsa, si erano mobilitati in difesa di Borrelli e di Di Pietro. Considerando anche che l'inchiesta su "Tangentopoli" ha assolto alla funzione di ricambio politico per la quale era sorta, l'Italia non può vivere continuamente sugli avvisi di garanzia. Se si continuasse su questa linea, o si dovrebbe aprire un vero processo rivoluzionario (ma nessuno lo vuole!), oppure si rischia la paralisi giudiziaria, economica, direi anche quotidiana. 
Nessuno infatti in Italia si è mai potuto sottrarre al sistema del malaffare. Il sistema era quello; se non avevi la forza di cambiarlo, o te ne andavi a vivere in Germania, o ti adattavi. Questo vale per l'impiegato comunale, al quale regali la bottiglia di vino affinché ti porti a casa la carta d'identità, esattamente come vale per le cooperative, per la Olivetti, per la FIAT, ecc. Ci sono certamente gradi diversi di responsabilità, ma nessun soggetto politico ed economico, che abbia operato nella società italiana, può essere immune dalla logica del malaffare, delle tangenti e delle raccomandazioni. Cosa vogliamo fare: indagare su dieci milioni di italiani?

Renato Pallavidini

 

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