da "AURORA" n° 30 (Novembre - Dicembre 1995)

LETTERE

 

Un soldato tradito

 

Milano, ottobre 1995

 

Ill.mo Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro,

mi chiamo Palumbo Egidio (nato il 15/2/25), sono stato e mi sento ancora un soldato.

Ho combattuto per l'Italia, non importava allora quale sarebbe poi stata, gettando il mio fisico di gracile adolescente lungo i pendii di colline sulle quali il nemico non aveva alcuna intenzione di recedere. La sorte è stata benevola con me -infatti io son qui a raccontare mentre i miei commilitoni non hanno potuto farlo!- tuttavia il mio fisico ebbe in quei due lunghissimi anni diverse ferite, senza contare gli spaventi che ora, all'alba dei 70 anni, mi hanno regalato una cardiopatia che sta inesorabilmente trascinandomi nella tomba.

Spero che chi leggerà questa lettera possa farlo mentre sono ancora in vita, dato che proprio la vita mi sta sfuggendo attimo dopo attimo. Pur in queste condizioni da moribondo ho trovato la forza di implorare quell'Esercito, per il quale ho combattuto, di riconoscermi l'indennità di aggravamento.

Dopo un anno di attesa, dalla presentazione della mia domanda, mi hanno convocato e sono giunto alla visita quasi paralizzato. Parevano così cortesi ed invece, sabato 7 ottobre, la Commissione medica riunitasi all'Ospedale militare di Baggio, con una vigliaccheria inumana, mi ha costretto a firmare il falso, ossia che non mi sono aggravato! Non auguro a costoro di trovarsi nella mia condizione anche se lo meriterebbero.

Quindi mi rivolgo a Lei, signor Presidente, paladino della democrazia e dei diritti civili: si ricordi di quell'umile soldato di 16 anni che ha dormito nel fango, che ha mangiato radici e gallette per due anni, che ha dato la propria gioventù per costruire uno Stato sociale che garantisse l'assistenza ai più deboli...

Ora che il più debole di tutti sono io, coloro che hanno rubato, elargito false pensioni e si sono imboscati invece di combattere quando era necessario, mi fregano la vita! Sì, perché non era certo con i soldi dell'aggravamento che avrei potuto allungarmi la vita, ma forse avrei potuto essere meglio curato ed avere ciò che mi spetta visto il pesante sacrificio.

Mi rivolgo infine ai lettori di "Aurora": credete solo a chi ha fatto, non a chi parla e basta; rispettate i vostri padri e, se potete, datemi un segnale di solidarietà, scrivendomi...

Caporale Palumbo Egidio

 

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