da "AURORA" n° 36 (Settembre 1996)

IL DIBATTITO

Distanti... eppur vicini

Giovanni Mariani

 

La lettera-articolo firmata da Carmelo Santonocito, pubblicata sul n° 35 di "Aurora", pur sostenendo, di fatto, il programma del MA-SN, mette a nudo nella sostanza alcuni punti del programma stesso. Innescando così giocoforza un dibattito interno chiarificatore, vorrei aggiungere salutare, tra gli appartenenti al movimento e i lettori di questo periodico forse meno attenti agli sviluppi teorico-organizzativi della Sinistra Nazionale.
Epperò, ho l'impressione di cogliere, nell'intervento del Santonocito dubbi e perplessità per altro comprensibili, anzi necessari, per una matura costruzione politico-ideologica che vuole essere collegiale del Movimento. Ritengo quindi doveroso da parte mia contribuire a dipanare incertezze che ritengo attribuibili ad una lontananza geografica che non permette quel continuo e necessario scambio di opinioni rispetto alle tematiche affrontate da questo mensile.

 

La questione nazionale

Alla posizione espressa dall'Amico calabrese è naturale aggiungere che la lotta contro il riformismo si concretizza altresì come la sostanziale ricusazione del sistema democratico indiretto, ossia parlamentare, che di fatto rende vano il presupposto originario di delega della rappresentanza e della pretesa partecipazione totale dei cittadini alla gestione della res pubblica. 
Questa ricusazione scavalca a sinistra tanto la concezione democratico-liberale quanto quella socialistico-riformista. Ovviamente la cosiddetta «componente nazionale» del Socialismo, a metà strada tra repubblicanesimo di sinistra e tradizione socialista risorgimentale, non intendeva genuflettersi tout court alla concezione materialistica dell'esistenza, meccanicisticamente votata ad un evoluzionismo fine a sé stesso. Ciò non toglie che la componente nazionale (nella quale possiamo collocare socialisti, repubblicani-mazziniani e sindacalisti di ispirazione soreliana) accettasse di fatto il modernismo portatore di benessere e di libertà emancipatrici pur senza fare di questo una sorta di feticcio indiscutibile in nome del quale sacrificare tutto. In sintesi, sia consapevolmente che inconsapevolmente, detta componente nazionale si è fatta carico delle istanze spirituali e patriottiche che germogliarono a suo tempo nel socialismo risorgimentale quanto nel socialismo lassalliano tedesco che coniugavano la lotta per l'emancipazione delle classi sociali meno abbienti alla precisa volontà di imporre alle infrastrutture politiche ed economiche del socialismo ufficiale una più originale sovrastruttura patriottica e spirituale che, ad esempio, nell'allora Capo del socialismo tedesco avrebbe dovuto realizzarsi grazie alla forza della classe operaia e alla conseguente partecipazione del Popolo alla gestione dello Stato.
Questo detto, ci auguriamo vivamente che la sinistra ufficiale contemporanea abbia la capacità di superare gli angusti orizzonti tracciati da Carlo Marx (senza per altro voler con questo minimizzare l'importante apporto del filosofo di Treviri) riabilitando, certo non solo formalmente, il socialismo pre-marxista, nonché le tradizioni partecipatrici presenti nella storia italiana ed europea sin dai tempi dei Gracchi.

 

L'Europa unita...

Il punto che vuole l'Europa unita da Lisbona a Vladivostok, a mio modo di vedere, non va assolutamente interpretato come una sorta di fuga «eurasiatista» pregna di miti fumosi ed incapacitanti. Al contrario la posizione specifica, geopolitica e geo-economica, della penisola italiana, specie nel contesto mediterraneo, non è da noi sottovalutata; ciò lo sanno bene tanto i militanti del MA-SN quanto i lettori, anche i più superficiali, di "Aurora": abbiamo già da tempo compreso l'urgenza politica ed economica per il nostro Paese di assumere in quest'ambito un ruolo fondamentale. Mi pare infatti che, a suo tempo, le prese di posizione su tale argomento siano state chiare e numerose. Ritengo però altrettanto importante che l'altra metà dell'Europa, quella centrale ed orientale, non vada trascurata. In quantochè se è pur vero che l'Italia meridionale rappresenta, di per sé, «una portaerei culturale, economica e politica proiettata nel Mediterraneo» e quindi nel mondo arabo, è vero che esiste un Settentrione, ricco di tradizioni e di cultura, da sempre proteso verso il Nord e l'Est europeo. Basta prendere in esame la città di Trieste: la sua naturale funzione di cerniera tra mondo latino-germanico e area slava. Quindi l'Italia del futuro, almeno nelle nostre intenzioni, dovrebbe ripercorrere le «antiche strade»: sia quella mediterranea sia quella mitteleuropea.

 

I neo-fascisti

In merito ai neo-fascisti (o presunti tali...) c'è da rilevare che l'esigenza di una riabilitazione del socialismo utopistico, o pre-marxista che dir si voglia, (anche se tra queste due concezioni qualche differenza esiste) è stata inizialmente avvertita proprio dall'area «eretica» della sinistra fascista prima o missina poi (basti ripensare alla valorizzazione di Lassalle da parte di Benito Mussolini nella celeberrima «intervista di Ludwig» e alle celebrazioni di Mazzini e Pisacane durante la Repubblica Sociale). Ed è necessario rilevare, anche se ciò al momento appare altrettanto «eretico», certe posizioni del PSI nel dopoguerra che, persino durante la segreteria craxiana, valorizzò la tradizione socialista risorgimentale. Pensiamo solo a quello che fu, a suo tempo, definito «socialismo tricolore», alla riscoperta di Proudhon e alla valorizzazione di Garibaldi. 
Purtroppo la Sinistra italiana in generale è stata per oltre mezzo secolo prigioniero del mito marxista, incapace di guardare oltre il «socialismo reale» e se oggi avverte l'esigenza di ridiscutere la sua storia passata e il suo ruolo futuro lo fa solo perché costretta da eventi storici che ne hanno minato alla base i miti e le teorie precedenti. Questa tardiva repiscenza è stata possibile anche grazie a quel «socialismo nazionale» (che doveva secondo gli esegeti marxisti finire nell'immondezzaio della Storia!) che seppe custodire ed attualizzare idee ed itinerari a suo tempo demonizzati sia a destra che a sinistra. Alla luce di tutto questo si può anche comprendere quella sorta di autocompiacimento, tipico delle avanguardie politico-culturali che, a mio avviso, può anche essere costruttivo se è in grado di contribuire a far riemergere, nella società italiana in particolare e in quella europea in generale, quelle tensioni ideali che l'intellighentia al potere nel dopoguerra ha in larga parte compresso.
Per il resto mi pare che la stragrande maggioranza dei lettori di "Aurora" non intenda «tornare indietro», ma che al contrario riconosca e lavori per nuove sintesi politiche che alla vigilia del Terzo Millennio ci appaiono più che mai necessarie.
Credo, dunque, che il chiarimento dell'amico Santonocito sia stato comunque interessante e che nei limiti dovuti lo sia anche il mio: entrambi andiamo nella stessa direzione e il dibattito mantiene vivo ed arricchisce il Movimento. Ciò rappresenta la vera ricchezza della Sinistra Nazionale. Non posso in chiusura che ribadire la considerazione nella quale tutti noi teniamo il lavoro degli amici calabresi e la stima personale per Carmelo e gli altri militanti di Reggio.

Giovanni Mariani

 

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