da "AURORA" n° 35 (Giugno 1996)

QUESTIONI DELLA SINISTRA

Il coraggio di andare oltre

Enrico Landolfi

Nel corso dell'ottimo discorso di insediamento pronunciato a Montecitorio dal nuovo Presidente della Camera dei Deputati, On. Luciano Violante, cogliamo questo affermazione (e altre) a proposito del dramma della guerra civile scatenatasi nel triennio '43/'44/'45: «Dopo cinquant'anni la nostra generazione ha il dovere di andare a vedere questa pagina di storia che non si è mai voluta aprire... Bisogna capire e superare, perché quello che occorre è ricostruire il sistema politico».
Per la verità, già nei primi anni del dopoguerra ci fu chi sentì il «dovere» opportunamente e beneficamente sollecitato dall'alto dignitario dello Stato testè citato -la cui garantitissima autonomia dai partiti, e soprattutto dal suo, non è affatto ferita dal rilievo che anche il PDS si muove con varia fortuna e altrettanto varia congruità e adeguatezza di fiuto, sul terreno della ricomposizione nazionale, su felice impulso dell'attuale segreteria dopo le opposte sguaiataggini e violenze verbali della precedente conduzione- «di andare a vedere ...». Per esempio -e per restare nell'ambito della Sinistra, che è poi quella che ci interessa- un tale Palmiro Togliatti, personaggio storico parecchio discutibile ed effettivamente discusso ma di cui è giusto mettere in evidenza insieme a difetti e magagne anche atteggiamenti positivi frutto di buona volontà e di onestà intellettuale.
Non facciamo riferimento solo alla sacrosantamente celebrata amnistia ai fascisti aderenti o meno alla Repubblica Sociale Italiana e alla sua contrapposizione allo stragismo post-venticinque aprile '45 nelle plaghe del Nord (insomma ai «triangoli della morte», alle carceri di Schio, alle «volanti rosse», etc. etc. etc.), ma anche ad affermazioni come questa, che estrapoliamo da un numero de "la Repubblica d'Italia", quotidiano «para-comunista» poi trasformato in "Paese Sera", del 1946: «Non nascondiamo la nostra simpatia per quegli ex-fascisti, giovani o adulti, che sotto il passato regime apparte-nevano a quella corrente in cui si sentiva l'ansia per la scoperta di nuovi orizzonti sociali... Noi riconosciamo agli ex-fascisti di sinistra il diritto di riunirsi e di esprimersi liberamente conservando la propria autonomia».

Queste parole, unitamente a tante altre e ad iniziative concrete assunte dal PCI dell'epoca sulle quali non è il caso di qui soffermarsi, pur essendo espressive di forti valori aperturisti, di larghezza di idee, di eccezionale visione politica, non mettono in ombra l'importanza della performance violantiana; e non solo perché suo autore è la terza autorità della Repubblica ma perché con essa il Presidente ha, pare a noi, invitato a riflettere sul fenomeno RSI in sé, mentre il leader del PCI si rivolge uti singuli agli «ex-fascisti di sinistra» -di una «sinistra» particolare, ossia di tipo frontista- fatalmente destinata alla dichiaratissima egemonia dello Stato-guida e della cultura del suo partito, alla paralisi culturale e politica dinanzi all'incalzare della estensione galoppante del dominio capitalistico, alla nullificazione integrale della proposta socialista come conseguenza della disfatta irrimediabile dei due partiti della classe operaia e della loro dissoluzione per effetto non, come si è detto, della caduta del Muro di Berlino, quanto della rovinosa resa incondizionata al dilagare dell'ideologia borghese e della mondializzazione del dominio americano dopo il crollo dell'URSS e del suo «campo del socialismo» sotto la spinta delle loro immani contraddizioni.
Tuttavia, quelle indicazioni togliattiane prese in sé e rapportate a contesti storici, politici e culturali assolutamente inediti, offrono elementi di attualità, freschezza, creatività che non esitiamo a definire davvero provvidenziali. Perché mai? Perché l'analisi della situazione precaria in cui versa la Sinistra, pur dopo la confortevole vittoria dell'Ulivo in aprile, ci induce a ritenere che sia oggi necessario e urgente iniziare a gettare le basi per l'avvio della costruzione di quel partito -usiamo pure il linguaggio togliattiano, ma solo il linguaggio e tanto per intenderci, va da sè- di «ex-fascisti di sinistra» di indirizzo popolare e nazionale, socializzatore e antagonista, partecipazionista e autogestionario, libertario e democratico nella eccezione sostanziale del termine, in grado di recuperare il già popolo missino a quelle posizioni di avanguardia sociale di cui ai tempi immediatamente successivi alla fine della guerra si fecero banditori in un'opera di vero e proprio apostolato della Fiamma Tricolore uomini come Giorgio Pini, Manlio Sargenti, Roberto Mieville, Ugo Clavenzani, Dino Brocchi, Giuseppe Niccolai e lo stesso Giorgio Almirante prima di essere risucchiato nella spirale conservatrice e di regalare alla forza politica che fin dal concepimento aveva dichiarato di ispirarsi al trinomio «Italia - Repubblica - Socializzazione» il sig. Gianfranco Fini, a sua volta ispiratore in quel di Fiuggi della più squallida operazione trasformistica del XX secolo e, forse senza forse, di tutta la storia patria, più degna di Liborio Romano e di Leopoldo Fregoli che di Giovanni Gentile e Berto Ricci.
È noto che, specialmente in Italia, la madre degli imbecilli è sempre incinta e, pertanto, è sicuramente da addebitare a ciò quanto asserito relativamente ai modesti articoli del sottoscritto da taluni ex-rautiani coraggiosamente volati in soccorso del vincitore dopo il congresso fiuggiasco. Secondo costoro noi saremmo... agenti del PDS e gli argomenti che versiamo nei nostri scritti addirittura li concorderemo alle Botteghe Oscure. Figuriamoci! Ebbene anche in rapporto alle chiacchiere da ciane smerciate da detti versi- pelle ci teniamo a ribadire quanto, del resto, già ripetutamente affermato, e cioè che il da noi auspicato partito della «sinistra popolare nazionale» -lo chiamiamo così non avendo al momento altra definizione nella testa e sulle labbra- non soltanto dovrebbe essere indipendente in modo inequivoco dal Partito Democratico della Sinistra e da chichessia ma, a nostro sommesso parere, dovrebbe prendere il suo posto nell'ambito della Sinistra complessivamente considerata pure al fine di svolgere, al di fuori di ogni spirito di provocazione e di supponenti arroganze, opera di cauta e progressiva rettifica nei confronti di quelle sue componenti che tendono a trasformare (magari inavvertitamente) la inevitabile (almeno al momento) e quindi giusta alleanza con il Centro in (più o meno) dichiarata accettazione dell'egemonia culturale centrista se non, addirittura, in surrettizia identificazione con le coordinate culturali e ideologiche del centrismo. Del resto, che tale sia l'esigenza da noi posta a fondamento del nostro pensiero è dimostrato dai caratteri di cui, secondo noi, dovrebbe dotarsi la «sinistra popolare nazionale» appena sommariamente trattati nelle righe precedenti.
Esempio: il «partito democratico» tout court con dentro indistintamente tutti i sodali dell'Ulivo proposto da Walter Veltroni. Diciamo subito che è con qualche pena che avanziamo obiezioni a quanto proposto dal Vice-Presidente del Consiglio dei Ministri, da noi stimato oltre ogni dire per il suo grande umanesimo, per la moralità che ispira i suoi atti politici e privati, per il suo impegno culturale fecondatrice di iniziative di rilevante respiro come, tanto per citarne una, la rifondazione di un quotidiano come "l'Unità" «giornale fondato da Antonio Gramsci». Ecco, ciò che innanzitutto ci affligge, tanto per parlarci chiaro, è la possibilità che con il fortunatamente solo presunto avvento del «partito democratico», "l'Unità" risultò sì fondata da Antonio Gramsci ma ispirata da Clinton, e, al punto in cui sono giunte le cose alla Casa Bianca, non si capisce bene se da Bill o da Hillary. E la differenza non sarebbe affatto di poco conto. Gli è che Walter ha parlato chiaro, come il solito del resto. Ha detto di essere stato filo-americano fin dai tempi di Enrico Berlinguer. Sentimento rispettabilissimo anche se, ad onor del vero, incomprensibile se nutrito da un dirigente del PCI nei confronti di un grande paese che, si giri la frittata come si vuole, è la massima potenza capitalistica naturaliter nemica non solo del comunismo ma anche del socialismo comunque declinato e, quindi, ovviamente protettrice degli interessi capitalistici come e ovunque esprimentisi, magari con le armi, con lo strangolamento economico, con le provocazioni della CIA e via elencando. Proprio come, tanto per fare qualche esempio, successe in Guatemala, in Cile, in Nicaragua e come ancora con Cuba. Il tutto, va da sé, con la copertura ideologica della difesa della democrazia, disinvoltamente identificata coi «valori» capitalistici. Così, senza pretendere di fare di Walter Veltroni una sorta di sorvegliato speciale dentro la Sinistra -ripetiamo: pur nel dissenso nutriamo per lui stima, rispetto, simpatia; e seguiamo con costruttivo e positivo interesse il suo lavoro nel governo-, sinceramente riteniamo che sia giunto il momento di convogliare i pensieri nostri verso l'ipotesi di una formazione politica di sinistra che, dentro o fuori l'Ulivo, si proponga o ponga nel ruolo di alimentatrice costante di una linea popolare, nazionale, socializzatrice; con correttezza, senso di responsabilità, moderazione (che è cosa diversa dal moderatismo) ma anche con nettezza, fermezza, decisione. Il tutto, si capisce, in spirito di profonda solidarietà con le varie sensibilità della Sinistra, specialmente con quelle in chiara difficoltà ideologica.
Sarebbe tuttavia un errore immaginare questa nuova espressione della Sinistra come frutto esclusivo della risoluzione di coloro che abbiamo ritenuto dover chiamare, piuttosto astrattamente a vero dire, «ex-fascisti di sinistra»; e che, magari, altri preferirebbero addirittura definire abolendo la «ex». No, oggi e d'uopo tracimare gli schemi, le origini, le stesse appartenenze; occorre far nascere le novità, sì, anche dal Passato, dai passati -perché, levianamente parlando, «il futuro ha un cuore antico»- ma le iniziative creatrici debbono sorgere soprattutto dal vivo del popolo italiano inteso nel suo insieme, nella sua complessità, nella totalità del travaglio storico che ha trovato i suoi anche drammatici, anche tragici svolgimenti su più versanti, ivi compresi quelli sui quali mezzo secolo fa si espressero due fenomeni sanguinosamente contrapposti: la Resistenza e la Repubblica Sociale Italiana, da cui occorre recuperare gli aspetti, gli elementi, i momenti di creatività -i loro mondi vitali, insomma-, mentre bisogna definitivamente liquidare quanto in essi c'è stato, c'è ancora, di superato, di negativo, di sopravvissuto a se stessi, di formalistico, di abitudinario, di reducistico, di ritualistico, di liturgistico, di sterilmente e mendacemente oleografico.
Altro errore, anch'esso di carattere restrittivo e, perfino, settario, sarebbe quello di dare per definitivamente consegnati alle forze conservatrici e reazionarie e, quindi, irrecuperabili, tutti gli elettori, iscritti, aderenti, militanti, simpatizzanti, quadri di base ed intermedi di Alleanza Nazionale. Bisogna fare tutti gli sforzi possibili e immaginabili -a cominciare da quelli psicologici- per vincere la tentazione di commetterla, tale erranza, perché si tratterebbe di un segnalato favore fatto a Fini e al suo gruppo dominante di pseudo «colonnelli», in realtà soltanto caporali, yes-man di infimo conio, perdenti per vocazione ed incapacità di intendere e di volere, a meno che non ci sia un Berlusconi targato 1994, ossia in splendida forma, baciato in fronte dalla Dea Bendata, non ancora bombardato insieme ai suoi dalle Procure della Repubblica, gettonato da un Paese messo in ginocchio da una immane, devastante crisi morale e statuale e, pertanto, disposto a non accorgersi che l'Azzurro Cavaliere di Arcore è, come politico e statista, letteralmente una frana.
E su tali tematiche non mancheremo, prossimamente, di intrattenere in modo più approfondito e dettagliato i Lettori

Enrico Landolfi

 

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