da "AURORA" n° 27 (Luglio 1995)

RECENSIONI

 

Giovanni Saladino

Giovanni Régine Vescovo di Nicastro,

un pastore di San Pio X

Calabria letteraria Ed., Soveria Mannelli, '92   pp. 232   £. 20.000

 

Il libro di Giovanni Saladino è un valido contributo alla storia del movimento cattolico e della società di Lamezia Terme agli inizi del Novecento. Si inserisce in quella corrente storiografica, attenta alla realtà locale, che vanta una ragguardevole tradizione e risale al meridionalismo ottocentesco. La storia locale, quindi, inserita nel contesto della storia italiana, in una problematica che interessa da vicino la nascita dello Stato unitario ed i suoi squilibri intrinseci, squilibri che oggi si sono talmente aggravati, con la «questione federalista», da lasciar supporre l’eventualità di un crollo, o quanto meno di una grave crisi, della costruzione così faticosamente realizzata centotrenta anni orsono.
Sebbene apprezzato dal dotto gesuita Padre Piersandro Vansan su "Civiltà Cattolica" (n° 3448 del 19/2/94), il libro non ha avuto neanche in ambito locale la fortuna che merita. Saladino è personaggio troppo indipendente e scomodo. Già Segretario della FGCI di Nicastro negli anni Settanta, è poi uscito dal PCI nel 1977 a seguito della sua conversione al cristianesimo, di cui ha subito abbracciato la tendenza rigorista e tradizionale, polemizzando col vincente «catto-comunismo» non solo su argomenti di principio. Non ha ultimato gli studi di giurisprudenza pur iniziati con entusiasmo e successo. Ha prestato servizio militare per due anni in aviazione, prima come aviere semplice e poi come ufficiale di complemento. Oggi insegna Religione presso l’Istituto Tecnico per Geometri di Lamezia.
Benché il libro di Saladino sia scientificamente rigoroso, per chi ne conosca l’Autore e soprattutto conosca le vicende della sua formazione culturale e della sua «educazione sentimentale», certamente vi si trovano le tracce di una complessa e sofferta esperienza non solo «interiore». Con una completa documentazione attinta direttamente negli archivi della Diocesi lametina, non per caso Saladino dà grande rilievo alla ricostruzione e all’analisi della teologia del Régine, in particolare alla sua polemica contro il «modernismo», offrendo in pari tempo un panorama della società civile e delle forze politiche del Nicastrese nel primo quindicennio del secolo.
Ma il pregio maggiore del libro, che ne fa certamente un’opera valida oltre che «controcorrente», è nel fatto che l’Autore pone in evidenza un aspetto importante e spesso sottovalutato della storiografia ufficiale, un aspetto del pensiero e dell’azione del Régine peraltro non del tutto isolato nell’Episcopato italiano dell’epoca.
E cioè una vigorosa coscienza nazionale che ha modo di manifestarsi inequivocabilmente in due occasioni emblematiche: la Guerra italo-turca del 1911-12 e la prima Guerra mondiale.

 


 

Vasile Lovinescu

La Colonna Traiana

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '95   pp. 118   £. 18.000

 

L'opera di Vasile Lovinescu, autore finora noto in Italia e in Francia con lo pseudonimo di «Gencus», con cui siglò gli articoli sulla "Dacia iperborea" tradotti in italiano nel 1984 dalle Ed. all'insegna del Veltro, conosce negli ultimi anni una singolare fortuna postuma. Ciò, come è ovvio, soprattutto nella patria dello scrittore, la Romania; ma anche in Italia, poiché alcuni interventi al recente convegno su "Storia delle religioni e pensiero tradizionale" (Roma, giugno '95) hanno riguardato proprio Vasile Lovinescu.
Nato in una cittadina della Moldavia nel 1905, Lovinescu appartiene a quella schiera di scrittori romeni che da un lato accolsero le indicazioni del «tradizionalismo integrale» e dall'altro si impegnarono in diversa misura a fianco del movimento legionario. Lovinescu, infatti, dopo aver corrisposto con Guénon e incontrato Burckhardt e Schuon, abbracciò l'Islam ed entrò in un ordine sufico di cui fu rappresentante per i Balcani, cosa che non gli impedì di diventare sindaco della sua città natale nel periodo del governo nazional-legionario. Fu d'altronde per tramite di Lovinescu, oltre che di Mircea Eliade, che Julius Evola potè incontrare Corneliu Codreanu nel 1938.
Il testo de "La Colonna Traiana" prende forma nel 1969, dalle lezioni pressoché settimanali che Lovinescu teneva alla "confraternita di Iperione", a Bucarest. Prendendo le mosse da una presunta icona di Cristo sulla Colonna Traiana e dalla figura dello stesso imperatore in onore del quale fu eretta la Colonna, il saggio affronta la questione della funzione sacrale degli imperatori romani. Vengono inoltre svolte alcune riflessioni sulla Dacia, nonché sulla sinergia e sull'antagonismo che si instaurarono tra il «messianismo» imperiale e quello semitico-cristiano.
Era possibile una rinascita o un rinvigorimento dell'antica tradizione? 
Perché vi fu bisogno di una rivelazione che, partendo da un contesto semitico, si estendesse successivamente a tutto il mondo? 
La risposta di Lovinescu è chiara: per accelerare l'esaurimento dell'attuale ciclo di umanità, dato che la struttura che si opponeva alle tendenze dissolutrici era proprio l'Impero Romano.

 


 

Il Mahdi e l'Anticristo

Ed. all'insegna del Veltro, Parma, '88   pp. 40   £. 8.000

 

Abominato dalla propaganda cattolica come responsabile di un fantomatico «olocausto» dei cristiani sudanesi e indicato dai satelliti arabi degli USA, nonché dagli USA stessi, come «Stato terrorista» non è la prima volta che il Sudan si trova ad affrontare gli attacchi dell'imperialismo occidentale.
Tutti conoscono almeno per sommi capi, se non altro per aver visto films a sfondo storico come "Le quattro piume", la vicenda della rivolta del Mahdi sudanese, che nel secolo scorso gli inglesi stroncarono con molta fatica. Come Muhammad Ahmad, che nel 1881 si presentò ai Sudanesi come il Mahdi e, dopo aver conquistato tutti il Sudan, fu sul punto di invadere l'Egitto per dirigere di lì le sue truppe verso Gerusalemme, così vi sono stati anche altri personaggi, nella storia dell'Islam, che si convinsero di essere il Mahdi (in arabo: «il Guidato») promesso dal Profeta.
Al Profeta infatti viene attribuita tutta una serie di tradizioni orali in cui si parla di un guerriero inviato da Dio, che verso la fine dei tempi combatterà contro il «Messia impostore», cioè l'Anticristo. Si tratta di un tema escatologico che trova i suoi paralleli in altre forme tradizionali (il Kalki Avatara indù, il Saoshyant iranico, il «Forte dall'alto» della Völuspà, il Veltro dantesco, ecc.) e che viene espresso dall'Islam nel suo linguaggio specifico.
Questo "quaderno del Veltro" raccoglie per l'appunto un certo numero delle suddette tradizioni orali; quelle più sicuramente ascrivibili al Profeta, come sono state tradotte e presentate da un gruppo redazionale ricollegato all'ordine sufico dei Burhani, il cui centro si trova, per rimanere in argomento, in Sudan.  

 


 

Iman Khomeyni

Lettera a Gorbaciov

Ed. all'insegna del Veltro, Parma 1989    pp. 20   £. 3.500

 

Un nuovo tipo di guerra culturale è destinato a sostituire quello che ha opposto l'Occidente al totalitarismo marx-leninista. Ed ha confermato la previsione fatta da Khomeyni nella lettera che egli, poco prima di morire, scrisse a Gorbaciov.
In tale lettera, il carismatico leader della rivoluzione iraniana chiedeva al Segretario del PCUS di riconoscere pubblicamente che il comunismo aveva fallito nel suo tentativo di distruggere la «satanica» civiltà occidentale e che pertanto sulla scena mondiale restava solo una forza capace di lottare con efficacia contro il capitalismo imperialistico: l'Islam.
Mai profezia è stata corroborata in modo così pieno e puntuale. Stiamo assistendo, infatti, ad una mobilitazione rivoluzionaria contro l'Occidente da parte del fondamentalismo islamico, il quale non fa mistero della sua ferma determinazione di riattivare lo spirito della Jihad per arginare quello che esso considera una minaccia per l'identità spirituale dei popoli del Terzo Mondo: l'espansione planetaria della civiltà moderna.

Luciano Pellicani

 

 

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