da "AURORA" n° 32 (Febbraio 1996)

AMBIENTE E SOCIETÀ

Tutti a Mururoa
(con moderazione)

Giorgio Gramolini

Col passare degli anni il nome Mururoa rimarrà nella memoria collettiva come una di quelle parole o espressioni-simbolo che evocano qualche cosa di importante, di mitico, ma appunto per questo di indistinto o sfumato. «Il 12 dicembre c'è piazza Fontana», dicono i liceali di oggi, riferendosi all'anniversario di un evento di cui sanno ben poco ma che, molto tempo fa ... sì, deve aver toccato tutti da vicino. «Che cos'era già Mururoa?», si chiederà qualcuno tra dieci o vent'anni; e pensare che, se non lui, almeno suo padre e sua sorella maggiore, alle manifestazioni contro «il nucleare francese» c'erano andati!
Scrivo questo non per un improvviso attacco di pessimismo -che pure spesso mi assale quando considero la labilità della memoria delle masse- ma perché provo sempre una notevole diffidenza di fronte alle prese di posizione collettive basate sul «tutti d'accordo» e alle quali, soprattutto, costa assai poco -in termini sociali e morali- aderire. Con ciò non voglio negare l'assoluta legittimità delle manifestazioni cui sopra ho accennato e cui ho più di una volta preso parte, conscio di compiere un gesto doveroso e sacrosanto; tuttavia non posso cancellare l'impressione che nel consumistico mondo occidentale spesso si colga al volo l'occasione di un evento, considerato importante ma in fondo da noi piuttosto lontano per dare sfogo a passeggeri impeti collettivi che di eversivo -nel senso di veramente contrario al sistema che quell'evento ha causato- hanno poco o nulla.
Improntate a grande moderazione (e, del resto, chi si aspettava niente di più?) anche le ovvie e immancabili rimostranze delle diplomazie di tutto il mondo, divisibili tra quelle che hanno fatto la voce grossa -come Giappone, Australia e Nuova Zelanda- e quelle che si sono limitate a poche blande parole di condanna. Sorge anzi il sospetto che a qualcuno -Stati Uniti e Russia in primo luogo- l'iniziativa francese abbia fatto comodo in quanto ha creato un precedente che altri potrebbe, qualora ne avesse l'esigenza, imitare.
Con le polemiche e le proteste che ha suscitato in tutto il mondo, la scelta di Chirac sembra essersi risolta con un fallimento politico-diplomatico e non è da escludere che il presidente francese abbia compiuto un maldestro tentativo di rilanciare l'immagine della propria nazione come potenza militare. Personalmente tuttavia sono convinto che le motivazioni di questi esperimenti nucleari siano state altre, più profonde e concrete; che Chirac abbia agito non per ragioni politico-militari bensì, diciamo, economico-industriali. Il possesso di armamenti nucleari da parte di una nazione comporta naturalmente la presenza di enormi interessi legati alla loro progettazione, produzione e controllo, catena di cui la fase di sperimentazione non è che uno degli insostituibili anelli. I gruppi di pressione industriali e finanziari che -com'è noto- sono i veri «elettori» dei politici che contano nelle democrazie occidentali (alla faccia della volontà popolare) devono avere avuto una parte notevole in una scelta, come quella degli esperimenti a Mururoa, che contribuisce a tenere in piedi un arsenale che rappresenta una serie di attività economiche più che redditizie. In questa ipotesi il presidente francese sarebbe stato non un prim'attore che ha voluto strafare, ma una comparsa, una pedina manovrata da chi realmente regge il sistema.

Giorgio Gramolini

 

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