da "AURORA" n° 31 (Gennaio 1996)

GIRO D'ORIZZONTE

Un falso storicizzato: la libertà democratica
- in Italia non esiste libertà dal 1945 -

Giorgio Vitali


Banca d'Italia: Nomina Ciampi, retroscena di molti inciampi (677)

(OP - 25.9.79) Anticipando i tempi delle dimissioni, Baffi ha tagliato fuori dalla corsa alla successione due candidati del calibro di Stammati e Visentini; il secondo ministro del Bilancio fino a tre mesi fa, l'altro ministro in carica, avrebbero visto scadere le loro incompatibilità non prima del gennaio 1981. Tagliati fuori a priori Stammati e Visentini, un gruppo politico si fece subito portatore dell'accoppiata Ciampi-Siglienti (governatore il primo, direttore generale il cugino di Berlinguer e Cossiga). A questa coppia, un gruppo politico rivale del primo oppose il binomio Ciampi-Milazzo (ex-capo gabinetto di Andreotti). Questa accoppiata ha però incontrato notevoli difficoltà, tanto che si è preferito non insistere, smistando Milazzo all'Icipu al posto di Franco Piga (la candidatura Schlesinger appare sfumata e a contendere a Milazzo la poltrona non resta che Paolo Baratta, socialista vice-presidente dell'Istituto che vorrebbe tanto perdere il vice).
Ma torniamo in via Nazionale: eliminati Stammati-Visentini, eliminata la coppia Ciampi-Siglienti e Ciampi-Milazzo, la lizza è stata aggiudicata al tandem Ciampi-Dini. Sul quale stanno piovendo pressioni eccezionali, per convincerlo ad affidare il suo incarico di direttore esecutivo del FMI a Washington, nientemeno che a Mario Sarcinelli, quello arrestato nel quadro dell'inchiesta Sir.


Non credo sia possibile affrontare seriamente il problema politico del nostro Paese con volontà di risolverlo, in un modo o nell'altro, senza tener presente gli elementi di fondo della nostra situazione.
Dal 1945 l'Italia non è un Paese libero, è una Nazione privata nella sua sovranità ed alcune sue regioni, come la Sicilia e la Sardegna, sono state territorio «franco» fino alla caduta del Muro di Berlino: quindi in esse era pressoché impossibile esercitare un minimo di autorità statale. Facile dedurne che qualsivoglia strategia politica interna, che non tenga presenti le forze esterne, capaci di intervenire a correggerla, è destinata ad abortire prima di nascere.
Per «forze esterne» intendo non soltanto quelle «fisicamente» esterne (ad esempio: truppe del Patto Atlantico), ma anche quelle che sono rappresentate da tutti coloro che, nel nostro Paese, col sembiante di voler proporre soluzioni politiche «originali», nei fatti eseguono alla lettera ordini a loro impartiti dai loro capi del momento (ambasciatori, cardinali, pezzi da novanta, esponenti della «vedova» o di altre congregazioni più o meno religiose).
Per quanto riguarda ai fini del nostro ragionamento, l'incidenza di singole congreghe, anche al di fuori della politica del Vaticano, basta riflettere sul ruolo dell'Opus Dei sul piano nazionale e su quello dei Gesuiti in Sicilia.
Scriviamo tutto questo con la massima tranquillità, convinti come siamo che l'attuale situazione sia direttamente collegata con la posizione geopolitica della Penisola e ad eventi storici non propriamente provocati dal Secondo conflitto mondiale. Semmai, è proprio l'ultimo conflitto che ha evidenziato una situazione di allargamento dello scacchiere operativo, tale da lasciare più ampia libertà di manovra ad un Paese come l'Italia, qualora una classe dirigente di persone capaci ed oneste avesse voluto sviluppare una linea politica coerente che teneste conto, innanzitutto, degli interessi del Paese.
Non è una novità per nessuno che l'Italia ha perso la sua centralità con la scoperta del Continente americano. Da quel momento, il gioco è passato nelle mani dei Paesi rivieraschi dell'Atlantico: Spagna prima, poi Francia ed Inghilterra. Ed è quest'ultima a consolidare definitivamente la sua posizione imperiale con la sconfitta francese del 1870 (ad opera della Germania di Bismark) e la conseguente entrata in Roma della nuova Italia. Ma l'Inghilterra non diventa imperiale solo per le sue conquiste sui mari e l'estensione dei suoi dominions su buona parte delle terre emerse.
In realtà, la leadership di un popolo, come quella di un individuo, si concretizza con una serie di eventi che riguardano tutti gli aspetti della vita. L'Impero inglese non consiste soltanto nell'espansione militare, ma anche in quella politica e culturale.
Quella che recentemente e stata definita rivoluzione atlantica inizia in Inghilterra nel Seicento, prosegue in America con la lotta per l'indipendenza e la proclamazione dei «diritti dell'uomo» e si conclude con la Rivoluzione Francese alla fine del Settecento, durando ben due secoli. Ma due secoli ai quali l'Italia è stata estranea. Il Risorgimento italiano nasce e si sviluppa all'interno della lotta anglo-francese per il controllo del Mediterraneo, controllo tanto più importante quanto più, questi due Paesi, sono interessati a sviluppare ed allargare la loro presenza in Medio Oriente ed in Africa. Siamo spesso portati a dimenticare che anche l'Italia unita, pur costituendo un elemento di grande novità per le strategie di potenza messe in opera dai vari Stati (Turchia e Russia comprese) nel Mediterraneo, dovette necessariamente barcamenarsi senza poter mai sviluppare una politica estera autonoma nel pieno significato del termine (vedasi: Oriani, "Lotta politica in Italia"; Pietro Silva, "Italia, Francia e Inghilterra nel Mediterraneo". Nel 1939 Istituto Studi Politica Internazionale "Hic sunt Britanni" di D. Pariset e A. Zischka, "Le alleanze dell'Inghilterra", 1941). La nostra débacle in Africa (Dogali, Macallè, Adua), pur se umiliante di fronte al pieno successo del blitz inglese del 1868 attuato con poche truppe e negli stessi luoghi delle nostre sconfitte di trent'anni dopo, può essere giustificata dalle difficoltà intrinseche costituite dai problemi di transitabilità di mari completamente controllati da altri, essendo la via di terra assolutamente impensabile.
Il problema diventa poi estremamente grave e permane ancor oggi quando ci si riferisce alla possibilità di raggiungere fonti di materie prime. Alcune situazioni di crisi che ci hanno visti attori in prima persona (Somalia) con grosse difficoltà rispetto ai nostri partners, sono ascrivibili al possesso delle fonti di petrolio.
Soltanto con la vittoria del 1918 l'Italia giunse ad avere quel minimo di credibilità internazionale che consente a Mussolini, grazie anche ad un decente controllo della situazione interna, di svolgere una politica nazionale sul «Mare Nostrum». Politica che entrerà subito in crisi con le prime avvisaglie di guerra, stante il rifiuto di Hitler di accondiscendere alle nostre richieste sul Mediterraneo che sottintendevano una sostanziale sfiducia del leader tedesco nei nostri confronti (Leon Dégrelle: Intervista in "Nazismo esoterico", n° 1, Hobby & Work).

Lo sbarco in Sicilia permette agli statunitensi un possesso immediato dell'Isola, molto più importante del controllo di tutta l'Italia, tanto che si possono permettere di risalire la Penisola con molta lentezza. Il controllo della Sicilia, vera portaerei nel cuore del Mediterraneo, verrà affidato alla Mafia, la quale ha strettissimi legami con l'establishment USA, ma poche connessioni con quello inglese. Ciò permette agli Stati Uniti un controllo territoriale ferreo e nel contempo la possibilità di fronteggiare l'Inghilterra a Malta e Gibilterra.
Il controllo della Sardegna avviene, invece, attraverso il notabilato locale che è accreditato alla guida politica del Paese (Berlinguer, Cossiga, Segni).
Con la caduta della Sicilia finisce di fatto il ruolo strategico dell'Italia nel Secondo conflitto mondiale. La crisi del Regime fascista, il 25 luglio, ne è la presa d'atto. Ma già nel settembre '42 un documento del Vaticano, redatto da De Gasperi, prefigura «un futuro politico italiano fondato su una collaborazione tra borghesia, burocrazia statale e forze cattoliche a garanzia americana» (S. Magister, "La politica vaticana e l'Italia '43-'78", Editori Riuniti, '79 e C. Pallenberg, "Le finanze del Vaticano", Ed. Palazzi, '69).
Quanto è avvenuto fino ad oggi è la realizzazione di quanto preparato in quegli anni. Nessun sostanziale mutamento è avvenuto nel nostro Paese, tale da modificare il sistema concordato nella prima metà degli Anni Quaranta. Il processo di «secolarizzazione» della società italiana, propiziato dalle forze atlantiste, si è concretizzato in un sistema politico controllato strettamente dai cattolici, compresi divorzio ed aborto, a conferma che i «patti solenni» non si tradiscono. Così dicasi per la Mafia, lasciata incontrastata a svilupparsi ed espandersi, assecondando gli interessi di dominio dell'Impero Atlantico (d'altronde una associazione a delinquere è criminale quando gestisce un numero ridotto di persone e pochi capitali. Quando controlla un territorio ed ha proprie banche -Cassa di Monreale, individuata soltanto il 10 ottobre '95-, un proprio esercito (peraltro ben armato, propri ambasciatori, non è più una organizzazione criminale ma uno Stato nello Stato).
Alla spicciolata stanno venendo alla luce documenti relativi alla vera politica del PCI per quanto concerne la presa del potere in Italia. "L'Espresso" del 12 novembre 1995, riporta due brani relativi alla storia del PCI scritta da Renzo Martinelli come proseguimento di quella dello storico comunista ufficiale, Paolo Spriano.
Questi due brani, sono la conferma della posizione di Togliatti, contrario a qualsiasi iniziativa che andasse oltre gli accordi di Yalta. In effetti, l'azione del PCI non andò al di là del controllo, negoziato, di alcune Regioni, (Toscana, Emilia Romagna fra tutte) accontentandosi di dare corpo alla strategia gramsciana della «egemonia culturale», condotta, tra l'altro, con gli scarsi mezzi a disposizione, se si considera che tale «egemonia» si è risolta nella diaspora di tanti professori che si erano accodati al carrozzone comunista con scopi carrieristici («eterogenesi dei fini», per dirla alla Del Noce), oppure in una «prevalenza» della cultura cinematografica hollywoodiana, alla Veltroni.
In questa tenaglia di velleitarismi, stimolati e subito dopo frustrati, è passato il controllo di buona parte delle istanze autentiche della sinistra e si è proceduto alla gestione di quel «condominio» che Giorgio Galli ha definito, appropriatamente, bipartitismo imperfetto.
All'interno dei giochi parlamentari le grandi lobbyes economico-finanziarie hanno potuto trattare, complice il sindacalismo di Regime, qualsiasi loro affare, sicure di ottenere in un modo o nell'altro, quanto da loro richiesto, D'altronde, la vera funzione del Pci è stata quella di giustificare l'involuzione atlantista con la scusante del pericolo rosso.
Possiamo elencare una serie infinita di esempi che spiegano come si è controllata, e continua a controllarsi, la situazione sociale.

Durata dei Governi

Apparentemente, i governi durano poco poiché si vengono a creare situazioni conflittuali e manca quindi la maggioranza in Parlamento. Ma un'analisi retrospettiva evidenzia che ben difficilmente le ragioni del contendere legittimavano la caduta di molti Governi. Questo andazzo si e protratto per mezzo secolo in un Paese che, a detta di un Presidente statunitense, è stato il più stabile fra gli «alleati» degli USA. In realtà un Governo che cade appena insediato non può governare. Governano in sua vece le forze reali, quelle che controllano il sistema finanziario, burocratico, sindacale e sociale (a meno che a capo del Governo non ci sia un uomo del Fondo Monetario Internazionale). 
Dalle vecchie carte emerge un numero dell'Agenzia "OP" del 25/9/79 (sopra riprodotto) che è molto indicativo su certi personaggi che governano per cooptazione.

Funzionamento della Giustizia

La lungaggine dei processi, apparentemente determinata da fattori burocratici, permette al sistema di avere due vantaggi; incarcerare, senza problemi, gli innocenti con un fortissimo effetto deterrente nei confronti dei comuni cittadini, che possono esser privati della libertà abbastanza facilmente con la relativa, irrecuperabile, squalificazione sociale; aumento della litigiosità del corpo sociale, costretto a rincorrere le chimere della giustizia proprio in virtù della non-funzionalità della medesima, che permette ai disonesti qualsiasi inadempimento, nella sicurezza della sostanziale impunità. L'aumento della litigiosità sociale dilata il numero delle cause pendenti, delle quali la durata media è di dieci anni, con un numero abnorme di udienze (nei Paesi civili la media e di due o tre) e ingentissime spese sia a carico dei singoli che della collettività e con il, non secondario, risultato di mantenere bloccate migliaia di persone che potrebbero, altrimenti, infastidire il Sistema. Comunque inducendo i più deboli, economicamente, a rinunciare a chiedere giustizia per l'impossibilità d'ottenerla (si pensi ad un settantenne e alla percentuale di probabilità che questi ha di veder riconosciute le sue ragioni).
Il tutto, beninteso, fra le chiacchiere e le risate dei diversi Soloni che imperversano nella Penisola.

Uso ed abuso dei Servizi segreti e del terrorismo

Su questo sistema di controllo sociale molti italiani iniziano ad aprire gli occhi; lo stesso può dirsi per il controllo dei mass media. In questo caso, occorre notare, a nostro vantaggio, che i vari personaggi che si credono in posizione preminente perché convinti di essere autentici «menestrelli del Principe» (tipo Biagi, Bocca, Costanzo, Ferrara, Santoro, Sgarbi, Colombo, tanto per citarne alcuni) sono destinati a non lasciare, nel tempo, traccia alcuna del loro passaggio. La verifica è facile.
Basti quanto detto finora per sottolineare quanto sia inutile, in questo momento, perdere tempo dietro le dichiarazioni di questo o quel fantoccio che oggi pretende di incarnare una realtà popolare, non si sa bene a nome di chi e con quale mandato. Ove non esiste la libertà non vi è alcuna forma di autenticità politica, essendo tutte le iniziative conseguenza di decisioni prese al di fuori della portata degli ipotetici decisori.
Recentemente il colonnello Amos Spiazzi ha detto che l'Italia ha dovuto creare "Stay Behind" (Gladio), altrimenti avremmo avuto un governatore statunitense. Qualunque sia il pensiero dei responsabili dei vari partiti, esso non ha alcuna valenza. Noi dipendiamo da loro, come loro dipendono dai loro burattinai.
Se aumentano le tasse, dirette o indirette, noi siamo costretti a pagarle; ma se riteniamo di cambiare le cose sostituendo Berlusconi a Dini, o Prodi a Berlusconi, commettiamo un marchiano errore.
L'unica soluzione, per il momento, è una azione di ampio respiro culturale che punti alla valorizzazione delle forme politiche alternative del vivere sociale e nell'organizzazione della produzione. È necessario propiziare la nascita di attività «no profit», di «volontariato», stimolando tutte le iniziative di carattere «partecipativo», a partire dalla semplice acquisizione di qualche azione dell'azienda nella quale si lavora, fino a tentarne la socializzazione vera e propria.
Occorre battersi per l'associazionismo professionale e di categoria imponendo la logica del lavoro competente contro la managerialità al servizio del Capitale.
Occorre stimolare un dibattito interno che ponga il dilemma: Marco o Dollaro, BundesBank o Wall Street, Mediterraneo o Mitteleuropa, Ebrei o Arabi, Petrolio o Atomo, Deregulation o Ambiente, Privatizzazioni o Walfare State. A mio parere, questa potrebbe essere una strada per giungere all'autonomia, nel senso che una volta imboccata una direzione, è su questa che si dovrebbe negoziare.
Ma non con i maggioritari di turno.

Giorgio Vitali

 

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