da "AURORA" n° 33 (Marzo 1996)

LETTERE

«Obtorto collo», ma non proprio...

Francesco Moricca


«Eppure, dopo che il mondo sarà stato arso, dopo che saranno periti gli dei, i guerrieri eletti e le stirpi degli uomini, non sarà la fine di tutto. Una nuova terra sorgerà dalle acque: sarà verde e bella, scrosceranno le cascate, l'aquila volerà alta sopra le rocce andando a caccia di pesci, i campi e gli alberi cresceranno là dove nessuno avrà seminato, il male si muterà in bene»

Snorri Sturluson, "Edda"



Le eminenti elezioni politiche impongono una scelta di campo per chiunque creda nel valore della politica, nonostante l'«inattualità» di questo valore e anzi proprio per riaffermarlo nella sua «inattualità». Con un'azione positiva. Il rifiuto di schierarsi esprimendosi con la parola e mediante il voto, per tirarsi fuori dalla «compagnia scempia e malvagia» non ha senso neanche da un punto di vista «etico», di quello che potrebbe definirsi «purismo etico» e che non è altro che un equivoco e viscido puritanesimo: perché un'etica che si sottragga alla «compromissione politica» non è affatto un'etica; è una morale individuale e utilitaristica, espressione dello «spirito dei tempi», della pseudo morale borghese e «decadente», contro la quale si pretenderebbe di «reagire», o non votando, oppure votando «a destra».
Ribadisco con fermezza la mia appartenenza alla destra più «reazionaria»: quella, per intenderci, che si oppone al primato assoluto dell'economia e non trova alcuna differenza nei termini di destra e sinistra in quanto espressioni di meri interessi di classe, sia pure in «ultima istanza» economici. Ciò allo scopo di rispondere in anticipo a quanti potrebbero interpretare la mia presa di posizione per la Sinistra come un ritorno ai «miti» o alle «aberrazioni» della trascorsa giovinezza, o anche come frutto della «sophrosyne» subentrante con l'età «matura»: vale a dire, se non proprio del «buonsenso» italico-levantino, di un'altra ritornante forma di «pietas» cristiana che induca a rivedere quanto di «odioso» vi è tuttavia nel mio essere: di odioso in quanto «fascista», e di fascista in quanto «odioso». Che è perfettamente la medesima cosa agli occhi del «mondo», anche se non lo è per me e per chiunque non ragioni secondo gli «idola fori».
Ho sufficienti motivi per ritenere che la mia posizione interiore oltre che culturale nei confronti del Fascismo sia condivisa da coloro che aderiscono al MA-SN come fascisti dichiarati; per i quali il voto a favore di Rifondazione Comunista non è stato certo una decisione dell'ultimo momento e quasi la scelta del «meno peggio», ma il frutto, piuttosto, di una lunga riflessione sulla storia europea e italiana di questo secolo, in cui il Fascismo e il Comunismo si sono proposti come alternative autenticamente antagoniste della modernità e del capitalismo; dopo che il cattolicesimo romano aveva di fatto finito con l'abdicare a questo ruolo. Basti ricordare da un lato le origini e la formazione culturale e politica di Benito Mussolini, e dall'altro Erns von Salomon e i teorici della «rivoluzione conservatrice», per rendere ragione dei motivi del nostro voto a favore di Rifondazione; per rendere ragione di ciò che potrebbe apparire ad occhi superficiali come un «monstrum», ovvero la più «diabolica» operazione politica escogitata da sedicenti corifei dei «Valori Tradizionali», ma in realtà persone contagiate dal virus della modernità, anche più di coloro che si dicono apertamente e senza vergogna alcuna «progressisti».
Occorre qui ricordare, e non solo agli amici di Rifondazione, alcuni fatti di incontestabile significato e rilevanza: fatti che sono politici ma che nel contempo trascendono la dimensione meramente politica segnando fortemente la nostra differenza, tanto quasi da esulare dalle moderne categorie della politica e da risultare nel migliore dei casi incomprensibili. Anzitutto la nostra non adesione al MS-FT di Pino Rauti di cui molti di noi sono stati discepoli e al quale, ancora oggi, non possono negare, né in realtà negano ciò che è dovuto. 
Questa non adesione è sorta non solo dalla riconosciuta necessità di rompere col nostalgismo, che merita rispetto in coloro che hanno conosciuto e vissuto l'esperienza del fascismo ma non ha senso alcuno per chi non l'ha conosciuta e vissuta, nemmeno per fornire il cemento dell'identità e dell'appartenenza politica, dopo la rovina dell'impero sovietico e la conseguente crisi irreversibile del comunismo, è stata determinata, questa non adesione, da una decisa condanna delle strategie che il rautismo ereditò dal peggior fascismo e che, sebbene «giustificate» dal clima della «guerra fredda», non possono non pesare come enormi macigni e pregiudiziali insormontabili, impedendo, specie nella fase attuale, quelle intese con la Sinistra che il MS-FT si sforza in qualche modo di realizzare.
Vi è poi da ricordare che il nostro appoggio elettorale a Rifondazione, alle amministrative ultime come alle politiche eminenti, è stato dato senza alcuna contropartita, completamente fuori da ogni logica elettoralistica e di potere.
Che infine deve esservi un qualche nesso fra la nostra non adesione al MS-FT e il nostro disinteressato appoggio a Rifondazione. Ed è anche molto facilmente intuibile, chiaro, inattaccabile da qualsiasi sospetto. Tanto più che non abbiamo alcuna remora nel dichiarare cosa ci prefiggiamo di ottenete, non solo da Rifondazione ma anche da quel PDS che non ha saputo intendere le problematiche evidenziate dall'on. D'Alema e ne ha bloccato le tattiche di risoluzione.
Noi intendiamo convincere della validità della nostra proposta politica gli amici di Rifondazione e del PDS. Vogliamo convincerli della necessità di «superare» non tanto il «socialismo» in direzione delle «ineludibili» istanze neo-liberiste, quanto in blocco, l'intera concezione materialistica e cosmopolita, non solo della «storia», ma della stessa «realtà». 
Chiediamo ben altro che dei posti di potere! Chiediamo l'«impossibile», ma lo chiediamo senza sofismi e soprattutto senza temere «rifiuti». Noi abbiamo tutto il tempo che vogliamo per chiedere sia fatto quanto va fatto per il Paese. Sono i nostri amici di Rifondazione e del PDS, che siederanno nel nuovo Parlamento anche col modesto ma non trascurabile contributo dei nostri voti, coloro su cui peserà la gravosissima responsabilità dell'agire e presto, la gravosissima responsabilità di non perdere il proprio tempo in discussioni inconcludenti; quali risultano essere le discussioni «teoriche» che oggi si suole chiamare «tecniche», discussioni in cui, la logica del potere materiale dei più forti finisce col prevalere sull'interesse della Nazione; che è composta in maggioranza da coloro che sono relativamente meno forti, e, soprattutto, da coloro che sono deboli, relativamente e anche in assoluto.
E ciò sia detto fuori da ogni retorica, senza l'ipocrisia di un certo solidarismo pietista e pseudo-volontarista che serve a coprire la mancanza di iniziative sociali e politiche dignitose, serie e concrete. Se vogliamo, con una nota di cinismo, salutare in clima di «ludi cartacei», senza troppo lasciarci impressionare dalla millantata povertà, ma con l'occhio vigile ad accertare dove sia veramente la povertà, se nasca dalla reale mancanza di lavoro, o sia invece originata da indisponibilità ad accettare virilmente la responsabilità e la fatica del lavoro, secondo pessime abitudini consolidatesi in decenni di malgoverno e sapientemente costruite dai persuasori più o meno occulti della «civiltà» dei consumi.
Tutto ciò per noi si concretizza nella difesa dello Stato sociale che il Polo di destra intende distruggere nella sua essenza, confondendo demagogicamente quest'essenza con l'abuso, l'aberrazione, la corruzione delle pratiche clientelari della partitocrazia. Stato sociale non è soltanto economia socializzata e partecipativa, è anche garanzia dei diritti acquisiti dai lavoratori mediante il proprio onesto lavoro: diritto a fruire di un'adeguata pensione per coloro che hanno effettivamente lavorato, dovere dello Stato esigere la restituzione delle pensioni erogate ai non aventi diritto; e nelle forme da studiarsi allo scopo di non trasformare un atto di giustizia in un atto di astratta imposizione della norma, cioè in un atto di ingiustizia.
La difesa dello Stato sociale, tuttavia, è subordinata alla difesa dell'integrità territoriale della Nazione. Che è anche integrità delle sue risorse in una fase di congiuntura economica mondiale, integrità indispensabile non solo perché siano tutelati i diritti dei lavoratori italiani, ma perché nel contempo si incentivino nel Meridione attività economiche sane e realmente produttive, ponendo fine a quell' assistenzialismo le cui premesse non sono state certo determinate dai Meridionali, anche se essi ne hanno approfittato e assai malamente.
La ragione politica prioritaria del nostro voto a sinistra è dunque nel fatto che la sinistra si è formalmente impegnata nella difesa dell'unità nazionale costringendo la Lega all'isolamento. La sinistra, a meno che non intervengano accordi elettoralistici dell'ultima ora, non ha commesso l'errore della destra nei confronti della Lega; e corre dei rischi, sebbene calcolati.
Noi vogliamo credere che il PDS e soprattutto Rifondazione manterranno fede all'impegno di difendere l'unità nazionale contro la Lega, che è assai più potente di quanto si creda e soprattutto si veda. Quest'atto di fiducia, per noi doveroso in quanto ci qualifichiamo nazional-popolari, è un invito ad un rigoroso confronto con la sinistra sui valori della Nazione. Ma è anche, diciamolo francamente, un atto di sfida.

Francesco Moricca

 

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